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    Juvemania: peggio solo con Delneri, ora si può parlare di crisi?

    Juvemania: peggio solo con Delneri, ora si può parlare di crisi?

    • Cristiano Corbo
    Il concreto rischio davanti a tutti questi pareggi non è (solo) perdere l'appiglio alla qualificazione per la prossima Champions League. No, c'è qualcosa di più profondo in gioco, di più verace e per questo legato concretamente ai sentimenti. Questa Juve inizia a generare indifferenza. Né dolore, né gioia, né rispetto, né illusione. Semplicemente, passa e va, e in pochi se ne accorgono. Ogni partita ha il retrogusto del "ciò che potrebbe essere", poi al novantesimo si torna a fare i conti con l'inconcludenza. Che è una sensazione strana, se ci pensate. Somiglia all'impotenza, ma è più beffarda. Ti porta a un passo dal traguardo senza neanche una goccia di benzina. 

    La rabbia di Thiago è esattamente la rabbia dei tifosi della Juventus. E' l'ultima risorsa, è lo sfogo perenne di un'insoddisfazione generale e particolare. L'allenatore non può dirsi soddisfatto di quanto sta vedendo, almeno a telecamere spente. Davanti ai microfoni e ai taccuini, per carità: la sua difesa è persino legittima, sebbene mascherarsi dietro le sole due sconfitte non sia esattamente la strada da imboccare. Sembra un litigio tra bambini: io ho fatto questo, tu non hai fatto quello. Nel mezzo c'è una sofferenza generale, e l'aria tesa a evitare che tutti prendano una grande boccata d'ossigeno. 

    E' l'anticipo di una crisi di panico, ed è una storia che si ripete, che si nutre persino dei numeri più complicati, a tratti imbarazzanti. Uno su tutti: la Juve di Thiago Motta ha totalizzato 33 punti dopo 19 giornate. Si tratta del dato peggiore degli ultimi 14 anni, perché soltanto con Delneri nel 2010-11 ha fatto peggio. Sono 12 invece i punti persi da situazioni di vantaggio, 12 come i pareggi in campionato. In qualsiasi top club sarebbe opportuno quantomeno parlare di crisi, a Torino si evita con eleganza l'argomento. C'è tanto altro da fare, dicono. Ma se non ci si ferma a riflettere, non si arriva da nessuna parte. 

    Dal derby emerge proprio questo aspetto, e in maniera quasi brutale: il pareggio è un mantello dell'invisibilità, è un tappetino sotto al quale i bianconeri provano a nascondere tonnellate di polvere. L'immagine è chiara ma vale ugualmente una spiegazione: per quanto si possa avere fiducia in una squadra che no, non gioca male, il risultato piega tutti i concetti e restituisce un'immagine di una squadra a cui manca forse poco per vincere, però quel "poco" totalmente decisivo. 

    Il mercato aiuterà, ma è una speranza. Qualcuno rientrerà, e non vi è certezza. La Juventus ritornerà, però solo se cambierà concretamente qualcosa. E' il momento del divanetto, di parlarne e di uscirne insieme. Non quei "patti spogliatoio" che sono il preludio del disastro. Una semplice analisi, con annessa ammissione di colpe. Lo si deve soprattutto ai tifosi.

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