Calciomercato/Getty
Milan e Juventus, ma quale scontro Scudetto? Il vero obiettivo è il quarto posto e Fonseca rischia grosso
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“Fuori i secondi”, si sarebbe detto una volta - evocando una metafora pugilistica - per chiamare i due contendenti ad emettere un verdetto che segnasse in maniera chiara e definitiva il futuro di entrambi. Nel caso di Milan e Juventus però, rispettivamente settima contro sesta in classifica (ma con la profonda differenza di 6 punti e di un distacco molto diverso dalla vetta - a 8 per i rossoneri, con un gara in meno, a 2 per i bianconeri), l’immagine che abbiamo scelto fatica a tradursi in qualcosa di fedele alla realtà. Per carità, l’andamento particolare di questa prima metà scarsa di stagione sembra dirci che la corsa per lo Scudetto sarà finalmente aperta a più soluzioni e non si assisterà al monologo di una squadra su tutte le altre. E, in tal senso, tanto gli uomini di Fonseca che soprattutto quelli di Thiago Motta guardano alla sfida di questo pomeriggio come un vero e proprio scontro diretto per rimanere nella lunga corsa per il titolo. Ma, pronostico di inizio stagione alla mano e per quello che ha detto il campionato sino ad oggi, considerarli due serissimi candidati alla conquista del tricolore dopo le rispettive rivoluzioni estive non sarebbe corretto. E tradirebbe quello che il percorso intrapreso dalle società e dai due allenatori ha stabilito sin qui.
MONCADA: "MAIGNAN E THEO HERNANDEZ VICINI AL RINNOVO"
Non ci si faccia ingannare dalla storia e dal blasone. Milan e Juventus sono due club condannati per status a stare in alto e, quando non ci riescono, è nell’ordine naturale delle cose che si aprano analisi approfondite, processi in certi casi, per capire i motivi per i quali l’Inter o il Napoli oggi risultino più avanti nelle proprie progettualità. Non inganni nemmeno il fatto che il Diavolo sia da un paio di stagioni a questa parte la formazione che, a livello di cartellini, investa più delle altre per gli acquisti - pur mantenendo per due stagioni consecutive il bilancio in attivo - o che la Signora sia reduce da un’estate in cui i movimenti in entrata sono stati parecchi (a cominciare dall’ingaggio di un allenatore diametralmente opposto per filosofia al suo predecessore) e onerosi. Milan e Juventus, con modalità diverse, hanno deciso di cancellare i loro passati recenti per provare ad accorciare il processo che li porti ad essere nel tempo sempre meno distanti da chi oggi detta legge in Italia. E tornare a recitare il loro vero ruolo, quello di candidate regolari a mettere le mani sulla coppa riservata ai vincitori dello Scudetto.
VLAHOVIC VS MOTTA, TUTTI I RETROSCENA
Questa sarebbe la normalità, certo, ma il calcio non è mai e mai sarà una scienza esatta e immaginare che evoluzioni e trasformazioni tanto profonde non richiedano nel tempo vuol dire vivere col fucile perennemente puntato addosso a qualcuno, per il gusto di criticare e fare interazioni. Per dirla in maniera moderna. La realtà è che Fonseca da una parte, Motta dall’altra, hanno intrapreso soltanto da pochi mesi la costruzione di una nuova mentalità, di una nuova identità; ereditando, il primo, un gruppo che ancora oggi non sembra così ben assortito per caratteristiche e “vizi” del passato per recepire le sue istruzioni, raccogliendo il secondo un gruppo in cui manca qualche tassello fondamentale - un vero playmaker e un centravanti di scorta - e nel quale si è palesato un deficit di qualità e personalità soprattutto in un reparto, il centrocampo, figlio anche di qualche scelta estiva non del tutto azzeccata (ad ora).
MILAN-JUVENTUS, LE PROBABILI FORMAZIONI E DOVE VEDERLA IN TV
Se Theo Hernandez e Rafa Leao - per non parlare di altri esponenti dell’epoca pioliana come Tomori e Thiaw - sono il termometro di una squadra capace sia di grandi exploit che di inaspettati passaggi a vuoto, se Vlahovic è ancora lontano per temperamento dai grandi bomber europei e i nuovi acquisti come Koopmeiners, Thuram e Douglas Luiz faticano ad imporsi, come si può ritenere che Milan e Juventus siano condannate già da quest’anno ad essere massimamente competitive per lo Scudetto? Non si può, ma questo non significa che la partita di San Siro sia meno importante e che perdere di vista l’obiettivo della zona Champions League sia un fatto di poco conto. Ecco, in tal senso, se domani Fonseca e i suoi giocatori fallissero l’esame, la situazione per la rincorsa dei primi quattro posti inizierebbe a farsi preoccupante. E ad insinuare dei pesanti dubbi sulla capacità della sua squadra di recuperare il tanto terreno perduto nelle precedenti settimane. In questa logica, è il Milan che oggi ha più da perdere. Perché è questa attualmente la sua dimensione e quella della Juventus. In attesa di tempi migliori.
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Non ci si faccia ingannare dalla storia e dal blasone. Milan e Juventus sono due club condannati per status a stare in alto e, quando non ci riescono, è nell’ordine naturale delle cose che si aprano analisi approfondite, processi in certi casi, per capire i motivi per i quali l’Inter o il Napoli oggi risultino più avanti nelle proprie progettualità. Non inganni nemmeno il fatto che il Diavolo sia da un paio di stagioni a questa parte la formazione che, a livello di cartellini, investa più delle altre per gli acquisti - pur mantenendo per due stagioni consecutive il bilancio in attivo - o che la Signora sia reduce da un’estate in cui i movimenti in entrata sono stati parecchi (a cominciare dall’ingaggio di un allenatore diametralmente opposto per filosofia al suo predecessore) e onerosi. Milan e Juventus, con modalità diverse, hanno deciso di cancellare i loro passati recenti per provare ad accorciare il processo che li porti ad essere nel tempo sempre meno distanti da chi oggi detta legge in Italia. E tornare a recitare il loro vero ruolo, quello di candidate regolari a mettere le mani sulla coppa riservata ai vincitori dello Scudetto.
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Questa sarebbe la normalità, certo, ma il calcio non è mai e mai sarà una scienza esatta e immaginare che evoluzioni e trasformazioni tanto profonde non richiedano nel tempo vuol dire vivere col fucile perennemente puntato addosso a qualcuno, per il gusto di criticare e fare interazioni. Per dirla in maniera moderna. La realtà è che Fonseca da una parte, Motta dall’altra, hanno intrapreso soltanto da pochi mesi la costruzione di una nuova mentalità, di una nuova identità; ereditando, il primo, un gruppo che ancora oggi non sembra così ben assortito per caratteristiche e “vizi” del passato per recepire le sue istruzioni, raccogliendo il secondo un gruppo in cui manca qualche tassello fondamentale - un vero playmaker e un centravanti di scorta - e nel quale si è palesato un deficit di qualità e personalità soprattutto in un reparto, il centrocampo, figlio anche di qualche scelta estiva non del tutto azzeccata (ad ora).
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Ma l'ha stabilito questo sottogiornalista che non è uno scontro scudetto? Ed in base a quali para...