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Juventus, senti Buffon: 'Futuro da dirigente? Ecco il mio pensiero. Per due volte vicino alla Roma'
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La possibilità di avviare una carriera da dirigente è concreta e sono tanti i tifosi bianconeri che sognano un suo ritorno in società prima o poi.
PRIMO ANNO SENZA PALLONE - "L’ho vissuto bene, era come me lo immaginavo. I vuoti che inevitabilmente incontri passando dall’avere per trent’anni una vita scadenzata devi cercare di riempirli in modo più proficuo possibile. E credo di averlo fatto molto bene".
SCOPERTO QUALCOSA DI SE'? - "No, per me il dopo calcio si sta manifestando con entusiasmi che immaginavo e alcune volte delle malinconie. Sono inevitabili, dopo gli anni vissuti. Non bisogna abiurare il proprio passato: va ricordato, è qualcosa di importante. Ma la verità è che la proiezione deve essere sempre positive, su presente e futuro".
FUTURO - "Come lo vedo? Diciamo da direttore sportivo? Dirigente? Metto il punto di domanda, ancora. Ma comunque all’altezza della situazione nelle cose che mi piacciono. Di sicuro voglio essere operativo, non mi piace essere passivo".
DIRETTORE SPORTIVO - "Ho fatto il corso. Da gennaio poi ho cominciato un master in business and administration alla Bocconi che finirà a maggio, immaginando di lavorare per una società calcistica. Da gennaio ho ricominciato una full immersion di inglese e sto cominciando a seguire giornalmente corsi di macro economia, di analisi tecnica finanziaria. Tutto molto, molto stimolante".
LA PASSIONE PER LA JUVENTUS FIN DA BAMBINO - "Inevitabilmente me l’avevano trasferita i miei cugini e i miei zii. Ma a sette-otto anni ero già un bastian contrario, mi piacevano le cose difficili. La Juve vinceva sempre e quella cosa lì un po’ mi infastidiva. A me piacevano le squadre di provincia: l’Avellino, l’Empoli di Jhonny Ekström, il Como di Dan Corneliusson".
HA ACCOMPAGNATO ZANIOLO E TONALI A CONSEGNARE I PROPRI TELEFONI AGLI INQUIRENTI CHE INDAGAVANO SULLE SCOMMESSE ILLEGALI - "La cosa che puoi fare, vista la serietà della situazione, è sdrammatizzare. Ho detto due cagate delle mie, che non posso ripetere perché non sarebbe educativo. Ma io ci sono passato, quelle sono cose che – se hai sempre rispettato le regole – ti colpiscono nel profondono, che ti offendono nel profondo. E già il fatto che uno si offenda è importante: ti rassicura di essere vivo e di avere ancora qualche valore".
ROMA SFIORATA DUE VOLTE - "Le sliding doors della carriera? Nel 2001, dal Parma, avevo quasi fatto con la Roma. Era questione di dettagli. Poi anche col Barcellona. Alla fine però sono andato alla Juve. Poi nel 2005 c’è stata una grandissima società straniera che mi voleva, ma non l’ho presa in considerazione. Finito il Mondiale, potevo andare ovunque. Nel 2007 c’erano almeno due squadre italiane. E nel 2011 stavo di nuovo andando alla Roma, perché con la Juve s’era rotto qualcosa: mi chiamò Montali, mi piaceva. Poi però arrivò Conte e impose la mia presenza. Quando dal Psg sono tornato alla Juve stavo per andare al Porto. Avevo già visto i voli, la città. E altre due volte sono stato vicinissimo all’Atalanta. La seconda avevo già deciso. Ma siccome alla Juve mi conoscono come le loro tasche fecero una riunione in cui eravamo io, Paratici, Pirlo. Che mi disse: Gigi, cavolo, è il primo anno che alleno, sono venuto sapendo che c’eri tu… Cosa potevo dirgli?".