Redazione Calciomercato
Laziomania: il VAR grazia Douglas Luiz due volte, la Juventus ha bisogno di favori? Qualcuno spieghi
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Doveva essere la partita di Douglas Luiz e così è stato. L’ex Aston Villa protagonista in Juventus-Lazio, ma non come auspicavano Thiago Motta e i tifosi bianconeri. Il brasiliano mette ancora una volta a nudo i limiti di un VAR che inspiegabilmente non interviene e non lo punisce, come avrebbe dovuto, non una ma ben due volte. La gara dell’Allianz Stadium è decisa dagli episodi, come da copione, e questa volta la Lazio non può dirsi certamente fortunata. Un po’ per demeriti degli uomini di Baroni, che commettono un paio di errori da matita blu, e soprattutto per quelli del VAR, colpevolmente assente in occasione dell’intervento in ritardo di Douglas Luiz su Rovella e soprattutto della gomitata rifilata in area di rigore dal centrocampista bianconero a Patric.
Il direttore sportivo biancoceleste Fabiani si fa giustamente sentire nel dopo gara denunciando l’accaduto. La posizione del club capitolino è quasi totalmente condivisibile, fatta eccezione per la tesi sul ritorno al passato, senza la tecnologia. Quello che sarebbe un passo indietro preoccupante, ma che comprensibilmente risulta una soluzione plausibile in casa Lazio dopo quanto visto all’Allianz Stadium.
La Juventus vince con merito, sfruttando la superiorità numerica, ma appare chiaro ed evidente che i bianconeri non avevano assolutamente bisogno di aiuti arbitrali evidenti per portare a casa il risultato. O forse sì, vista la manovra macchinosa e la difficoltà di trovare il varco giusto e arrivare a una conclusione trovata con grande fatica nonostante la superiorità numerica. I fatti parlano chiaro e vedono un VAR a corrente alternata, che nel primo tempo interviene giustamente per segnalare a Sacchi di rivedere la sua decisione ed espellere Romagnoli, ma che poi incredibilmente non ravvisa la gomitata di Douglas Luiz su Patric, né suggerisce al direttore di gara di Macerata di cambiare il cartellino al brasiliano in occasione del fallaccio su Rovella.
Se da una parte in campo, per arbitro e guardalinee, risultava difficile, se non impossibile, ravvisare in presa diretta la gomitata rifilata da Douglas Luiz al difensore spagnolo, appare altrettanto inspiegabile comprendere cosa abbia spinto il VAR Di Paolo a lasciar giocare e non sanzionare un gesto antisportivo quanto grave sul rettangolo verde di gioco. Una scelta che non può che mettere in primo piano proprio l’operato del Video Assistent Referee e far sorgere qualche dubbio.
Dal canto suo, la Lazio può essere più che soddisfatta per quanto mostrato all’Allianz Stadium. I biancocelesti commettono un paio di errori gravi, che costano caro, con il rosso a Romagnoli dopo aver concesso una prateria a Kalulu e l’autogol di Mario Gila, che condanna alla sconfitta. Due momenti chiave che però non cancellano un avvio di match di grande personalità in casa della Juventus e una squadra che sa soffrire con tutti i suoi interpreti e comprende il momento, in cui anche gli attori si trasformano in classe operaria al servizio della squadra. Una risposta molto importante in vista del prosieguo della stagione. Nonostante il risultato le risposte per Baroni non possono che essere positive, al termine di una gara in cui la Lazio parte benissimo, imponendo il proprio gioco sul cambio sul campo della Juventus. Qualcuno dirà che Di Gregorio non si sporca i guanti, ma questo dato è la naturale conseguenza del rosso che impone alla Lazio di disputare oltre 70 minuti in inferiorità numerica e di giocare una gara di sacrificio in cui tanti elementi, tra cui spiccano Rovella e Guendouzi, forniscono una prestazione encomiabile per l’incredibile lavoro svolto nelle due fasi.
