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    Toromania: l'Urbano furioso. Ma perché Cairo si è arrabbiato così tanto?

    Toromania: l'Urbano furioso. Ma perché Cairo si è arrabbiato così tanto?

    • Andrea Piva
    Così stizzito di fronte a una domanda, Urbano Cairo non lo si vedeva da molto tempo. Eppure sembrava essere la serata perfetta per riportare un po’ di serenità all’interno dell’ambiente: il Torino aveva appena vinto contro il Lecce, i tifosi erano contenti, Juric aveva anche espresso la volontà di restare a lungo a patto di veder assecondate le proprie ambizioni e quelle della piazza. E allora cos’è che ha fatto così arrabbiare il presidente tanto da rispondere “Non me ne frega un ca**o”, quando gli sono state riportate le dichiarazioni dell’allenatore? Forse non era interessato all’ennesimo capitolo della questione rinnovo del contratto, diventata ormai una telenovela che va avanti da un anno. Forse è il tergiversare di Juric il problema, il voler prendere tempo, il non fidarsi ciecamente della società, ad avere disturbato il presidente. O forse a infastidire Cairo è stato quel continuo parlare di Europa, di ambizioni, da parte dell’allenatore. 

    Erano anni che in casa Torino non si parlava così espressamente di Europa, di ambizioni di crescita, come ha fatto Juric nelle ultime settimane. Il tecnico croato è stato il primo a esprimere senza giri di parole quello che è il pensiero dei tifosi, schierandosi sul loro stesso fronte, in contrapposizione a quanto più volte dichiarato da Cairo: un campionato tranquillo di metà classifica, con un nono o decimo posto, non è un buon risultato. Il Toro non può vivacchiare, deve avere ambizioni importanti, quelle che lo stesso Cairo sbandierava nei primi anni di presidenza salvo poi fare marcia indietro e il limitarsi a un “migliorarci” ogni volta in cui gli sono stati chiesti gli obiettivi, appellandosi alla scaramanzia pur di non sbilanciarsi. Avranno modo di parlarsi e spiegarsi i due principali protagonisti di questa storia, Cairo e Juric, forse anche di raggiungere un accordo per il rinnovo del contratto, ciò che conta alla fine è il bene del Toro. E il bene del Toro non è vivacchiare a metà classifica ma puntare più in alto, a prescindere da chi sarà l’allenatore nel futuro.

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