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Retegui: 'Vorrei giocare in Italia, tra Inter e Milan...'
IL PRESENTE - "Il contratto con il Tigre è di due anni, ma il Boca lo scorso novembre aveva l’opzione per richiedermi. Però non si è fatto sentire nessuno. Alla ripresa degli allenamenti a fine dicembre ho parlato con Diego Martinez (l’allenatore, ndr), dicendogli che il Tigre per me è più di un club e che, a meno che la società per motivi economici non avesse accettato un'offerta dall’estero, sarei voluto rimanere. Poi a gennaio, poco prima dell'inizio del campionato, Hugo Ibarra (fino a una settimana fa allenatore del Boca, ndr) mi ha detto che era interessato a me già per questa stagione, ma io avevo già dato la parola al Tigre. Per rispetto verso il presidente, tutta la società, Martinez e i miei compagni, a quel punto avrei accettato solo di andare all'estero. Qui in Argentina ci sono tutte le mie radici. Per il momento, perché il futuro potrebbe essere in Europa".
IL FUTURO - "Il presidente Melarana ha detto che a luglio potrebbe essere probabile che io venga ceduto. A me piace molto l'idea, è un sogno per tutti quelli che giocano a calcio, i più grandi sono in Europa. Per quale squadra italiana tifo? Ah, tante. Ci sono grandissimi club, mi piacciono tutti. L'Inter? Non c'è niente di concreto e non so cosa stia succedendo, è papà che si sta occupando del futuro. Io con la testa sono al 100% sul Tigre. Un derby di mercato per me a Milano? Non so se sia vero. Ripeto, se ne sta occupando mio papà con i dirigenti del Tigre. In quale campionato europeo mi piacerebbe giocare? Dove sia meglio per me. Mi piacerebbe molto venire in Italia, ma è ancora molto presto. Però sarebbe bellissimo diventare un protagonista del campionato, uno che segna tanti gol. Come mi piacerebbe segnarne tanti anche per l'Italia, una delle nazionali più importanti della storia".
LA NAZIONALE - "Un giorno a inizio anno stavo tornando da un allenamento e papà mi chiama per dirmi che aveva una notizia molto importante. Ma non mi sarei mai immaginato una cosa così, nemmeno nel più bello dei sogni avrei potuto pensare di giocare per l'Italia, a Napoli, nello stadio che porta il nome di Diego Armando Maradona. Debuttare in quello stadio con la maglia dell’Italia è stato stupendo, è difficile da spiegare, per tutte le sensazioni che provavo quando sono entrato in campo, sentire tutta quella gente. Bellissimo. Avrei solo voluto vincere, sarebbe stato il debutto perfetto. Non appena papà mi ha detto che Roberto (Mancini, ndr) mi voleva, il mio sì è arrivato velocissimo, non c’era molto da pensarci. Non ho parlato con Mancini prima di venire in Italia, lo ha fatto solo mio papà. Con Roberto abbiamo poi parlato tanto a Coverciano, soprattutto di tattica e di come lui intende giocare. Devo ringraziare lui, tutto lo staff tecnico e i miei compagni per come mi hanno accolto e fatto sentire. Non mi sarei mai immaginato di vivere tutto questo. Ho provato a sfruttare al massimo ogni giorno per conoscere l'ambiente e iniziare a capire meglio il calcio europeo, che è molto diverso da quello argentino: è più veloce, dinamico, intenso. Si adatta a me, mi piace molto. Adesso l'obiettivo è di prepararmi ancora meglio a livello fisico e mentale se l’Italia mi dovesse richiamare. È una squadra dura, molto fisica, mi piace molto. So che adesso tanti hanno molte aspettative su di me, ma io ne ho altrettante di giocare per quella squadra. Sto studiando la lingua italiana, in realtà la capisco perfettamente e la parlo già. Ma siccome sono un perfezionista, mi vergogno a farmi sentire fino a che non lo parlerò davvero bene. Lo stesso per l'inglese. Muoio dalla voglia di esserci il 15 giugno contro la Spagna in semifinale di Nations League, ma è Mancini che deve deciderlo".