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Laziomania: Milinkovic Savic è insano, e non è vostro
LA PARTITA IN UN FOTOGRAMMA - La Juve balneare – va detto, lo ha detto pure Sarri, con un gol prima la battevamo, proprio perché già in vacanza, presa dalle sue commemorazioni e i suoi pianti –
che va sopra di due gol, dopo una traversa presa da Cataldi: tutto sembra mettersi male. I tifosi di vecchia data, come me, sanno che, quando si mette male, quando ci si riduce a lottare all'ultima giornata, c'è solo una garanzia pendente sulle teste di tutti: la sofferenza pura, genuina. Questo è il calcio non mediato dagli schermi, dal vostro Fantacalcio e dai vostri salotti senza giacca, dai vostri ex arbitri che commentano: la sofferenza pura, stare sotto di due, fare un grande secondo tempo, un lunga scalata in apnea.
Vivere il tifo per la Lazio: sapere cogliere i segnali, i dettagli. Segna Patric, uno che è cresciuto in maniera pazzesca, uno che, con Maurizio Sarri, ha saputo ritagliarsi spazio, considerazione. Come Milinkovic. Come tutto il gruppo con questo ruvido toscano, che "rappresenta tutto un popolo". Ci rappresenta. Nella notte senza Immobile, serve altro, altri gol. Non di certo Cabral – non è un centravanti, ma lo sapevamo noi, nessuno ci era davvero cascato, Igli – ci pensa quello spagnoletto rabbioso, tignoso, che sembra un po' Ibiza ma è certosina dedizione. Il gol di Patric tiene la Lazio in fila, in linea, con un grande secondo tempo. Intanto: andrà all'estero, lo diciamo per voi che lo applaudite, quel Milinkovic. Ma parliamo di altro. Anche il primo tempo della squadra di Sarri è stato importante, ma i due gol sono il tallone sderenato di Achille, endemico di lunghi mesi difficilissimi. Ma c'è un fotogramma che mi è rimasto dentro: Reina, il primo che corre da Milinkovic Savic, lo abbraccia ancora dopo, poi va Grigioni, lo storico preparatore dei portieri della Lazio, e gli prende la testa serba tra le mani. Come facciamo noi. Non è vostro.
IL FUTURO - Ora il futuro è tutto da vedere, da scrivere. L'Europa League è in cassaforte, e a fine partita c'è un tecnico toscano che racconta numeri, prospettive, crescita, problemi, che parla di questo benedetto e maledetto sport che tutti noi adoriamo, il cavolo di calcio, il calcio vero, quello del campo, quello che viene masticato, che vive di respiri, stacchi, scatti, fatica immensa e fischi, gioia, adrenalina infinita e condivisione collettiva e isteria e folle amore. Questo calcio è quello che vogliamo, questo calcio dell'ultimo minuto, di Milinkovic che per un secondo, dopo aver sfiorato l'erba planando esultante, per un secondo si alza. Ci aspetta per esultare. Ci aspetta, e dopo un secondo arrivano tutti, arriviamo tutti. Ci aspetta. E non è vostro.
Questa è la cosa bella per cui quei ragazzi e quelle ragazze vanno allo stadio, sono andati a Torino, questo è il motivo per cui bisognerebbe andare a salutarli tutti. Non perché abbiamo visto la Lazio migliore, anzi. Non perché abbiamo goduto, anzi: è stata una stagione anche amara, anche dura. Ma è la Lazio. E non sappiamo chi, di questi giocatori, ci saranno. Non sappiamo, dobbiamo dircelo, lo sappiamo già, se ci sarà Sergej Milinkovic Savic. Un giorno vi direte, ci diremo, a quale grandioso giocatore abbiamo visto fare 11 assist, 11 gol, a quale grandioso giocatore abbiamo stretto tra le mani, verso quale giocatore siamo andati di corsa tutti insieme urlando. Insano, questo ragazzo è tossico per noi, è adrenalina pura sparata in vena e suola e cuore. A fine partita chiede acquisti e lotta per la Champions. Fidatevi di me. Se esiste l'amore fisico per il calcio, è quell'urlo per Milinkovic Savic. Insano. Fidatemi di me. Non ci fa bene. Ci fa benissimo. E non è vostro.