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    Thiaw dimostra che il mercato non è tutto un flop: Pioli lavora per se stesso o per il Milan?

    Thiaw dimostra che il mercato non è tutto un flop: Pioli lavora per se stesso o per il Milan?

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    Il campo raramente dice il falso e nelle ultime settimane, oltre al pubblico di San Siro, ad ergersi a giudice dell’involuto Milan di Stefano Pioli è sempre più presente e pressante la tribuna dei social. Che non potrà certo essere presa in considerazione oltre certi limiti ma che al suo interno è popolata anche da persone che dimostrano di avere una lucidissima capacità di analisi nelle vicende a tinte rossonere. E in una stagione come questa, costellata di incognite ed interrogativi che hanno accompagnato e continuano ad accompagnare il club campione d’Italia, un tema emerso con una certa ricorrenza è quello legato alla gestione dell’organico a disposizione da parte dell’allenatore.

    La solida prestazione del tedesco Thiaw contro il Torino, finalmente dal primo minuto dopo sprazzi interessanti ma molto dilazionati nel tempo, ha confermato che non tutte le operazioni in entrata condotte dalla società la scorsa estate possono considerarsi dei flop. Perché per ciascuno di loro vale in prima battuta l’attenuante generica di un impiego in campo pressoché nullo o comunque non sufficiente da generare giudizi così perentori. Prima di ieri, il centrale capitano dell’Under 21 della Germania aveva messo assieme la miseria di 142 minuti in 5 apparizioni. Pioli avrà certamente gli strumenti e le conoscenze in mano per valutare quotidianamente il processo di inserimento e di adattamento di un calciatore - a maggior ragione se giovane e magari proveniente pure da un altro campionato - ma il campo, lo ribadiamo, non mente quasi mai e le prove offerte nel tempo da Gabbia o le precarie condizioni fisiche palesate da Kjaer dopo il suo ritorno in campo dal grave infortunio della stagione scorsa sono dei fatti altrettanto incontrovertibili.

    Il discorso è assolutamente applicabile pure per Adli e Vranckx, sempre più oggetti misteriosi e corpi estranei di una squadra che, se un errore è stato fatto e pure bello grosso, è quello di non godere di un giocatore di alto profilo capace di alternarsi con Tonali e Bennacer. L’anno passato c’era Kessie, andato via come uno qualunque nonostante fosse la pietra angolare della mediana e rimpiazzato con due prospetti di belle speranze e poco più. Il francese, acquistato nell’estate 2021 per 8 milioni di euro e lasciato in prestito in Francia per proseguire il suo cammino di apprendimento, è l’uomo delle amichevoli. Nelle quali, tra estate ed inverno, ha palesato lampi di talento a cui però non è corrisposto quanto meno un tentativo di inserirlo nelle rotazioni della squadra. Il belga è un enigma di ancora più complicata risoluzione, visto che prima della pausa di novembre aveva messo in fila un paio di ingressi niente male a partita in corso, ma che da gennaio ad oggi è finito nel dimenticatoio.

    Per non parlare del caso più eclatante dell’intera campagna acquisti dell’agosto 2022, De Ketelaere. L’ex enfant prodige del Bruges sta assumendo sempre più le sembianze del grande equivoco, del vero motivo di dibattito interno, tra Pioli e i suoi dirigenti, sul suo reale valore e soprattutto sulla sua utilità dal punto di vista tattico. Ingaggiato a suon di milioni come uomo in grado di far fare il salto di qualità sulla trequarti (per chi vi scrive è una seconda punta, che ha bisogno di più spazi e di meno compiti tattici), è diventato invece la riserva di Brahim Diaz, giocatore sul quale la guida tecnica del Milan sembra volersi giocare buona parte delle sue fiches e le sue chance di chiudere in positivo una stagione che ha preso una piega decisamente inquietante in questo primo scorcio di 2023.

    Il paradosso è che lo spagnolo continua a balbettare, risultando spesso controproducente per i suoi compagni col suo modo di giocare, e soprattutto non è un asset del club, essendo in prestito fino a giugno dal Real Madrid. La domanda spontanea che viene da farsi a questo punto della stagione è la seguente: Pioli sta cercando di tirare fuori dalle secche più se stesso o il Milan? Il suo lavoro, ovviamente basato e parametrato sui risultati che saprà cogliere da qui a giugno, non dovrebbe contemplare - come ha dimostrato di saper fare in passato - anche la valorizzazione degli investimenti fatti dalla società?
    Il rendimento molto al di sotto della sufficienza di Kjaer e Gabbia in difesa, lo scadimento evidente di forma di Tonali e Krunic in mezzo al campo, l’inconsistenza dei vari Diaz, Rebic e Messias alimentano come minimo qualche sospetto sulle rotazioni compiute da Pioli soprattutto negli ultimi mesi. Il campo ha parlato e continua a farlo e raramente dice il falso.
     

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