Toromania: bravo Mihajlovic, parole e gesti da vero Toro
LA GRINTA
“Il toro è abituato a stare nell'arena, a combattere senza paura. Per questo anche il mio Toro in tutte le partite dovrà lottare e combattere, ma giocheremo anche bene al calcio”. Se Cairo ha presentato Mihajlovic come un tremendista, un nuovo Gustavo Giagnoni un motivo ci sarà. Le parole del serbo sembrano far ritornare il Toro ai fasti degli anni '70, a capitan Ferrini, ad una squadra fatta di cuore e non solo piedi buoni. Se anche il suo Toro sarà effettivamente così sarà il campo a dirlo, l'epoca dell'infinita melina difensiva sembra però essere terminata.
L'AMBIZIONE
"Io sono uno che è abituato a giocare per vincere, non per non perdere. Ho parlato col presidente e con Petrachi: sono ambiziosi quanto me. Faremo di tutto per andare in Europa, quello è il nostro obiettivo". No, non si può proprio dire che Mihajlovic si sia nascosto dietro ad un dito. Qual è il suo obiettivo e qual è quello del Toro lo ha detto chiaramente: l'Europa. L'allenatore serbo non l'ha negato per paura di non riuscire a raggiungere l'obiettivo e, se non dovesse farcela a qualifcarsi ad una competizione continentale non parlerà di salvezza, decimo posto o del bilancio come obiettivi primati raggiunti. Anche da questo si misura la mentalità vincente: Mihajlovic ce l'ha e ha promesso di infonderla alla propria squadra.
IL SENSO DI APPARTENENZA
“Questa è una società epica che fa venire voglia di vivere con la sua sciarpa al collo, segno di appartenenza ai colori e rispetto per gli eroi che hanno indossato questa maglia. Tutti i giocatori che verranno a Torino devono essere ambizioni e i calciatori che già ci sono resteranno solo se saranno determinati”. Mihajlovic non pregherà nessuno di venire al Toro o di restare, quello che traspare è che il tecnico serbo vuole costruire una squadra fatta da calciatori fieri di indossare la maglia granata. Insomma, il Toro come un punto d'arrivo. Difficilmente sentiremo Mihajlovic lanciare i migliori giocatori verso altri lidi con frasi del tipo: “È pronto per una grande squadra”.
L'UMILTÀ
“Chi mi conosce sa che non mi piace fare appelli ai tifosi, ma questa volta uno lo voglio fare: spiegate a me e ai ragazzi che arriveranno in questa società cos'è il Toro. Se noi riusciremo a sentire sulla nostra pelle la gioia per ogni vittoria o il dolore per la sconfitta che prova ogni tifoso allora sì che questa può essere una grande stagione”. Mihajlovic vuole capire cos'è il Toro, lo ha dimostrato anche a Superga facendosi raccontare nei dettagli la storia di Oreste Bolmida (il trombettiere del Filadelfia che suonando il suo strumento caricava dalla tribuna Mazzola e comapgni) e le cause dell'incidente aereo che è costato la vita ai giocatori del Grande Torino. Vuole che anche i suoi giocatori capiscano cos'è il Toro e per far in modo che questo accada ha chiesto aiuto ai tifosi. Tifosi a cui aprirà le porte del Filadelfia anche se le cose dovessero andare male e contesteranno. Altro che ambiente ostile, per Mihajlovic i tifosi sono una risorsa in più.
IL RISPETTO PER IL PASSATO E LA STORIA
“Qui si respirano le pagine più belle e drammatiche della storia del calcio. Si dice che gli eroi sono sempre giovani e belli. E giovani e belli muoiono per restare leggende. Il Toro ha vissuto questo e ho chiesto al presidente di essere accompagnato a Superga per omaggiare il Grande Torino. Noi, io per primo, dobbiamo essere all'altezza, lo dovremo essere sempre, ogni minuto, di quegli eroi”. Dalle parole ai fatti. Finita la conferenza stampa Mihajlovic ha visitato prima il Filadelfia, poi è salito a Superga con un mazzo di fiori in mano che ha deposto davanti alla lapide che ricorda il Grande Torino. Ha fissato quella lapide in rispettoso silenzio e poi ha iniziato a farsi raccontare la storia di quella squadra.