
Sogno e incubo, lo scivolone di Gerrard: mai il calcio fu tanto crudele con una delle sue leggende
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LA STAGIONE
La Premier League 2013/14 è stata uno dei campionati più avvincenti degli ultimi quindici anni: tante squadre accreditate al via, tanto equilibrio, vari ribaltoni in testa alla classifica compreso ovviamente l'ultimo del quale andiamo a parlare più approfonditamente. L'Arsenal di Wenger è protagonista di una delle solite partenze a razzo cui siamo abituati ancora oggi con Arteta, e nelle prime 24 giornate tiene la testa solitaria per ben 16 giornate. Alla lunga viene fuori il Chelsea di Mourinho che a Stamford Bridge sembra imbattibile, mentre il Manchester City di Pellegrini, nonostante la rosa migliore sulla carta, non ingrana in trasferta e insegue per la maggior parte della stagione. Intento, nella metà rossa di Liverpool, Brendan Rodgers costruisce giornata dopo giornata un'alchimia incontenibile.
IL LIVERPOOL DELLE TRE S
Era, quello, un Liverpool pieno di esperienza, con un paio di giovani interessanti e due attaccanti in stato di grazia. In porta il belga Mignolet, da centrali agivano Skrtel e Sakho con Kolo Touré e Agger da riserve. Sulle fasce, Glen Johnson a destra e Jon Flanagan, che aveva preso il posto a Josè Enrique, a sinistra. Nel mezzo funzionava tutto grazie alla cifra tecnica, aerobica e tattica di Lucas Leiva, Joe Allen e capitan Steven Gerrard. Jordan Henderson, futuro erede del numero 8 e della fascia, era ancora un'alternativa. In avanti un giovanissimo e straripante Raheem Sterling dietro a Daniel Sturridge e Luis Suarez, capocannoniere del campionato con ben 31 reti: aggiungendo le 21 di Sturridge e le 9 di Sterling, ecco un tridente da 61 gol stagionali. Reparto offensivo completato da Coutinho, non ancora al culmine della propria maturazione, Iago Aspas e quel Luis Alberto che poi riempirà di assist Ciro Immobile alla Lazio.
"NON LA LASCIAMO SCIVOLARE"
Tra la 25esima e la 35esima giornata, anche grazie all'inserimento in pianta stabile nella formazione titolare dell'allora 19enne Sterling, il Liverpool inanella 10 vittorie di fila: 5-1 all'Arsenal, 2-3 al Fulham, 4-3 allo Swansea, 0-3 al Southampton, 2-1 al Sunderland, un clamoroso 0-3 a Old Trafford al Manchester United, 3-6 al Cardiff, 4-0 al Tottenham, 1-2 al West Ham, 3-2 proprio al Manchester City, 2-3 al Norwich. Dopo l'importantissimo successo in casa contro i Citizens, firmato da Sterling, Skrtel e Coutinho, i Reds festeggiano con un bellissimo abbraccio e le telecamere pescano un discorso entusiasmante di Gerrard: "Adesso insieme, ancora. Questa non ce la facciamo scivolare. Andiamo, ragazzi!"
Tutti ricordano cosa successe un paio di settimane dopo, pochi ricordano l'incredibile fatalità di queste parole e del termine scivolare, che anche nell'inglese "to slip" ha la stessa valenza.
MOURINHO, IL "CATTIVO" DELLA STORIA
Alla vigilia della 36esima giornata, con tre partite ancora da giocare, la classifica dice Liverpool 80, Manchester City 74 con una gara in meno. Se i Reds battono il Chelsea in casa, nelle ultime due hanno Crystal Palace e Newcastle. Sembra davvero l'ultimo ostacolo, e i Blues sono impegnati in semifinale di Champions League contro l'Atletico Madrid (0-0 all'andata, poi passeranno i Colchoneros che perderanno in finale contro i cugini del Real). Il Liverpool non perde dalla gara d'andata, il 29 dicembre del 2013, e siamo al 26 aprile 2014. Mourinho inoltre fa turnover, schiera otto giocatori diversi rispetto alla gara precedente e pare rinunciare a tutte le velleità di campionato. Ma è Mourinho.
Il secondo portiere del Chelsea di quegli anni, l'australiano Schwarzer, ha rivelato le parole dello Special One nei giorni antecedenti la sfida: "Voglio almeno due ammonizioni per perdita di tempo nei primi 45'; prendetevi il vostro tempo, non permettetegli di prendere ritmo, portateli fuori tempo, fate arrabbiare i tifosi". In pratica, Mou aveva deciso di mettere in campo un gioco mentale spietato per farla pagare a chi diceva che per Rodgers sarebbe stata una passeggiata di salute. Funzionò.
