
Sogno e incubo, lo "Scudetto" della Reggina 2006/2007: come una squadra condannata si salvò da -11
Questa domenica la Reggina fa visita al Castrumfavara, a Favara, comune di poco più di 30mila abitanti in provincia di Agrigento. Gli amaranto sono terzi nel girone I di Serie D, a 4 punti dal Siracusa. La risalita dall’abisso per quello che è ad oggi ancora il club calabro con più stagioni in Serie A è lunga e tortuosa. Un incubo se paragonato al sogno di quando la squadra del patron Foti si salvava con regolarità nel massimo campionato. E lo faceva anche quando la giustizia sportiva la obbligava a farlo partendo da un -15 in classifica. Era la stagione 2006/2007 e a Reggio Calabria tutti, alla fine, festeggiarono come se avessero vinto uno Scudetto, il loro Scudetto.
LA PENALIZZAZIONE – Fondata nel 1914, la Reggina toccò per la prima volta la Serie C nel 1945 e la Serie B nel 1965. La prima promozione in Serie A è datata invece 1999. Da allora la categoria fu tenuta per nove campionati di A, di cui sette consecutivi. Il miglior piazzamento resta un decimo posto ottenuto nel 2005 ma il vero miracolo arrivò nella stagione post Calciopoli. Il 7 agosto 2006 la Reggina veniva deferita per violazione degli articoli 1 e 6 del regolamento federale (illecito sportivo). Il suo presidente, Lillo Foti, aveva usufruito di vantaggi attraverso il controllo delle designazioni arbitrali, come appurato dalle intercettazioni telefoniche delle sue conversazioni con il designatore Paolo Bergamo, e per questo fu squalificato per due anni e sei mesi, poi ridotti a un anno e un mese. La sanzione per il club? Quindici punti di penalizzazione da scontare nel campionato di Serie A 2006-2007. Nel dicembre dello stesso anno i punti verranno ridotti a 11.
LA SQUADRA – Da due anni, sulla panchina di Reggio c’è Walter Mazzarri, giovane allenatore in rampa di lancio, alle sue prime esperienze in Serie A. Foti si è affidato a lui e ha ottenuto due salvezze consecutive con grande agio. L’ultima era addirittura arrivata toccando quota 44 punti. L’estate però passa come un ciclone e rimescola le carte. Salvarsi dal -15 è ai limiti dell’impossibile. Mazzarri non scappa ma chissà se in cuor suo anche solo pensasse all’impresa. Ai media dice: “Così è quasi impossibile, in un certo senso è come non farci partecipare alla A”, ai suoi, al chiuso degli spogliatoi, fa un appello: “Proviamoci, chi non se la sente, può andare via”. Grossi aiuti dal mercato non arrivano, la società sa bene che quella sarà una stagione di penitenza e quindi meglio non sperperare troppi soldi. Lasciano il club pilastri come Cozza e Paredes, giocatori utili come Biondini e Franceschini, così come Vigiani che però tornerà a gennaio. In entrata ecco Aronica ed Amerini, a gennaio al Granillo arriverà anche Foggia. La rosa è ampia, la stella è Nicola Amoruso, tanti sono i gregari, molte meno le speranze di farcela. Tra i pali si alternano Pelizzoli e Campagnolo. In difesa gli arcigni Aronica, Lanzaro e Alessandro Lucarelli, cui danno una mano talvolta Giosa e Di Dio. Gli esterni del 352 di mazzarrismo puro sono Mesto e Modesto, in mezzo al campo lottano e governano Amerini, Giacomo Tedesco, Tognozzi, Missiroli, Vigiani e comprimari come Gazzi, Carobbio e Nardini. La qualità è affidata a Leon, prima che partisse per Genoa a gennaio, e a Foggia poi, i gol alla coppia Rolando Bianchi-Nicola Amoruso, con il danese Nielsen a fare da riserva.
IL PERCORSO - Che qualcosa di strano sia nell’aria lo si capisce però dalle prime sgambate. Arriva sì un preoccupante ko con la Cisco Roma, squadra di C2, impreziosita dal 38enne Di Canio, ma anche una prestazione quasi persa nella leggenda contro il Real Madrid. È il 3 agosto 2006 quando, nel ritiro di Graz in Austria, la squadra di Mazzarri tiene testa ai Galacticos di Capello. In campo per gli avversari ci sono Casillas, Ramos, Van Nistelrooy, Cassano, Roberto Carlos, Robinho e Beckham, eppure gli amaranto tengono testa agli spagnoli che vincono solo per 1 a 0 con gol di Raul. Che questa squadra abbia qualcosa di speciale? Iniziano a chiederselo a Reggio Calabria. L’inizio del campionato però è scioccante. Dopo 27 minuti, la Reggina è sotto 3-0 a Palermo. È in questo frangente che Mazzarri vara il doppio centravanti nella ripresa, ottenendo la reazione sperata. Rolando Bianchi fa tripletta ma i gol del bomber non servono e alla fine vincono i rosanero. Un altro mattoncino però nella crescita della squadra è stato messo. La Reggina centra 5 punti nelle prime 5 partite poi batte la Roma in casa e svolta, sempre a piccoli passi. La penalizzazione d’altronde è pesante e lo zero in classifica arriva solo dopo la vittoria di Siena, all’undicesima giornata. La squadra non lascia mai le ultime tre posizioni in classifica, fino al 22esimo turno quando inizia a respirare con il diciassettesimo posto. Tra febbraio e aprile però arriva la crisi e si ripiomba nella zona calda.