La Lazio dimostra di adattarsi alla situazione di difficoltà, di saper lottare e stringere i denti quando necessario e compattarsi, provando fino alla fine a portare a casa il risultato positivo che avrebbe avuto le fattezze di un miracolo sportivo. L’intervento scomposto all’85’ di un generoso quanto ingenuo Mario Gila costano la sconfitta alla Lazio, che in casa di una delle candidate alla vittoria finale dello Scudetto esce a testa alta e con la consapevolezza di potersela giocare con tutte. Una prova da grande squadra, in cui tutti - dal primo all’ultimo, da Provedel ai subentrati - dimostrano di saper interpretare una gara di grande sofferenza, con l’inferiorità numerica e con la pressione costante della Juventus.
Se da una parte la gara offre nuovi spunti positivi e dona ulteriore consapevolezza ai capitolini, dall’altra il tema VAR resta sempre al centro del dibattito. Il designatore Rocchi continua a esaltare il lavoro dei suoi uomini, in campo e in sala VAR a Lissone, ma quanto è accaduto all’Allianz Stadium merita una riflessione profonda.
Il tema non riguarda l’utilizzo o meno del VAR, uno strumento fondamentale nel gioco del calcio nel XXI secolo, con la tecnologia in soccorso degli arbitri, ma come esso viene utilizzato. Risulta incomprensibile il motivo per il quale non sia stato utilizzato in occasione dell’episodio Douglas Luiz-Patric, una scena difficilmente equivocabile davanti a un monitor ma che è stata ignorata non da uno ma da ben due arbitri, coloro che erano al VAR.
A questo aggiungiamo che gli arbitri non hanno ancora la possibilità di poter spiegare le proprie scelte e poterle rendere più comprensibilia tutti. Anche se, forse, in questo caso rappresenta un bene per Sacchi ma soprattutto per il suo VAR, che avrebbe dovuto fornire una motivazione davvero convincente per spiegare una scelta che appare totalmente scellerata e che ha indubbiamente favorito una Juventus che non avrebbe avuto bisogno di alcun errore arbitrale per portare a casa la gara, o forse sì, viste le difficoltà di arrivare al tiro e rendersi pericolosa nonostante la superiorità numerica. Uno dei pochi modi per fermare l’armata Baroni, arrivata a Torino con il solito spirito battagliero e in campo col piglio giusto, prima di dover fare i conti con scelte arbitral ‘casalinghe’…
Il direttore sportivo biancoceleste Fabiani si fa giustamente sentire nel dopo gara denunciando l’accaduto. La posizione del club capitolino è quasi totalmente condivisibile, fatta eccezione per la tesi sul ritorno al passato, senza la tecnologia. Quello che sarebbe un passo indietro preoccupante, ma che comprensibilmente risulta una soluzione plausibile in casa Lazio dopo quanto visto all’Allianz Stadium.
La Juventus vince con merito, sfruttando la superiorità numerica, ma appare chiaro ed evidente che i bianconeri non avevano assolutamente bisogno di aiuti arbitrali evidenti per portare a casa il risultato. O forse sì, vista la manovra macchinosa e la difficoltà di trovare il varco giusto e arrivare a una conclusione trovata con grande fatica nonostante la superiorità numerica. I fatti parlano chiaro e vedono un VAR a corrente alternata, che nel primo tempo interviene giustamente per segnalare a Sacchi di rivedere la sua decisione ed espellere Romagnoli, ma che poi incredibilmente non ravvisa la gomitata di Douglas Luiz su Patric, né suggerisce al direttore di gara di Macerata di cambiare il cartellino al brasiliano in occasione del fallaccio su Rovella.
