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    Juve, ecco tutte le colpe di Allegri

    Juve, ecco tutte le colpe di Allegri

    • Giancarlo Padovan
    La Juve non è uno schiacciasassi e Allegri è un allenatore in confusione. La sconfitta di Milano, di fronte ad un’Inter rivitalizzata da Frank de Boer, quando già i "manciniani" stavano temerariamente rialzando la testa, è la prova che non esistono campionati vinti a tavolino (tranne quello regalato, a posteriori, a Mancini) e che le partite vanno giocate tutte con la stessa intensità. Cosa che la Juve non ha fatto mai, se si eccettua la prima mezz’ora, stordente, contro il Sassuolo. A quella aveva fatto seguito la scialba prestazione con il Siviglia (pareggio deludente). Quattro giorni dopo è venuta la sconfitta con l’Inter, mortificante perché ottenuta contro un avversario storico e polemico, imbarazzante perché inflitta da una squadra alla quale tre giorni fa, sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport, era stato chiesto se non si vergognasse per aver sbracato contro gli israeliani dell’Hapoel Beer Sheva. 

    L’Inter ha vinto in rimonta con gol di Icardi e Perisic, tutto nel cuore della ripresa, dopo il vantaggio della Juve con Lichtsteiner. Se il gol dello svizzero è da ascrivere quasi totalmente ad un’iniziativa mancina di Alex Sandro (quello che mercoledì Allegri aveva sacrificato a beneficio dell’ormai spento Evra), il pareggio di Icardi va catalogato alla voce "bravura dell’attaccante" che ha saputo staccare più in alto di Mandzukic e Bonucci. Tuttavia è il terzo gol consecutivo che la Juve subisce da calcio d’angolo. Allegri se ne lamenta sempre, ma non ha ancora trovato un correttivo. Chi lo deve studiare e far applicare ai calciatori?

    Il 2-1 che, invece, ha sancito il successo dei nerazzurri è venuto da un errore in disimpegno di Asamoah che, anzichè rilanciare, ha passato all’indietro trovando Candreva e non un compagno. Sulla ribattuta di Buffon, Icardi è stato bravo prima ad impadronirsi del pallone e poi a smistarlo sulla testa di Perisic che ha trovato l’angolo alla sinistra di Buffon, lo stesso del primo gol. 

    Il vantaggio della Juve (21’) è durato meno di due minuti. Il ribaltone dell’Inter si è concretizzato in  dieci minuti: tra il 23’ e il 33’. La Juve credeva di poter vincere la partita senza giocarla, l’Inter ha creduto di poterla ribaltare dopo averla pareggiata. Più nervi che gioco, più muscoli che tecnica. Eppure è stato un confronto vibrante ed avvincente. Primo tempo di assoluto equilibrio (un’occasione sprecata da Khedira, un mezzo palo di Icardi), secondo con le squadre più aggressive e propositive. Il pareggio non sarebbe stato iniquo, ma la Juve ha avuto il torto di abbassare la concentrazione subito dopo l’1-0. Di lì in avanti, l’Inter ha voluto con più determinazione il risultato pieno.
     
    De Boer, che ha azzeccato formazione e ha dato libertà a Banega di muoversi anche sugli esterni, ha avuto una fortuna. Quella di incontrare Allegri nel peggior momento del tecnico livornese. Forse  l’allenatore è travolta dall’abbondanza, ma le scelte operate tra il Siviglia e l’Inter sono censurabili. Se, infatti, mercoledì in Champions aveva rinunciato a Pjanic (il secondo acquisto più costoso del mercato), contro l’Inter ha fatto sedere in panchina Gonzalo Higuain (90 milioni di clausola, il più costoso della storia d’Italia). All’argentino Allegri ha regalato poco più di una ventina di minuti nei quali, su un pallone in mezzo, Higuain si è esibito in una girata di testa fuori di pochissimo. Mi chiedo: ma la Juve ha comprato Pjanic ed Higuain per utilizzarli part time? Evidentemente no, però Allegri li tratta come due comprimari. 

    C’era, poi, e c’è ancora un problema a centrocampo, dove non è mai stato sostituito Pogba. Asamoah è inadatto (con Conte faceva l’esterno) perché ha sempre un tocco di troppo. Pjanic non è ancora un regista (e forse non lo sarà mai), Khedira è stanco (questa volta la Juve ha perso anche se in campo c’era lui). Dopo l’1-1, andava cambiato modulo (4-4-2), inserendo Cuadrado. Tutte cose che Allegri sapeva e faceva, ma che adesso colpevolemente ignora.

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