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    Timossi: il tradimento di Zeman

    Timossi: il tradimento di Zeman

    Z, partiamo dalla fine. Il Cagliari ha esonerato Zola e richiamato Zeman. "Eccomi", ha risposto Zeman.  La novità sta qui.

    Zdenek è stato il maestro della magnifica ossessione, del sogno che diventa illusione. Zeman era la forza della diversità, il sale del vivere schiena dritta e testa alta. Poi, dentro un lunedì di marzo dell’anno 2015, l’uomo che viene dalla Boemia ha dimenticato le diversità, ha abbracciato la normalità ed è tornato a sedere sulla panchina dalla quale lo avevo fatto sloggiare a calci.

    "Sono tornato per i tifosi", ha detto.  Non è vero, almeno non del tutto, anche se una buona parte dei tifosi del Cagliari non aveva mai accettato il suo esonero, si erano schierati apertamente contro la sua cacciata, avevano lanciato una crociata sul web e per quel che conta io mi ero schierato con loro. Zeman è tornato perché "va bene così" e perché così fanno tutti.

    Anzi, quasi tutti, perché Marco Giampaolo per esempio non lo aveva fatto ed era sempre una storia isolana. L’allenatore era stato cacciato da Cellino e quando il presidente lo aveva richiamato Giampaolo aveva fatto coriandoli del suo contratto, detto no e quel che più conta rinunciato ai quattrini dell’ingaggio e cioè al suo stipendio. Giampaolo, che poteva allenare la Fiorentina del dopo Prandelli, che incontrò l’allora vertice bianconero Blanc-Secco per diventare il nuovo allenatore della Juventus, adesso siede sulla panchina della Cremonese. Va bene, ma a me non importa un accidenti e credo ancra che Giampaolo resti “da Juventus” e soprattutto resta il mio eroe. Il mio e di quelli che credono ancora nella forza della diversità.

    Non giudico Zeman, non mi permetto di farlo con nessuno e tantomeno con lui, ma ho cambiato idea. Sul mio amato Charuto avevo detto che senza la sua presenza e dopo il suo esonero la serie A non mi interessava più, intanto la Juventus aveva già vinto l’ennesimo scudetto e la lotta in coda sarebbe comunque stata falsata dal caos Parma (come poi è realmente accaduto).

    Avevo anche scritto "ridatemi Zeman" e di questo adesso mi pento. Nel senso che lo rivolevo, ma non così. Volevo la sua diversità, volevo che per un momento spegnesse la sigaretta, giusto il tempo di fare una pernacchia al presidente del Cagliari del quale non mi va neppure di ricordare il cognome. Avrei preferito che questo signore del calcio si frugasse nelle tasche e chiamasse quel gentiluomo di Ranieri o Serse Cosmi, altro allenatore che per me resta sottovalutato. Oppure avrei gradito che il signor Cagliari avesse avuto il coraggio di confermare Zola, che alla fine dal pasticcio sarebbe uscito. Tutto mentre Zeman rideva sotto la sigaretta. Invece no, hanno ammazzato due volte il mio amato Boemo. Forse il calcio va così, ma su questo piagnisteo non voglio dilungarmi.

    Un mio amico, bravo operatore e brillante osservatore del business del calcio, ieri mattina mi proponeva uno spunto: l’esonero di Zola, i fallimenti milanisti di Seedorf e poi di Inzaghi, dimostrano che in Italia il “guardiolismo” ha fallito. Cioè non tutti sono come Pep Guardiola, non basta essere stato un buon giocatore (Inzaghi un campione non era) per diventare anche un buon allenatore. Non credo sia così. Il guardiolismo all’italiana era una "cagata pazzesca" (citazione fantozziana, ovvio). Lo era o forse lo sarà  perché si è sviluppato partendo da un principio per me decisamente discutibile: dar sempre ragione al capo, a chi mette i quattrini, a chi paga gli stipendi. Per questo Berlusconi non ha mai voluto al Milan uno come Donadoni. Per questo Bellotto (capite Bellotto, senza offesa, ma Bellotto) quando venne esonerato Zeman trovò il coraggio e pure lo spazio per esprimere un commento che riassumerei così: "Ben gli sta, a Coverciano ci insegnano che un allenatore deve saper mediare". Forse quella sera Zeman non sapeva cosa fare e ascoltava Bellotto. Forse è andata davvero così.  Un vero peccato per noi diversi. 

     

    Giampiero Timossi


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