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    Ecco perché Inter-Juve ha detto che è già tutto in mano al Napoli

    Ecco perché Inter-Juve ha detto che è già tutto in mano al Napoli

    • Simone Eterno
      Simone Eterno
    Non si vincono gli Scudetti con i 4-4. Si vendono biglietti, quello sì. Si fa contenta una parte di pubblico, magari (soprattutto?) quello neutrale. Si manda in brodo di giuggiole le televisioni, che di partite così ne vorrebbero a fiotti. Ma per gli Scudetti, in Italia, beh quello è ancora, nonostante tutto, un altro discorso. Forse cambierà in futuro, con l'adattamento a logiche che altrove hanno già abbracciato. Ma in Italia, imperterrita, continua a dettare legge una regola aurea: lo Scudetto lo vince la miglior difesa. Negli ultimi 20 anni di Serie A, solo due eccezioni: l'Inter del post Calciopoli - 2006/07 - che vinse il titolo incassando un gol in più della Lazio, terza; la Juventus di Sarri dell'anno Covid - 2019/20 - che vinse davanti all'Inter di Conte subendo addirittura 43 gol, 7 in più dei nerazzurri alla fine secondi a un solo punto. Sono servite insomma le due stagioni più anomale dell'epoca recente del calcio italiano - il terremoto giudiziario e la pandemia globale - per far saltare la regola non scritta alla fine nota a tutti: in Serie A continua a trionfare chi ne prende di meno. Ed è anche per questa ragione che questo Inter-Juventus, destinato agli annali per l'anomalia del suo risultato finale, fa felice soprattutto il Napoli di Antonio Conte. 

    Un Conte che vince in casa, col Lecce, per 1-0. Un Conte che piazza una mini fuga e probabilmente sorride guardando alla TV ciò che il derby d'Italia sembra aver raccontato in maniera palese agli occhi di tutti i suoi spettatori: Inter e Juventus, seppur a livelli completamente differenti e per dinamiche non certamente comparabili, sono squadre con evidenti problemi. 

    Quello dei campioni d'Italia in carica, forse, il più chiaro di tutti. 13 gol incassati in 9 partite. L'anno scorso, in tutto il girone d'andata, l'Inter ne aveva presi 9. E i giocatori - così come l'allenatore - sono gli stessi. Che non sia la stessa Inter, con la stessa fame, la stessa voglia, la stessa cattiveria viste nella scorsa stagione, è evidente persino per i più distratti; che il reparto difensivo, eccezionale lo scorso anno ma già lì non popolato certo da giovanotti, quest'anno si ripresenti con un anno in più e qualche acciacco tra i principali interpreti, lo sembra altrettanto.

    Inzaghi ha chiaramente parlato di un "atteggiamento complessivo" da migliorare. Ha ragione. Il problema è proprio quello: concentrazione e modo di approcciarsi alla gara. Ma attenzione anche a liquidarla in maniera così semplice. Spesso, infatti, questi 'cali mentali' sono frutto del senso di appagamento, fenomeni più frequenti e direttamente proporzionali all'avanzare dell'età e ai trofei incassati. E l'Inter non è una squadra giovane. Forte, senza dubbio. Ma non certamente giovane. In queste prime nove giornate, i nerazzurri sono stati l'undici titolare con la media età più alta in ben 8 occasioni: 30 anni circa (con un range che è andato dai 29,7 anni dell'undici titolare di ieri con la Juventus, ai 31 anni secchi della formazione titolare alla seconda giornata col Lecce).

    Nessuno ha fatto "peggio" se non il Napoli alla prima giornata, con Conte che schierava un undici di partenza la cui media età era 29,5 anni, di poco superiore all'Inter che impattava 2-2 a Genova. Insomma, un dettaglio da non sottovalutare. Perché se è vero che Inzaghi ha correttamente e immediatamente individuato il problema, non è così scontato che lo possa riuscire a risolvere in breve tempo. Anzi. Muscoli e movimenti si allenano, meccanismi più subdoli che intaccano processi mentali che lavorano come spywere informatici -  quelli che ci sono ma non si vedono - sono concetti molto più complicati di quanto si pensi da risolvere. Insomma, l'Inter vista con la Juve, che scappa avanti 4-2, non la chiude sprecando l'impossibile e poi si fa riprendere, prima ancora che in ogni discorso tattico o di singoli è un concetto di squadra mentalmente diversa da quella cinica e vincente della passata stagione. Seppur, appunto, giochi coi medesimi interpreti. 

    E se nella Juventus invece questo problema non c'è - ciclo nuovo, voglia di mettersi in mostra e media età dei titolari più giovane della Serie A in 4 uscite su 9 (24 anni circa, nelle altre 5 partite meglio ha fatto solo il Parma di Pecchia) - per Thiago Motta rimangono invece evidenti, per ora, alcune lacune tecniche. Su tutte quelle in mezzo al campo, dove Douglas Luiz - fin qui oggetto misterioso - e Teun Koopmeiners - infortunato e in ogni caso comunque ancora lontano dai rendimenti bergamaschi - non hanno ancora fatto fare il salto a questa squadra. Questi i due acquisti più onerosi dell'estate e questi quelli che avrebbero dovuto 'pensionare' - o quantomeno limitare - i vari Locatelli, Fagioli e McKennie della passata stagione. E invece tutti e tre sono ancora lì. E al di là delle più che discrete prestazioni - soprattutto dell'americano - in questa Juve per ora pervade quel senso di assenza di un po' di qualità nel reparto nevralgico, lì in mezzo al campo. Poi, davanti, qualcuno si è fin qui sempre inventato qualcosa. Dal Mbangula di Verona al Conceicao di Lipsia fino all'Yildiz di San Siro. Ma che fuori dalla Continassa, anche per via delle assenze pesanti, resti il cartello 'lavori in corso', è l'altro lato della medaglia evidente del 4-4 di San Siro. 

    E così, di nuovo, non resta che guardare a sud. Molto più a sud. Dove Conte ha iniziato a fare quello che Conte sa fare meglio: costruire e rivitalizzare. Il suo Napoli - e l'abbiamo visto col Lecce - non sarà mai splendente come quello di Spalletti, ma si è già fatto padrone di una Serie A a cui fin qui è mancato un padrone. Ecco perché, a maggior ragione dopo quanto visto al Meazza domenica, è al Maradona che dovremo rivolgere da adesso in poi i nostri sguardi. Perché un Conte in grado di poter preparare quasi sempre una partita ogni 7 giorni, questo mezzo vuoto di potere non solo l'ha già fiutato, ma ci si è già anche infilato. Certo, ora continuerà a nascondersi, a giocare, a indicare altrove. Ma il +4 costruito anche su un calendario fin qui favorevole accende ulteriori stimoli prima di un mini-ciclo che sarà già molto, molto indicativo. Da qui all'8 dicembre, per il Napoli, ci sono infatti Milan, Atalanta, Inter, Roma, Torino e Lazio. Se mantiene il vantaggio, sarà difficile per questa Inter e questa Juve andare a riprendere Antonio Conte. 

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