
Sogno e incubo, il Pescara di Oddo e Zeman che cancellò un primato lungo 67 anni: un'impresa negativa quasi unica in Italia
Si può nel giro di un anno passare dai confini celestiali del Paradiso di una promozione in Serie A a una rapida quanto ripida discesa negli Inferi di una retrocessione a suo modo – negativo, si intende – storica? La risposta, ci ha insegnato la storia, è affermativa e per chiedere lumi di questo Dantesco (ma non altrettanto virtuoso) percorso, comporre il numero con prefisso +085.
La storia che vogliamo raccontarvi oggi, infatti, risale a otto anni fa e riguarda l’amara stagione vissuta dal Pescara. L’annata 2016/17 fu l’ultima in massima serie per la società abruzzese, un campionato cominciato con i migliori presupposti, ma finito agli archivi come una delle prestazioni peggiori nella storia della Serie A.
Tutti gli AGGIORNAMENTI in TEMPO REALE! Unisciti al canale WHATSAPP DI CALCIOMERCATO.COM: clicca qui
PREMESSA - Ma partiamo con ordine. Per andare meglio a conoscere la tragica stagione ‘16/’17, serve avere chiaro il contesto nel quale ci stiamo muovendo. Dopo la retrocessione in cadetteria nel 2013 e un paio di campionati di Serie B a corrente alternata (un 15° posto e una finale playoff persa solamente per la regola del peggior piazzamento, dopo un doppio confronto terminato in parità contro il Bologna), è l’arrivo di Massimo Oddo – allora tecnico della Primavera del Delfino, subentrato a Marco Baroni a una giornata dal termine della regular season 2014/15 – a cambiare il destino degli abruzzesi. La delusione per la mancata promozione era cocente, ma nulla impedì all’attuale allenatore del Milan Futuro di riportare in Serie A il Pescara. Complice anche una stagione strepitosa da parte dell’allora futuro rossonero Gianluca Lapadula (top scorer con 30 reti stagionali, playoff compresi), i biancazzurri occuparono stabilmente le posizioni di vertice per tutto il torneo, agganciando il 4° posto. Sul suo cammino, il Pescara di Oddo si libera prima del Novara e poi del Trapani, centrando il sogno di tornare a disputare la Serie A dopo soli quattro anni.
IL MERCATO - L’estate che seguì fu a suo modo rivoluzionaria per il Delfino: persa la punta di diamante (Lapadula, infatti, divenne il numero 9 del Milan), il Pescara sfruttò l’ottimo incasso della cessione di un pezzo così pregiato per puntellare la propria formazione con innesti diversi, ma di qualità. Un mix di giovani di belle speranze e di calciatori di grande esperienza in categoria permise a Oddo di avere a disposizione nella rosa giocatori del calibro di un giovanissimo Cristiano Biraghi (a fare il paio con Zampano sulle fasce), di un rientrante in Italia Bryan Crisante (dal Benfica) e di altri ottimi acquisti come Ahmad Benali, Alberto Aquilani, Valerio Verre (ceduto alla Sampdoria che lo lasciò in prestito in Abruzzo) e Gianluca Caprari (acquistato dall’Inter, ma rimasto in prestito). L’attacco poteva contare sul talento di Rey Manaj e la tecnica di Simone Pepe. I presupposti per centrare la salvezza c’erano tutti.
AVVIO DA SOGNO - E pensare che quella stagione iniziò in maniera a dir poco clamorosa. Il 21 agosto 2016, 8’ dopo il ritorno in Serie A, il Pescara aprì le danze con Benali, portandosi poi in vantaggio di due reti contro il Napoli di Maurizio Sarri. Poco male se quella sfida terminò con un pareggio, grazie alla doppietta in tre minuti di Dries Mertens, Oddo – alla sua prima esperienza nel massimo campionato italiano – aveva appena costruito il primo mattoncino per l’impresa targata salvezza. E i mattoncini divennero 4, complici i tre punti assegnati a tavolino nella seconda giornata (in quel turno, si disputò il match contro il Sassuolo, inizialmente conclusosi con il risultato di 2-1 a favore dei neroverdi. Successivamente fu assegnato, dal giudice sportivo, il 3-0 a tavolino a favore del Pescara per lo schieramento del giocatore Antonino Ragusa, assente nella lista depositata in FIGC, da parte della squadra emiliana). Quattro punti, dunque, nei primi due match di Serie A. Un buon avvio, no?
