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Napolimania, ma quale catenaccio e contropiede: superiori alla Juve in tutto
“Catenaccio e contropiede”. Solo chi è distratto o superficiale può pensare di ridurre la vittoria del Napoli in Coppa Italia con una formuletta che non risulta affatto associabile alla condotta tenuta nella finale contro la Juventus.
Basterebbe leggere i dati relativi alla supersfida dell’Olimpico, così da accorgersi di una partita giocata in maniera completamente diversa da quella che in molti si sono immaginata. Vi sembra possibile che una squadra incline al “catenaccio e contropiede” possa chiudere il match con un possesso palla superiore all’avversario? Ovviamente no. Ed i numeri della finale raccontano quanto il Napoli sia stato superiore a Madame. In tutto, anche nel tenere il pallone tra i piedi: 51% contro 49%. Pure le altre voci confermano che la Gattuso-band avrebbe meritato di alzare la Coppa al cielo anche prima della lotteria dei rigori.
Cominciando dalle occasioni da gol (8 a 1), proseguendo con i pali colpiti (2), quello di Insigne su calcio di punizione e, soprattutto, quello di Elmas al tramonto dei tempi regolamentari: un legno che grida ancora vendetta.
Potremmo proseguire con le parate di Buffon (7 e 4 delle quali decisive), rispetto a quelle del pur attento Meret (3), i tiri totali (12 a 8) e quelli nello specchio della porta (8 a 3) che danno l’ulteriore conferma di un Napoli molto più lucido e concentrato della Juventus: la precisione del tiro è stata nettamente migliore. Napoli più lucido e convinto delle sue possibilità, contro il nervosismo della Juve che ha commesso il doppio dei falli rispetto agli azzurri (19 a 9).
“Catenaccio e contropiede” che mal si confa a chi ha subito 21 ripartenze da recupero (contro le 5 dei partenopei), oltre ad aver impedito che il proprio portiere potesse ricevere tiri dall’interno dell’area di rigore: soltanto 1 per la Vecchia Signora, contro i 5 dei partenopei. Insomma, una Coppa vinta con meriti che vanno oltre la roulette dei rigori, rispetto alla quale l’incipit è stato significativo e confermativo dell’andamento del match. Meret è stato molto bravo a parare un rigore tirato da Dybala con una tensione addosso tale da non permettergli di essere preciso ed incisivo, come invece è stato Insigne.
L’espressione del capitano dal dischetto, per il primo penalty della sua squadra, è stata la fotografia più chiara di come Gattuso ha cambiato il Napoli. Sereno e convinto, un rigore con quella freddezza non glielo avevamo mai visto tirare al capitano che ha assorbito tutto il meglio dal suo attuale allenatore. Gattuso sa come caricare gli uomini-guida di un gruppo, essendo stato lui un grande campione in campo. E tra non molto lo diventerà anche come allenatore: questa Coppa Italia sarà uno dei tanti trofei che alzerà al cielo e che dedicherà alla memoria di sua sorella Francesca.