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La 'rivoluzione a metà' di Farioli: così sta riportando l'Ajax in alto
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Cicli, appunto. Non è mai stata una novità per i tifosi dell'Ajax vivere momenti di transizione. I 'grandi cicli' sono sempre coincisi con le 'grandi cessioni', inevitabile per una realtà economicamente minore come quella del campionato olandese e per un popolo in cui il concetto di 'commercio' è inciso nei cromosomi, roba di geni e DNA. Casomai, ciò a cui ad Amsterdam, sponda Ajax, non erano abituati, più che il momento della separazione dalle proprie amate stelle e stelline, è stata la totale assenza di una strategia efficace per il post ricambio.
È infatti in un clima di totale confusione che Francesco Farioli era arrivato in estate. Dopo un scouting, stando almeno alle voci di radiomercato - che tira sempre e a tutte le latitudini - in cui ogni giorno veniva affiancato ai Lancieri un allenatore diverso. Farioli era stato chiamato da Alex Kroes - nuovo direttore tecnico anche lui - per a riprovare a mettere ordine al caos in cui versava il club. Un biennio nero, quello del post ten Hag, coinciso con il terzo posto a -13 dal Feyenoord campione del 2022/23 e addirittura il quinto posto, a -26(!) dal PSV campione nella passata stagione. Disastri figli di scelte poco inclini alla filosofia dei Lancieri, tra cartellini costosi per giocatori dal valore e dal rendimento piuttosto mediocre e la perdita di quella rotta che spesso ha caratterizzato i momenti di successo - e sono stati tanti - del club. L'Ajax, negli ultimi due anni, si era semplicemente trasformato in un 'club comune', uno di quelli - come tutti gli altri - che quando le cose non vanno... beh, caccia l'allenatore. Ben 5 i tecnici passati ad Amsterdam negli ultimi due anni: Alfred Schreuder, Johnny Heitinga, Maurice Steijn, Hedwiges Maduro, John van 't Schip.
In quest'ottica e in questo contesto allora era stato scelto Francesco Farioli, reduce dalle eccellenti cose viste in Francia al Nizza e con quel profilo da allenatore-filosofo - lui che studi da filosofo effettivamente ha fatto - che tanto sapeva di ricongiungimento col passato, almeno in termini di 'concetto' più che nei 'fatti'. Sì perché all'Ajax un non-olandese non si vedeva addirittura dal 1997, quando il danese Morten Olsen si prese la scomoda eredità del post-van Gaal. E figuratevi un italiano, categoria nello stereotipo - ancora ben presente nelle civiltà nordiche quando si parla del nostro Paese - agli antipodi di ciò che ha sempre rappresentato il pallone per gli olandesi: opzione mai presa nemmeno in considerazione prima della passata estate. Ma, evidentemente, quella dell'Ajax lo scorso giugno è stata davvero una sorta di ultima spiaggia: affidarsi a un profilo teoricamente incline al proprio tipo di mentalità, ma al tempo stesso portatore intrinseco di elementi di rottura.
Bingo! Almeno per ora. Perché 827 giorni dopo, appunto, l'Ajax è tornato in vetta al campionato olandese e l'ha fatto attraverso l'espressione di un calcio che con Farioli potremmo definire 'rivoluzionario a metà'. La ricetta - fin qui convincente - imposta dal giovanissimo allenatore italiano si sta infatti imponendo come quella di un club in cui la tradizione del calcio posizionale è certamente rispettata, ma senza che ne diventi una questione di principio assoluto, di 'filosofia' da imporre sempre e comunque a prescindere dalle situazioni. Proviamo a spiegarci meglio.
L'Ajax di questa stagione ha infatti adottato un approccio decisamente pragmatico alle partite, in cui ritmo e intensità rimangono alla base del concetto, ma dove la sostanziale differenza la sta facendo la capacità di saper scegliere i momenti giusti in cui applicarlo. I problemi dell'Ajax infatti non sono stati certamente spazzati via con un colpo di spugna dalla singola scelta dell'allenatore. A livello qualitativo la rosa non è certo quella degli anni migliori e tra i Lancieri stanno giocando tantissimi veterani - dal 41enne Remko Pasveer al ritrovato Jordan Henderson, da Davy Klaassen - per la terza volta tornato all'Ajax - al lungagnone Wout Weghorst, quello del 'que miras bobo' reso celebre da Leo Messi. Alla fine sono almeno uno per reparto, se alla voce veterano volessimo aggiungerci, perché no, anche Daniele Rugani. Ma è proprio in questo mix che Farioli sta raccogliendo risultati, che sta trovando la sua ricetta vincente.
Un connubio tra l'approccio filosofico intrinseco al club e la capacità di non essere integralisti nella sua applicazione che ha trasformato l'Ajax in una squadra, appunto, molto semplicemente 'pragmatica' nel suo mix. Dove per 'pragmatico' si intende la capacità di non essere autolesionisti nel tentativo di imporre ritmo alto sempre e comunque, non avendone gli interpreti per giocare a tutta dall'inizio alla fine. In quest'ottica ad esempio si potrebbe leggere questa statistica. I Lancieri sono la squadra che ha segnato più gol fin qui in Eredivisie nell'ultimo quarto d'ora di partita: ben 12 in 21 match giocati. Bottino che ha permesso tra le altre cose di infilare 6 vittorie nelle ultime 6 partite, e di tenere così il passo del PSV; nonostante il club di Peter Bosz resti probabilmente la miglior squadra d'Olanda, come testimoniato anche dalla clamorosa differenza reti di +45 che premia fin qui la compagine di Eindhoven.
Eppure l'Ajax non solo rimane lì, ma a questo punto inizia anche a crederci. Perché il caos dell'estate sembra effettivamente un ricordo già più sbiadito e la 'rivoluzione a metà' di Farioli un approccio controculturale che sta portando dei dividendi. Perché è poi lì che i commercianti olandesi vogliono tornare: onorare la propria storia, giocare il proprio tipo di calcio, ma anche far quadrare i conti. E l'Ajax, dopo due anni disastrosi, di tornare in alto ne aveva assoluto bisogno.
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Basta esaltare Fagiolo.