IL LENTO DECLINO – Spoiler? No. Fu l’inizio di una lenta, ma inesorabile discesa verso gli Inferi. Nelle successive 22 giornate di campionato, il Pescara non vincerà mai. Nemmeno una singola volta. Cinque punti conquistati, frutto di cinque pareggi e ben 17 sconfitte, compresa la storica partita casalinga terminata 2-6 in favore della Lazio, nota ai più per il poker fantacalcistico siglato da un Marco Parolo in stato di grazia. I disastrosi risultati ottenuti, che non migliorarono nemmeno con l’arrivo di navigati top player della Serie A come Sulley Muntari (un goal in quei sei mesi di esperienza in Abruzzo) e Alberto Gilardino – che non timbrerà il cartellino in alcuna occasione – e di un giovane Alberto Cerri (2 marcature a referto), costarono la panchina a Massimo Oddo. E indovinate un po’ chi ritornò alla guida del Delfino?
IL RITORNO DI ZEMAN, L’ILLUSIONE E L’OBLIO – Chi se non la panchina d’argento 2011/12 Zdenek Zeman, artefice della gloriosa cavalcata che riportò il Pescara in A e mise in luce il talento cristallino di giocatori che segnarono la successiva epoca del calcio italiano come Lorenzo Insigne, Ciro Immobile e Marco Verratti. Pronti, via, il Boemo ri-esordisce sulla panchina del Pescara come meglio non potrebbe, all’insegna di Zemanlandia. Calcio offensivo, spumeggiante, aggressivo. Risultato? 5-0 all’Adriatico inflitto al Genoa e prima vittoria sul campo in Serie A di tutta la stagione. Sembrano i semi per una rinascita, per una rincorsa quasi impossibile verso la permanenza in massima categoria. Le successive quattro sconfitte consecutive – prima del pareggio contro il Milan autografato dall’autogoal di Paletta su errore di Donnarumma – riportano il Pescara con i piedi ben saldi a terra e perfettamente inchiodata in fondo alla classifica. Il ko casalingo per 1-4 contro la Roma, alla 33a giornata, sanciscono così l’aritmetica retrocessione in Serie B del Pescara con cinque giornate d’anticipo. Gli abruzzesi troveranno il secondo successo sul campo con il Palermo, prima di chiudere con un pari a Firenze l’ultima stagione in Serie A del Delfino.
UN PRIMATO DISASTROSO – Un’annata che, prima della Salernitana 2023/24 che finì il suo torneo con soli 17 punti, rimase per anni di diritto nei libri di storia del calcio italiano, seppur dal lato sbagliato della medaglia. Se fino a quel momento, il Venezia 1949/50 era considerata la squadra con il peggior rendimento di sempre nei campionati a 20 squadre della massima divisione italiana (16 punti totali, ma allora si ottenevano 2 punti, anziché tre, per le vittorie), ecco che il Pescara riuscì a soffiare virtualmente questo infausto primato diventando la formazione peggiore di tutti i tempi nei tornei a 20 squadre. I suoi 18 punti (frutto di 3 successi, 9 pareggi e ben 26 sconfitte) si sarebbero tramutati in solamente 15 se paragonati all’era dei due punti a vittoria. Una media totale di meno di mezzo punto a incontro, 81 reti subite e una differenza goal di -44. Un’annata da ricordare per i fanatici di statistiche, una stagione da dimenticare per i Delfini.
L’ATTUALITA’ – Il Pescara, così, ri-scese in Serie B e ci rimase per i successivi 4 anni, collezionando due stagioni anonime nella lotta per la salvezza, una semifinale playoff persa con il Verona e una retrocessione in C nel 2021. Da quell’anno, il Pescara fu perennemente coinvolto nelle zone alte della graduatoria del terzo campionato italiano per importanza, sfiorando anche una finale playoff, sfuggita nel 2022/23 ai calci di rigore contro il Foggia. Attualmente, la formazione abruzzese – presente nel Girone B del Milan Futuro, guidato proprio da quel Massimo Oddo - è in lotta con la Torres per la terza posizione che vorrebbe dire accesso alla fase nazionale della post season. Gli anni dell’altalena fra A e B sono così vicini, ma al contempo molto distanti. Ma il Delfino vuole tornare a nuotare nei mari dei più importanti campionati italiani.