Timossi: il Dandy porta Ibra alla Roma
Rin Tin Tin, Ibra e lo Specialone. Partiamo dal sogno di Rin Tin Tin. E’ successo domenica notte, dopo un fine settimana di infinite lamentazioni. Per primo si è lamentato Menez. Dopo i gol al Cagliari ha teso l’orecchio verso i tifosi di San Siro. Poi il “falso” 9 milanista si è accorto che i tifosi non c’erano, quindi era meglio prendersela con chi c’era. Ovvero la solita spudorato critica. Sono quelli che si permettono di avanzare degli appunti sul suo rendimento incostante del francese, ma senza “conoscermi”, pensate un po’. (Minimo) Mario Balotelli ha fatto di più, ha fatto di peggio. Sostiene Balo: “Chi non mi conosce non può permettersi di criticarmi”. Lo ha detto in un video, così ha ristretto parecchio il cerchio dei BaloScettici, riuscendo comunque a non azzerarli del tutto.
In serata poi ci ha pensato Riffa-Rafa Benitez. Poco prima di Natale aveva giurato che non avrebbe più parlato degli arbitri. Domenica notte, dopo il pareggio contro l’Atalanta, il tecnico del Napoli ha strepitato contro il gol dei lombardi, realmente viziato da un fallo. Poi, giusto per far buon peso, BenitezNonparloPiù pretendeva pubbliche scuse da Massimo Mauro. L’ex calciatore aveva osato criticarlo dagli studi di Sky. Mauro ha tenuto la posizione, per quanto mi riguarda ha fatto bene. E Riffa-Rafa ha dovuto incassare un altro pareggio.
Infine Morgan De Sanctis: il suo è stato un lamento impegnato, stile Sessantotto. Lamento articolato, espresso dal portiere della Roma dopo la vittoria contro l’invincibile Cesena. Alla partenza dalla capitale la Roma era stata (civilmente, va detto) un po’ spernacchiata e un po’ spronata dai tifosi. E in viaggio verso Cesena era arrivato sui giallorossi il duro monito del Viminale. Al ministero degli Interni non era piaciuto il comportamento dei giocatori giallorossi dopo l’ultima gara interna contro la Fiorentina. Per chiedere scusa del ko contro la Fiorentina e dell’eliminazione, i giocatori avevano accettato di andare sotto la curva a dare spiegazioni. Per gli uomini del ministro Angelino Alfano si tratta di un comportamento censurabile, un evidente segnale di complicità e sottomissione alle richiesta degli ultrà. De Sanctis non ha parlato di complicità, ma ha confermato la sottomissione. Lo ha fatto ribadendo il proprio ruolo di esponente del sindacato calciatori. E in quanto tale si è sentito in dovere di sottolineare quando segue: “Nessuno ci aveva detto di non andare sotto la curva”. Quindi nessuno lo ha tutelato. L’equazione è sbilenca, ora bisognerà capire se De Sanctis abbia o no la facoltà di capire cosa è giusto e cosa invece è sbagliato fare. Al momento pare non abbia ancora questa facoltà, ma una risposta certa si avrà a fine stagione, quando partirà la rivoluzione in casa Roma.
Ed eccoci a Rin Tin Tin. Quando ero bambino, a metà degli anni Settanta, era il mio telefilm preferito. Adoravo la bontà del pastore tedesco (Rin Tin Tin) e del suo piccolo padrone Rusty. E ancora oggi, quando il gioco si fa duro, penso a loro. Penso: se forte Apache è sotto i Nostri arrivano sempre. Ecco perché ho sognato Rin Tin Tin domenica notte. Devono essere state le lamentazioni degli assediati Menez, Balotelli, Benitez e De Sanctis. Arrivano i nostri, però fate attenzione: in Rin Tin Tin gli indiani erano sempre i cattivi, le giubbe blu erano i buoni. Però la vera storia è un’altra: le giubbe blu sono andate in casa dei nativi americani e gli hanno sterminati.
Rin Tin Tin è andato, veniamo a Ibra. Domenica a Stop&Gol ero in compagnia di Alessandro Roja. Per me fino a ieri sera Roja era il Dandy di Romanzo Criminale. Ieri l’ho visto fare il poliziotto nelle prime due puntate di 1992, la serie di Sky Atlantic dedicata a Tangentopoli. Aspettavo una serie così da vent’anni: all’epoca ero un giovane cronista di giudiziaria per Liberazione, quotidiano comunista. Credevo in un mondo decisamente migliore, al momento sono piuttosto deluso. La serie tv, invece, non mi ha deluso. Roja è uno splendido attore, ieri lo ha confermato. Domenica ho scoperto anche altro: vive di Roma ed è sposato con Claudia Ranieri, la figlia di Claudio Ranieri, già allenatore della Roma e romanista toujours.
Roja ha ragione: quest’estate la Roma deve comprare Ibrahimovic. Anche se il suo agente Raiola dice che per la Roma è troppo caro, anche se a gennaio il suo trasferimento a Trigoria era stato smentito, anche se a ottobre compirà 34 anni. Batistuta sbarcò nella Capitale a 31 anni e vinse lo scudetto. La Roma di Sabatini ha peccato di fantasia: troppo giovani al potere. Per vincere bisogna saper vincere. E Roja ha ragione ci vuole Ibra. Io aggiungo pure che ci vorrebbe suo suocero in panchina, che a Ranieri andrebbe data la possibilità di allenare ancora la sua squadra del cuore. Nessuno negli ultimi anni ha fatto meglio di lui sulla panchina giallorossa, nessuno alla prima stagione: 80 punti conquistati nel 2009-2010, media personale più alta di qualsiasi collega, visto che subentrò alla seconda giornata di campionato. E Ranieri, lo Specialone romanista, merita anche la possibilità di allenare una squadra competitiva: eroe di un Chelsea squattrinato venne liquidato dal neo presidente Abramovich, architetto della rinascita juventina la portò subito in Champions e poi venne cacciato in malo modo, terzo in classifica a due gare dalla fine del campionato. Daje, si può sognare: Ranieri in panchina, Ibra a Roma, Roja e Rin Tin Tin in tv.
Giampiero Timossi