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    Speziamania: la 'vergogna' del contropiede

    Speziamania: la 'vergogna' del contropiede

    • Gianni Salis
    Esattamente un anno fa a Cesena ci presero a pallonate, proprio come ieri,  ma tra errori clamorosi sotto porta e tre interventi miracolosi di San Provedel impattammo 0-0. L’atteggiamento fu identico, spregiudicato, lasciando campo aperto ed ampie praterie alle scorribande nerazzurre, ai contropiedi (o ripartenze che dir si voglia). Insomma fu (e si è ripetuto ieri) come andare alla guerra provvisti unicamente di moschetti mentre l’avversario dispone di divisioni corazzate. Per altro di ultima generazione.

    Ecco in tutto ciò non abbiamo colto l’umiltà di cui parlava il nostro soldato Thiago alla vigilia del match contro l’Atalanta che, va sottolineato, non ha certamente bisogno di essere aiutata, fatta accomodare a tavola e servita su piatti di metallo prezioso. Si sarebbe perso ugualmente? Probabilmente sì, visto che la qualità tecnica  di cui dispone il club orobico è lontana anni luce dalla nostra: soltanto quella espressa dagli ingressi dei ‘panchinari potrebbe cambiare la stagione (in meglio) a qualsiasi squadra che attualmente staziona nella parte destra della classifica, così per dire.

    Ecco, detto questo, ci permettiamo di dissentire dal nostro mister su come ha inteso affrontare i panzer nerazzurri. Avremmo voluto vedere proprio quella maggiore umiltà decantata alla vigilia, ma proposta sul rettangolo verde con un atteggiamento più accorto, con spazi ristretti, esattamente come aveva proposto contro il Torino, perché per vincere, o quanto meno non perdere, bisogna saper soffrire. In ogni parte del campo. Perché per provare a far male, ad impensierire c’è sempre tempo, tanto più se sono gli altri a concederti spazi aperti per giocare. In questo dogma di ‘dover fare la partita’ sempre e comunque noi non crediamo. Perché una squadra intelligente ed umile deve sapere e capire quando può e quando non può, anche all’interno degli stessi 90 minuti: la famosa ‘lettura’ del match. Altrimenti è andare allo sbaraglio, sperando nella buona sorte, in una zolla, in un palo o nella giornata-sì del portiere.

    Ma oltre alla gara bisogna anche saper leggere il campionato, o meglio, il turno che ti propone, e quello contro gli orobici, proprio per l’abissale differenza tecnica andava letto in maniera opposta. Questo significa stare lì a prenderle come uno sparring-partner qualsiasi? Ma manco per sogno. Ripetiamo all’interno di una partita esistono tanti momenti e tante chiavi di lettura, altrimenti diventa fin troppo semplicistico fare l’allenatore. E non è una vergogna rifugiarsi nell’italica pedata del contropiede. Anzi. Ci vuole sapienza costruttiva nell’impostarlo e tecnica nel condurlo e concluderlo. La costruzione di un pareggio o di una vittoria passano secondo noi dalla capacità e dal sapersi difendere per poi attaccare e non viceversa: le salvezze passano soprattutto da lì.
     

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