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Toromania: c'era una volta il Toro. Ora serve un atto di fede per credere alla salvezza
Bremer non è mai entrato in partita, Vojvoda e Singo non ne hanno azzeccata una sulla destra, Sanabria e Mandragora sono sembrati dei sosia di quelli arrivati a gennaio e apprezzati finora, Lukic inguardabile. E l’elenco potrebbe ancora continuare. E vien quasi da ridere, se non piangere, a rileggere le parole di Mandragora nel prepartita, un attimo prima che lo Spezia si trasformare nel peggior incubo possibile. “Metteremo in campo rabbia e orgoglio” aveva dichiarato il centrocampista, ma nei 95 minuti di partita non si è visto nulla di tutto ciò. Non si è visto neppure un po’ di amor proprio, di voglia di provare a invertire quella rotta intrapresa da mercoledì scorso.
Avrà il suo bel da fare Nicola in questa settimana per portare a riva quella che dalla partita contro il Milan a oggi sembra, più che una squadra di calcio, una barca con falle ovunque che continua a imbarcare acqua. “Vogliamo salvarci” ha assicurato l’allenatore anche ai tifosi nel confronto avuto ieri al ritorno dalla trasferta di La Spezia. Non resta che fidarsi, ragionare con il cuore e non con la mente, perché guardando le prestazioni delle ultime due partite è difficile credere razionalmente che il Torino possa fare meglio contro Lazio e Benevento. Ci vuole un vero atto di fede per farlo.