C'è anche un altro particolare da aggiungere: nell'estate del 2005, 9 anni prima, lo stesso Mourinho voleva fortemente Gerrard al Chelsea, nella sua prima esperienza sulla panchina di Stamford Bridge. "No, grazie, siamo campioni d'Europa in carica, rimango al Liverpool", la risposta di Stevie G dopo la rimontona di Istanbul che i tifosi del Milan non dimenticheranno mai. “Ha ragione – se la rise l'allenatore portoghese – ma tra dieci anni conteremo quanti trofei avrà vinto il Liverpool e quanti il Chelsea. E Gerrard avrà perso”. Nove anni dopo il Chelsea aveva vinto qualche Premier, una Champions League e un’Europa League. Il Liverpool ancora niente. E quel giorno, il 26 aprile 2014, è stato il culmine di questo dualismo.
L'INCUBO
Il Chelsea, quella partita, la gioca nella maniera più snervante possibile: tutti chiusi in difesa, il Liverpool non riesce a sfondare, il giovane Kalas in difesa sembra Nesta. Nel recupero del primo tempo accade l'impensabile: Gerrard, abbassatosi tra i centrali Skrtel e Sakho per impostare, si guarda intorno prima di controllare il pallone. L'ha fatto migliaia di volte in carriera, ma stavolta l'erba di Anfield, casa sua, lo tradisce. Scivola. Perde l'equilibrio, e soprattutto perde il pallone. Sì, perché Demba Ba, l'attaccante di riserva del Chelsea, ha la tracotanza e forse anche la sana follia di credere nella possibilità che un mostro sacro come Gerrard sbagli. Si impadronisce della palla, la porta avanti, arriva a tu per tu con Mignolet e lo batte sul primo palo con l'interno del destro.
Intervallo. Mancano 45 minuti, c'è tutto il tempo ma tutto volge al disastro. Basterebbe un pareggio per tenere il City a distanza e vincere la Premier con altre due vittorie, ma il problema è fare gol. Gerrard, in quella ripresa, tenta il tiro da fuori un'infinità di volte, con la forza della disperazione, Suarez arriva ad applaudire nervosamente Schwarzer e Ivanovic per le continue perdite di tempo. La Kop, la curva di casa, è un turbinio di agitazione, e Mourinho cavalca questo clima come una leggera brezza. Va tutto come ha pianificato. E il 2-0 di Willian, il più classico dei contropiedi nel finale, mette la ciliegina su una delle vittorie più iconiche della carriera dello Special One.
Emblematico il commento di Brendan Rodgers, il tecnico del Liverpool, alla fine del match: "José è felice di lavorare in questo modo, di giocare in questo modo, e probabilmente agiterà il suo CV e dirà che funziona, ma questo non è il mio modo di lavorare. A me piace prendere l’iniziativa e lasciare che i giocatori si esprimano. Abbiamo provato tutto ciò che era in nostro potere, ma il nostro gioco si basa sull’essere creativi offensivamente. […] Non posso dare la colpa ai miei giocatori, semplicemente non abbiamo trovato lo spiraglio. Complimenti al Chelsea per questo, sono rimasti davvero bassi. Probabilmente ce n’era non uno ma due di bus davanti alla porta".
IL CROLLO
Eppure non è finito nulla, almeno in teoria. Sì, adesso il Manchester City ora ha l'iniziativa, ma i punti, in proiezione, sono pari. La squadra di Pellegrini potrebbe perdere punti nelle tre partite successive, e poi si può anche cercare di segnare il più possibile nelle ultime due per appianare il distacco sulla differenza reti. E' quello che il Liverpool cerca di fare alla 37esima giornata contro il Crystal Palace, a Selhurst Park: gol di Allen, un'autorete e poi Suarez, nel giro di un'ora la partita è chiusa ma Rodgers cerca altri gol, vuole approfittarne e invece firma la sua disfatta. Le Eagles, con Delaney (autore dell'autorete) e due volte il giovane Gayle, trovano il clamoroso 3-3 e ammazzano il campionato. Perché no, il Manchester City non perde punti fino all'ultimo, battendo proprio il Palace, l'Everton e infine il West Ham.
Il Liverpool chiude secondo, 84 punti contro 86. A nulla vale il successo dell'ultima giornata sul Newcastle. Gerrard chiude la sua storia coi Reds senza aver mai vinto la Premier League. Ci penserà il suo erede, Jordan Henderson, a fargli parzialmente giustizia grazie al ciclo di Jurgen Klopp. Ma la storia di questo scivolone, della sua cabala, di quanto profetiche siano state le parole di Mourinho nel 2005, impressionano per quanto sembri tutto inserito nel copione di una pièce teatrale dell'assurdo. Una sorta di Twilight Zone che ha cancellato la vittoria che avrebbe dato un senso di completezza alla carriera di Gerrard.