Se da una parte in campo, per arbitro e guardalinee, risultava difficile, se non impossibile, ravvisare in presa diretta la gomitata rifilata da Douglas Luiz al difensore spagnolo, appare altrettanto inspiegabile comprendere cosa abbia spinto il VAR Di Paolo a lasciar giocare e non sanzionare un gesto antisportivo quanto grave sul rettangolo verde di gioco. Una scelta che non può che mettere in primo piano proprio l’operato del Video Assistent Referee e far sorgere qualche dubbio.
Dal canto suo, la Lazio può essere più che soddisfatta per quanto mostrato all’Allianz Stadium. I biancocelesti commettono un paio di errori gravi, che costano caro, con il rosso a Romagnoli dopo aver concesso una prateria a Kalulu e l’autogol di Mario Gila, che condanna alla sconfitta. Due momenti chiave che però non cancellano un avvio di match di grande personalità in casa della Juventus e una squadra che sa soffrire con tutti i suoi interpreti e comprende il momento, in cui anche gli attori si trasformano in classe operaria al servizio della squadra. Una risposta molto importante in vista del prosieguo della stagione. Nonostante il risultato le risposte per Baroni non possono che essere positive, al termine di una gara in cui la Lazio parte benissimo, imponendo il proprio gioco sul cambio sul campo della Juventus. Qualcuno dirà che Di Gregorio non si sporca i guanti, ma questo dato è la naturale conseguenza del rosso che impone alla Lazio di disputare oltre 70 minuti in inferiorità numerica e di giocare una gara di sacrificio in cui tanti elementi, tra cui spiccano Rovella e Guendouzi, forniscono una prestazione encomiabile per l’incredibile lavoro svolto nelle due fasi.
La Lazio dimostra di adattarsi alla situazione di difficoltà, di saper lottare e stringere i denti quando necessario e compattarsi, provando fino alla fine a portare a casa il risultato positivo che avrebbe avuto le fattezze di un miracolo sportivo. L’intervento scomposto all’85’ di un generoso quanto ingenuo Mario Gila costano la sconfitta alla Lazio, che in casa di una delle candidate alla vittoria finale dello Scudetto esce a testa alta e con la consapevolezza di potersela giocare con tutte. Una prova da grande squadra, in cui tutti - dal primo all’ultimo, da Provedel ai subentrati - dimostrano di saper interpretare una gara di grande sofferenza, con l’inferiorità numerica e con la pressione costante della Juventus.
Se da una parte la gara offre nuovi spunti positivi e dona ulteriore consapevolezza ai capitolini, dall’altra il tema VAR resta sempre al centro del dibattito. Il designatore Rocchi continua a esaltare il lavoro dei suoi uomini, in campo e in sala VAR a Lissone, ma quanto è accaduto all’Allianz Stadium merita una riflessione profonda.
Il tema non riguarda l’utilizzo o meno del VAR, uno strumento fondamentale nel gioco del calcio nel XXI secolo, con la tecnologia in soccorso degli arbitri, ma come esso viene utilizzato. Risulta incomprensibile il motivo per il quale non sia stato utilizzato in occasione dell’episodio Douglas Luiz-Patric, una scena difficilmente equivocabile davanti a un monitor ma che è stata ignorata non da uno ma da ben due arbitri, coloro che erano al VAR.
A questo aggiungiamo che gli arbitri non hanno ancora la possibilità di poter spiegare le proprie scelte e poterle rendere più comprensibilia tutti. Anche se, forse, in questo caso rappresenta un bene per Sacchi ma soprattutto per il suo VAR, che avrebbe dovuto fornire una motivazione davvero convincente per spiegare una scelta che appare totalmente scellerata e che ha indubbiamente favorito una Juventus che non avrebbe avuto bisogno di alcun errore arbitrale per portare a casa la gara, o forse sì, viste le difficoltà di arrivare al tiro e rendersi pericolosa nonostante la superiorità numerica. Uno dei pochi modi per fermare l’armata Baroni, arrivata a Torino con il solito spirito battagliero e in campo col piglio giusto, prima di dover fare i conti con scelte arbitral ‘casalinghe’…