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    Euro 2024, quante delusioni: meno male che ha vinto la Spagna

    Euro 2024, quante delusioni: meno male che ha vinto la Spagna

    • Simone Eterno
      Simone Eterno
    Ci siamo presi un giorno in più, perché a volte a caldo non è nemmeno facile utilizzare le parole giuste. Si rischia di andare sopra le righe. Ma da questo disastrato Euro 2024 che ci siamo lasciati alle spalle il primo pensiero è soprattutto uno: meno male che ha vinto la Spagna. E non è una questione di intrufolarsi alla festa, o magari di darsi un tono - come a tanti ormai piace fare. Meno male che ha vinto la Spagna perché c'è stato un senso di giustizia. Termine che nella sua accezione più pura magari farà girare le scatole ai tedeschi in lettura - defraudati nei quarti di finale da un rigore solare; o meglio un rigore solare fino all'altro giorno; poi qualcuno si è accorto che con i rigori "gratis" negli ultimi anni si era un po' esagerato e pare che nelle cervellotiche linee guida dettata da Rosetti nel pre-europeo effettivamente la casistica del Cucurella-gate possa portare a un'interpretazione verso il no-penalty. Tant'è prendiamo atto. E ci auguriamo soprattutto sia così però da qui in avanti... Ma permetteteci di dubitare. 
    Perdonate la divagazione. Senso di "giustizia", si diceva. Senso di giustizia semplicemente applicata al principio basilare del gioco: la Spagna è stata l'unica squadra di un livello accettabile in questo europeo. Infatti ha vinto. E ha vinto facendo filotto. Sconfitte tutte. Dall'Italia campione in carica nel girone alla Croazia nobile in decadenza fino - soprattutto - al trittico "della morte" Germania-Francia-Inghilterra. Difficile nel calcio ricordare qualcosa di più legittimo di questo successo delle Furie Rosse. Fin qui i complimenti, quello che è più o meno stato detto da tutti e da cui era doveroso partire. Ora, però, le note dolenti. 

    E queste ci dicono che un campionato europeo di così scarso valore, non si era mai visto. Formula inutilmente lunga. Partite brutte. Squadre brutte. Al di là della Germania, unica non a caso a dare fastidio sul serio alla Spagna, le altre big europee hanno fatto sanguinare gli occhi. Di Italia abbiamo già parlato ed è inutile ripetersi, così come abbiamo già scritto - proprio da queste pagine - del Portogallo schiavo di Cristiano Ronaldo. E così il peggio, come principio paradossale al suo culmine, ce lo siamo tenuti alla fine. Dobbiamo parlare della Francia? Una nazionale che potrebbe schierare squadra A, squadra B e squadra C e con buone probabilità qualificare tranquillamente tutte e tre alla fase finale. Una selezione invece che è arrivata in semifinale senza segnare un gol su azione, trascinata più dal fattore c... aso che dal fattore campo. O perché no la finalista Inghilterra, sulla falsa riga dei francesi arrivata fino a Berlino con un miracolo al 95° con la Slovacchia, con i calci di rigore con la Svizzera, con un gol al 91° contro l'Olanda. Non esattamente fedele al principio del "let me entertain you", come avrebbe cantato Robbie Williams. E non a caso con un ct sul banco degli imputati in patria nonostante il viaggio fino all'ultima domenica del torneo. 

    Insomma no, non ci siamo diverti. Non è stato un europeo di qualità. Perché non è più - e da anni - un calcio di qualità. È un calcio di quantità. Ma il principio base si è confuso e lo si è fatto ormai da tempo: questo gioco dovrebbe essere "intrattenimento". Invece è "altro". Dell'altro soprattutto per soddisfare la brama dei palinsesti, ma non solo. E così cosa aspettarsi da un football dove si gioca ogni giorno? Cosa aspettarsi da un sistema che si è inventato la UEFA Conference League? Cosa aspettarsi da un pallone ormai totalmente incapace di fermarsi? 
    Pensateci, si gioca ininterrottamente ormai dal post covid. L'estate degli Europei nel 2021, le qualificazioni in Qatar super-concentrate, la Nations League, il Mondiale 2022 in versione invernale, i campionati nazionali che sono così andati lunghi nel 2023, l'Euro 2024 appena concluso; la nuova Champions League allargata alle porte (per vincerla saranno necessarie dalle 17 alle 19 partite; a metà degli anni '90, quando se la sono inventata, ne servivano 11); il Mondiale per club la prossima estate e poi di nuovo il Mondiale nordamericano del 2026. Questa gente, per quanto in molti casi ben retribuita, è spremuta come un limone sulla paranza di Ferragosto. Difficile allora cavarne fuori qualcosa di qualitativamente decente. I giocatori arrivano alle competizioni estive tra il cotto e il bollito. E se ci sommate che a livello nazionale è poi complicato per qualsiasi commissario tecnico imbastire una filosofia di gioco ben chiara con un gruppo di persone che muta costantemente e che lavora di rado insieme, è semplice comprendere il perché alla fine ultimamente vinca spesso la Spagna. 

    In Spagna si gioca così e lo si fa ormai da vent'anni. È il movimento che è fedele all'idea; altrove un'idea che cerca degli interpreti da convincere. È differente la cosa. Non si sono inventati niente a questo giro de la Fuente e i suoi ragazzi. Solo continuano a raccogliere i frutti di un seme che hanno piantato per primi e accudito per anni. È così che dominano - o quasi - in questo caos chiamato calcio per quasi tutti gli altri. Perché dal 2008 la Spagna ha vinto 3 dei suoi 4 titoli europei e un titolo mondiale. Senza contare le fasi dominanti in Europa dei suoi due club principali: il Barcellona dal 2006 al 2011 (con canto del cigno nel 2015); e il Real Madrid dal 2016 a oggi. Il resto è il vivere alla giornata di tutti gli altri. Nell'attesa di una nuova rivoluzione del pallone - perché arriverà, essendo il calcio ciclico - e nella speranza che il giochino nel frattempo, che qualche bella crepetta qua e là la mostra eccome, non si vada distruggendo del tutto. Perché da questo punto di vista, questo Europeo teutonico, a pensarci bene, una cosa bella ce l'ha fatta vedere: il tifo e gli stadi. Ecco, come europei - intesi come insieme di varie popolazioni - abbiamo mostrato ai padroni del pallone la differenza tra noi e loro, tra chi alle nostre latitudini vive per davvero di calcio e chi invece lo pensa come a un giochino a chi ce l'ha più lungo. Il conto in banca, ovviamente... Ma quei bonifici, si sa, finiscono nelle tasche di pochi. 
     
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