
Sogno e incubo, la stagione 2001/2002 del Bayer Leverkusen: come perdere tutto in 11 giorni
Se si parla di stagioni da incubo non si può non citare quella vissuta dal Bayer Leverkusen nel 2001/2002. In quell’annata irripetibile, le Aspirine sublimarono il concetto di veder sfumare sul rettilineo finale non uno, non due ma tre successi che sembravano ormai a un passo. Vi raccontiamo il Triplete mancato di quella squadra che da allora in avanti divenne per tutti il Neverkusen.
LA PREMESSA - Il Bayer Leverkusen nasce nel 1904 come squadra del dopolavoro aziendale dell’omonimo colosso farmaceutico tedesco che trasforma una tranquilla città di 160 mila abitanti, alla periferia di Colonia, nel suo quartier generale. Con gli anni il club scala il calcio tedesco e diventa un habitué della Bundesliga. Ci arriva per la prima volta nel 1979 e non la lascia più, non essendo mai stata retrocessa da allora. Viene costruita la BayArena, un gioiellino da 30mila spettatori, tutto a portata di mano per una realtà piccola ma ambiziosa. Lo sono anche i progetti tecnici che crescono man mano, come gli investimenti, e portano il piccolo Bayer a consolidarsi come una realtà del calcio tedesco. Arriva il primo trofeo ed è internazionale: la Coppa Uefa del 1988, vinta in rimonta sull’Espanyol. Cinque anni dopo ecco anche la prima affermazione nazionale, la Dfb-Pokal, la coppa di Germania, conquistata nel 1993 ai danni della seconda squadra dell’Hertha Berlino. Sembra l’inizio di una storia di successi ma in realtà è la fine. Da lì in avanti infatti i rossoneri diventano gli eterni secondi, i “Vize-kusen”, per dirla alla tedesca, o il “Bayer Neverkusen”, per essere più internazionali. Trofei non ne arrivano più ma solo piazzamenti: le Aspirine saranno tre volte seconde (1997, 1999 e 2000) e due volte terze (1994 e 1998).
I TRASCORSI – È soprattutto quello del 2000 il secondo posto che più brucia ai tifosi del Bayern. La maledizione della Bundesliga sembrava infatti potesse essere scacciata proprio nel primo anno del nuovo millennio. È sabato 20 maggio 2000, ultima giornata di campionato, e il Bayer ha tre punti di vantaggio sul Bayern Monaco. Il calendario è magnanimo e riserva una trasferta in casa dell’Unterhaching, sobborgo proprio della Baviera, neofita nel massimo campionato e già salvo: basta fare un punto ma la squadra del compianto Daum crolla e perde 2-0 con annessa autorete della stella Ballack. Il Bayern fa il suo e non si lascia scappare l’occasione: 3-1 al Werder Brema e titolo per un +7 nella differenza reti. È uno scossone che scrolla alle radici un gruppo che – arriverà quarto un anno dopo – ma è ancora giovane, forte e ha margini di crescita. Quel Bayer Leverkusen è infatti frutto di un grande lavoro di scouting sul mercato dove venivano scovati campioni da sgrezzare in ogni parte del mondo, levigati poi per il calcio tedesco e per quello europeo. La lista è lunga e piena di talenti: il Puma Emerson, Zé Elias, i fratelli Kovac, Zé Roberto, Lucio, Placente, Basturk, Berbatov. Questi solo alcuni dei calciatori fatti arrivare in quegli anni a rinforzare una squadra che poteva contare anche su una granitica base di giocatori tedeschi di assoluto livello come lo stesso Ballack, Neuville, Schneider, Kirsten, Ramelow, Butt e Nowotny. Un processo di crescita simil Atalanta – e il confronto non è casuale – che portò questo club col tempo ad uscire dalla mediocrità per intraprendere la strada dell’élite del proprio calcio nazionale. Furono diverse le versioni apprezzabili del Bayer, nessuna però migliore di quella dell’annata 2001-2002 quando si unirono in un mix esplosivo qualità, ambizioni e delusioni. Nel 2001 arrivò in panchina Klaus Toppmoller dopo buoni trascorsi a Francoforte e a Bochum, da dove si portò Basturk. Con il turco però portò anche un’idea di calcio moderno, offensivo, spregiudicato, divertente e vincente. Nell’annata maledetta, davanti a Butt, la difesa era retta da Nowotny e Lucio, due centrali forti, abili nell’uno contro uno, affidabili e con velleità anche offensive, soprattutto per il brasiliano. Sapevano tenere alta la linea anche se lasciati da soli. In più davanti a loro si ergeva Ramelow mediano vecchio stampo. Terzini di spinta Sebescen – e Zivkovic – e Placente. Davanti a loro partivano dalle fasce ma con licenza di accentrarsi due trequartisti mascherati come Schneider e Zé Roberto che facevano il paio con i veri uomini di inventiva, ossia Ballack e Basturk, liberi di spaziare e creare. A segnare e fare da guastatore ci pensava Neuville, seconda punta col vizio del gol, coadiuvato spesso dagli ingressi dalla panchina del vecchio Kirsten e del giovane Berbatov.
