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Buffon: "Vi spiego perché non ho mai baciato la maglia della Juventus. Mio figlio Thomas da Fortnite alla Serie B"
FIGLIO - "Le analogie con Thomas sono che abbiamo esordito tutti e due a 17 anni, io a 17 anni e 10 mesi, lui a 17 e 3 mesi, però gli ho detto: la differenza è che io ho fatto Parma-Milan da titolare in Serie A, tu hai fatto 13 minuti di Spezia-Pisa, che è una partita importante di Serie B. Però a parte gli scherzi sono veramente orgoglioso perché lui ha iniziato a giocare veramente tre anni fa, ha fatto un anno in una squadra di Torino, poi è andato a Pisa l’anno scorso e ha già esordito e significa che ci ha messo tanto del suo e questo mi emoziona, lui è un ragazzo ma è come se fosse un 40enne. Un ragazzo grande e maturo. Racconto questo aneddoto: lui inizia a giocare che aveva 8 anni e me lo chiede la Juve, loro lo chiedono a me, perché io ho questa cosa che non chiedo mai niente a nessuno perché voglio essere libero e sereno di poter guardare in faccia tutti ed essere libero. Quindi la Juve me lo chiede e lui mi fa dopo un anno e mezzo: ‘Papà non mi diverto più’ e questa cosa mi sembra un po’ strana anche se a 8-9 anni facevano 5 allenamenti a settimana più la partita il weekend. Io dicevo, Madonna ragazzi se uno ha un po’ di passione gliela fate passare. Io alla sua età facevo uno-due allenamenti massimo a settimana. A 8 anni c’è bisogno di libertà, di vita sociale, per cui io lo capisco e lo accompagno in questa scelta. Dopo sei mesi la Juve mi chiede di mandarlo, e io glielo chiedo e lui mi dice sì, allora andiamo. Poi dopo sei mesi mi dice che di nuovo si è stancato. Allora io gli dico, ‘Amore mio, tu torni a casa però con la Juve ci mettiamo una pietra sopra, non chiedermi mai più loro cosa pensano, perché è anche una questione di correttezza. Per cui lui per quattro anni, anche per ribellione, non fa niente, gioca a Fortnite, mi chiede di accompagnarlo a tornei di Fortnite all’estero. Per cui lui arriva a 14 anni così, io a 14 anni ero già in giro per l’Italia e l’Europa con la nazionale".
BANDIERE - "Io penso che non sia cambiato tanto il calciatore, ma siano cambiate le esigenze della società, per cui il calciatore bandiera non è più contemplato e anzi potrebbe diventare anche un problema. Quando ho giocato io e ho avuto l’opportunità di stare a contatto con tanti giocatori bandiera e facevo delle riflessioni sul perché sono stato 13 anni al Parma e 20 alla Juve e facevo una riflessione molto semplice, che in tutti questi anni io non ho mai baciato la maglia. Non è che mi abbiate mai visto baciare la maglia della Juve o del Parma, ma non perché non fossi affezionato o non volessi dare quel tipo di messaggio ai tifosi. Il motivo è che io sono stato in questi posti così tanto, perché avevo creato con la gente di questi ambienti un rapporto umano che mi gratificava e mi dava quello che cercavo, e quindi per me non è che uno è stato lì per la maglia ma per l’ambiente, se io invece di Agnelli, di Marotta, di Ancelotti avessi trovato altre persone, magari ci stava che avrei fatto un’altra strada.