LA SALVEZZA – Qualche pareggio di troppo rischia di mandare tutto all'aria. Alla 33esima la Reggina pareggia con l’Udinese ed è di nuovo diciottesima. Non è bastato un campionato di gran livello, non sono serviti a tanto tutti quegli sforzi, quelle vittorie negli scontri diretti contro il Cagliari, i sei punti con l'Ascoli, quelli a Torino, a Parma, i 4 gol al Catania, la vittoria nel derby dello Stretto contro il Messina, non è servito aver fermato l’Inter. A due giornate dalla fine, la Reggina è ancora terzultima e, anzi, all’intervallo della penultima partita, gli amaranto sono praticamente in Serie B. L’Empoli è avanti di tre reti ma verrà rimontato: il 3-3 del Castellani tiene in vita la squadra di Mazzarri ed è il preludio dell’ultima recita. La salvezza matematica, com'è d'uopo per storie del genere, arriva all'ultima giornata e in grande stile. È Il 27 maggio e Lucarelli e compagni rifilano un due a zero al Milan, fresco campione d'Europa e arrivato in Calabria con la testa vuota e la pancia piena, con le firme di Amoruso e Amerini. Sul campo, la Reggina chiude a 51 punti in 38 giornate di campionato, frutto di 12 vittorie, 15 pareggi e 11 sconfitte: è quintultima e salva. Senza la penalizzazione sarebbe arrivata ottava, in Intertoto. Al Granillo sono passate solo quattro squadre.
I PROTAGONISTI – L’artefice della salvezza è Walter Mazzarri. Dopo l’Acireale, la Pistoiese e la promozione in Serie A con il suo Livorno, l’allenatore toscano si prende la scena. “E’ un sogno, quando mi sveglio vi dico come ho salvato la Reggina”, dice a caldo. Passerà, qualche settimana dopo, alla Sampdoria, poi al Napoli e in entrambi i casi farà meraviglie. Bene al Torino, da dimenticare invece i suoi più recenti trascorsi con Inter, Watford, Cagliari e il suo ritorno a Napoli. Senza i suoi bomber però il tecnico di San Vincenzo avrebbe potuto ben poco. Bianchi ne fa 18, Amoruso 17 per un computo totale di 35. Il primo è “creato” da Mazzarri. Nella stagione precedente aveva giocato solo tre volte da titolare, anche a causa di alcuni infortuni. Di lui si diceva solo un gran bene nelle giovanili dell’Atalanta e in Under 21 azzurra, in estate Rolando si guadagna la chiamata del Manchester City di Sven Goran Eriksson che lo paga 13 milioni di euro e gli dà la numero 10. Non segnerà mai più con quella continuità se non nelle stagioni in B con il Torino. Il secondo invece ha avuto una carriera tanto particolare quanto affascinante. Passato dal Padova alla Juventus da ragazzo, Nick prometteva di essere un giocatore costantemente nel giro della Nazionale. Eppure non vestirà mai l’azzurro pur segnando 113 reti in Serie A e finirà per giocare in ben 13 squadre, lasciando ovunque un bel ricordo. Amoruso è uno di quelli che resterà mentre la diaspora proseguì con gli addii di Lucarelli, di Tedesco, di Mesto e di Amerini e con il rientro alla Lazio per fine prestito di Foggia. Tra di loro oggi ci sono opinionisti, allenatori, addetti ai lavori nei settori giovanili, direttori sportivi, imprenditori. È altamente probabile che, tutti insieme, non si siano mai più ritrovati da quel pomeriggio in cui trasformarono l'intera città di Reggio Calabria in una festa a cielo aperto. L’autobus che gli fece fare il giro del capoluogo calabro ci mise ore per passare in mezzo alle ali di folla che si riversarono per le strade. Sembrava la Reggina avesse vinto lo Scudetto e un po’ forse era così. Sulle t-shirt che indossavano durante i festeggiamenti campeggiava la scritta: “dA non crederci”. Ognuno di loro fu insignito della cittadinanza onoraria di Reggio Calabria ma c’è da scommetterci che qualcuno di loro, anche a distanza di 17 anni, ancora stenti a credere all’impresa di quella squadra.