IL CAMPIONATO - Nel 2001/2002 pare finalmente non essercene per nessuno, ovunque. Il Bayer Leverkusen domina, si prende il titolo di campione d’inverno e, nonostante un breve interregno in vetta del Borussia Dortmund, gioca da migliore squadra del Paese. È tutto pronto per il primo titolo, per il primo Meisterschale. Dopo un sonoro 4 a 0 ai rivali, a quattro giornate dalla fine, il margine sui gialloneri di 4 punti è rassicurante ma, un’altra volta, si spegne la luce. Nei successivi tre turni - dalla trentunesima alla trentatreesima giornata – arriva un solo punto: pari ad Amburgo, ko interno con il Werder Brema e a Norimberga. Il Borussia vince due volte e, a 90 minuti dal termine del torneo, ritorna primo. Il 4 maggio 2002 il Bayer batte l’Hertha, ma il Dortmund fa altrettanto con il Werder, aggiudicandosi la Bundesliga di un solo punto.
LA COPPA DI GERMANIA – La botta è ancora più pesante ma non c’è tempo per leccarsi le ferite. La squadra di Toppmoller infatti si è distinta non solo in campionato ma anche nelle coppe. In quella nazionale, nonostante qualche brivido, è arrivato di gran carriera in finale. E la gioca, da super favorita, l’11 maggio, una settimana dopo la delusione della Bundesliga. Di fronte, a Berlino, c’è lo Schalke 04. Apre il conto Berbatov e, anche stavolta, tutto pare volgere per il meglio. La ripresa però è tragica e i rossoneri vengono sommersi da 4 gol, cui risponde solo Kirsten. È 4-2 per la squadra di Gelsenkirchen, è il secondo trofeo sfumato in pochi giorni, quello che ormai sembrava più alla portata.
LA CHAMPIONS LEAGUE – C’è un’altra finale infatti che aspetta il Bayer e questa è sì ai limiti del proibitivo. Si gioca il 15 maggio 2002, a 4 giorni da quella di Berlino. È la finale di Champions League contro il Real Madrid e Ballack e compagni ci arrivano con le ossa rotta, sconfitti in partenza. Lo sono nel morale dopo le due batoste ricevute, nello spirito e negli uomini, visti un paio di infortuni e di squalifiche che minano l’ambiente nelle ore precedenti al match di Hampden Park a Glasgow. Eppure, nonostante di fronte ci siano i Galacticos, c’è partita e ci sarà fino alla fine. A giocarsi la gara più importante dell’anno, il Bayer ci era arrivato al culmine di un’annata incredibile e di un percorso irripetibile. Uno dopo l’altro, i tedeschi avevano fatto fuori colossi candidati alla vittoria finale, il tutto nello stupore generale che si era poi tramutato in sostegno per la parabola dell’underdog. Partiti dai preliminari, Ballack e compagni avevano estromesso dal torneo, nel secondo gironcino, Arsenal e Juventus e poi Liverpool ai quarti di finale e Manchester United in semifinale. La finale fu vibrante e spettacolare: all’iniziale vantaggio di Raul aveva risposto l’incornata di Lucio, al capolavoro balistico di Zidane però non seppe replicare nessuno, nonostante le numerose parate nel finale del subentrante Casillas. Finì 2 a 1, fu la nona Champions League degli spagnoli e la terza cocente delusione in pochi giorni per il Neverkusen. Un colpo questo da ko. Non bastarono i 23 gol di Ballack in stagione, i guizzi di Neuville, le sgroppate di Lucio, le 77 reti in 34 gare di campionato: in 11 giorni si sgretolò ogni sogno di una squadra che sembrava essere la squadra del destino e invece era solo quella del destino avverso. Due mesi dopo gli stessi Ballack, Butt, Schneider, Ramelow e Neuville persero anche la finale dei Mondiali con la loro Germania contro il Brasile. Da lì a poco in tanti lasciarono la squadra. I primi furono lo stesso Ballack e Zé Roberto, passati al Bayern Monaco nella stessa estate; qualche anno dopo li seguì anche Lucio. Nel 2002/2003 la magia si spense: Toppmoller fu esonerato alla 21esima, sostituito da Horster, cui a sua volta subentrò Augenthaler. La squadra riuscì a strappare un affannato quindicesimo posto in Bundesliga, a quattro punti dalla retrocessione. Di titoli non se n’è vista l’ombra neanche negli anni a venire, fino allo scorso anno, al 2023/2024 quando, a 22 anni di distanza dal mancato Triplete, le Aspirine sono riuscite a portare a casa la loro prima Bundesliga. La squadra di Xabi Alonso ha condotto un campionato eccezionale, non venendo mai sconfitta e sbaragliando la concorrenza. Un trionfo replicato anche in DFB Pokal, vinta per la seconda volta nella storia, e nella Supercoppa tedesca, conquistata per la prima volta qualche mese dopo. I rossoneri erano arrivati anche in finale di Europa League, persa però per 3 a 0 contro l’Atalanta. Per sfatare la maledizione europea servirà ancora del tempo.