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    Ecco perché #iostoconMancini

    Ecco perché #iostoconMancini

    • Giampiero Timossi
    L'orgoglio di Roberto Mancini. Il suo, il nostro. E' probabile che l'allenatore dell'Inter sia un ottimo tecnico, pare certificato che come calciatore sia stato un fuoriclasse. Sicuramente è un essere umano meraviglioso. Lo sospettavo da qualche anno, adesso ne sono sicuro. Ieri sera ha vinto lui. Non ha battuto il Napoli, ha sconfitto l'omertà, l'indifferenza dolosa. Mancini ha spiegato: credere che l'omosessualità sia un insulto è una vergogna. Del suo collega ha detto: “Mi ha dato del frocio, del finocchio. Si deve vergognare”. E' quello che ha fatto Maurizio Sarri e si deve vergognare. Mancini ha ragione, semplicemente. Ero negli studi di Rai Sport quando un uomo che fa di mestiere l'allenatore cercava di costruire non un calcio, ma un'Italia migliore. Ero sinceramente commosso quando ascoltavo le sue parole, non c'entra (qualunque esso sia) il mio orientamento sessuale: è il coraggio civile che commuove. Perché l'ignoranza fa paura e il silenzio è uguale a morte. Abbiamo chiesto a Sarri se davvero avesse offeso qualcuno in quel modo, se davvero pensi che dire omosessuale equivalga a un insulto. Gli abbiamo anche chiesto perché? Lui ci ha provato, ma non ha risposto. Mi aveva quasi convinto della sincerità delle sue scuse, poi si è ostinato a sottolineare che “certe cose dovrebbero rimanere in campo”. E, pochi minuti dopo, la stessa linea veniva fedelmente seguita dal portiere del Napoli, Pepe Reina, una delle voci più ascoltate dai compagni e dai tifosi: “Cose da campo”. No, non sono cose da campo. Mi piacciono le persone piene di difetti, non giudico i vizi di nessuno, ho commesso e commetterò tanti errori, quindi spero ci sia sempre qualcuno disposto a perdonare. Mi era sempre piaciuto Sarri, condividiamo alcune letture, da John Fante a Charles Bukowski, trovo onesto il suo sorriso timido. Oltre a Fante e al suo immaginario “Compagno di Sbronze”, spero che l'allenatore del Napoli ami anche certi film meravigliosi, come “Una giornata particolare” di Ettore Scola. Ieri sera pensavo a questo capolavoro e al suo impegno civile, mi ritornavano in mente alcune scene e tutto questo accadeva mentre scoprivamo della morte del regista. Ripensavo al volto di Marcello Mastroianni anche pochi minuti dopo, ascoltando le parole di Mancini: “Sono orgoglioso di essere come sono”. Lo sarei anche io.

    Perché di Sarri, nella serata di ieri, resterà poco, almeno è quello che ci auguriamo. Di quanto ha detto, di queste sue convinzioni già pubblicamente espresse due anni fa, al termine di una sfida tra Empoli e il Varese (“Il calcio è diventato uno sport da froci”), il bravo allenatore del Napoli se la vedrà con se stesso. Credo avrà l'onestà e la sensibilità per riflettere, spero non voglia insistere su quel “sono cose da campo” o magari accodarsi a chi oggi insulta tutto e tutti su twitter parlando pure di un fantomatico progetto per destabilizzare il Napoli.

    Quello che invece resterà di una serata particolare sono le parole di Roberto Mancini, il suo orgoglio di “essere come sono”. Non importa se sia stato outing o no, non mi interessa l'orientamento sessuale di Mancini, qualunque esso sia. Mancini ha fatto semplicemente qualcosa che è insieme semplice e immenso. Un gesto unico, perché in Italia nessuno aveva mai avuto il coraggio di farlo. Prima di lui nessun allenatore aveva mai scelto di non parlare di un'importante vittoria, lanciando invece un messaggio di denuncia, civiltà e speranza. Non importa se ne parleranno in tutto il mondo (lo stanno già facendo), se questo “sarà un nuovo colpo all'immagine del calcio italiano guidato da Carlo Tavecchio”. Non importa, anzi è molto meglio così. Sarà un'occasione per crescere. Perché la spontaneità delle parole di Mancini dovrebbero servire a portare avanti una battaglia contro la discriminazione. Parole vere, zero retorica. Questo ha fatto un allenatore, ha strappato un velo d'omertà. Con una sola frase ha messo a nudo il calcio e il Paese. Poi ha detto che “non aveva nessuna intenzione di parlare della partita o d'altro”, si è scusato e se n'è andato. Perfetto. Capito cosa ha combinato? Ha detto pubblicamente: è una vergogna credere che l'omosessualità sia un insulto. Pare ci sia ancora chi non è d'accordo. Italia, notte del 20 gennaio, anno 2016. 
     

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