
Sogno e incubo: l'Inter del Triplete. Storia e segreti di un'impresa ancora unica in Italia
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Chissà come mai siamo così tanto affascinati dalla parola "Triplete", e perché utilizziamo l'espressione spagnola per riferirci ad una squadra che porta a casa, nella stessa stagione, il campionato, la coppa nazionale e soprattutto la Champions League. Probabilmente perché "Tripletta" ha una sfumatura vezzeggiativa, quasi a sminuire l'epicità e l'importanza di un traguardo del genere, così raro da valere la leggenda. Poche, infatti, sono state le squadre a centrare il Triplete (o Treble, in inglese) classico, quello con la Champions League.
- Celtic (Scozia) nel 1966/67
- Ajax (Olanda) nel 1971/72
- PSV Eindhoven (Olanda) nel 1987/88
- Manchester United (Inghilterra) nel 1998/99
- Barcellona (Spagna) nel 2008/09
- Bayern Monaco (Germania) nel 2012/13
- Barcellona (Spagna) nel 2014/15
- Bayern Monaco (Germania) nel 2019/20
- Manchester City (Inghilterra) nel 2022/23
PARTE TUTTO DALL'ADDIO DI IBRA
Se l'epilogo lo conosciamo tutti, il prologo fu caotico: Josè Mourinho, da un anno sulla panchina nerazzurra, dovette avere a che fare con una vera e propria rivoluzione, soprattutto nel reparto offensivo. La storia della stagione più incredibile di un club italiano nel calcio parte con la cessione della stella assoluta, Zlatan Ibrahimovic, capocannoniere della precedente Serie A e da tre anni dominante con indosso i colori del cielo e della notte.
Ibra ha l'ossessione di vincere la Champions League, cosa che, con l'Inter, sembra francamente impossibile. Nel luglio del 2009, il compianto Mino Raiola tratta con il Barcellona per l'altro interista Maxwell e trova il modo di inserire lo svedese in un affare che entrerà nella storia. Ibrahimovic passa ai catalani, vincitori della Champions 2008/2009, per 46 milioni di euro più il cartellino di Samuel Eto'o, valutato 20 (!). Totale: 66 milioni di euro, uno in più dei 65 pagati dal Real Madrid al Milan per Kaka'.
Profetico l'ultimo dialogo tra Mourinho e il fenomeno di Malmo prima della partenza dal ritiro di Los Angeles in direzione Catalogna, raccontato nell'autobiografia dell'attuale Senior Advisor di RedBird al Milan:
"Ibra, vai a Barcellona per vincere la Champions?"
"Un po' sì, anche per quello".
"Ma saremo noi a portarla a casa, non dimenticarlo. Saremo noi".
LA RIVOLUZIONE
Eto'o quindi arriva per essere il nuovo leader dell'Inter, con carisma ed esperienza internazionale; ma è l'intero assetto della squadra che subisce quell'estate un profondo restyling. Dicevamo dell'attacco: oltre a Ibra, salutano anche Crespo e Cruz, mentre Amantino Mancini e David Suazo saranno lasciati partire a metà stagione. Mourinho pensa di proseguire sulla strada delle due punte, e la seconda, quella che arriva per essere la seconda, sarà poi l'eroe del Triplete: Diego Milito, che viene prelevato dal Genoa assieme a Thiago Motta, oggi allenatore della Juventus ma allora cervello del Genoa allenato da Gasperini, in cambio di Acquafresca, Meggiorini, Bonucci (quel Bonucci), Bolzoni e un piccolo conguaglio economico.
Mancano però altri due tasselli: Luis Figo ha annunciato l'addio al calcio, Burdisso ha salutato, e quindi sia la quota fantasia a centrocampo, sia un posto al centro della difesa sono liberi. Arriva dal Bayern Monaco il colosso brasiliano Lucio per 5 milioni, e per ultimo, in una corsa contro il tempo per farlo scendere in campo nel derby di fine agosto contro il Milan, il trequartista olandese Wesley Sneijder dal Real Madrid, a poco più di 15 milioni. A distanza di quasi 15 anni, è un mercato da urlo per rapporto spesa/resa, completato dall'arrivo dal Twente del talentuosissimo e giovanissimo Marko Arnautovic, che oggi è l'unico superstite di quella rosa incredibile.
UN INIZIO DIFFICILISSIMO
La prima Inter della stagione, quella che l'8 agosto 2009 si gioca con la Lazio la Supercoppa Italiana a Pechino, si schiera così:
INTER (4-3-1-2): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Chivu, Zanetti; Muntari, Cambiasso, Thiago Motta; Stankovic; Milito, Eto'o.
Quella partita, quel trofeo, la rinnovata banda Mourinho la perde 1-2, per via delle reti nel giro di cinque minuti dopo l'ora di gioco di Matuzalem e Rocchi, cui Eto'o risponde col suo primo gol italiano senza portare ad una rimonta. Anche l'esordio in campionato è interlocutorio, dato che Eto'o segna nuovamente, su calcio di rigore, ma contro il Bari a San Siro il 23 agosto termina 1-1 con rete di Kutuzov.
INTER (4-3-1-2): Julio Cesar, Maicon, Lucio, Materazzi, Zanetti, Muntari, Vieira, Thiago Motta, Stankovic, Milito, Eto'o.
E' chiaro che Stankovic è più adatto ad un ruolo da mezzala, serve un trequartista vero e proprio da mettere alle spalle delle due punte, e la risposta arriva negli ultimi giorni di mercato con Wesley Sneijder, subito lanciato contro il Milan il 29 agosto.
L'allora presidente Massimo Moratti ha recentemente svelato al Corriere della Sera un aneddoto meraviglioso sull'arrivo del numero 10: "Un barista di Forte dei Marmi mi fermò per dirmi che con Sneijder avremmo vinto tutto. Aveva ragione. Chiamai Branca, Branca chiamò Mourinho per domandargli se potesse servire Sneijder, Mou disse “Sneijder? Eh magari”, Branca mi richiamò per dire che Mou lo voleva, io presi Sneijder". E' l'inizio, il vero inizio, del viaggio di una macchina diesel che arriverà alla fine della primavera ad essere inarrestabile.
LO 0-4 AL MILAN
Sneijder prende, debutta e fa un sol boccone del centrocampo del Milan, che viene strapazzato dagli uno-due e dalle geometrie di Motta, Sneijder e Milito, dalla dirompenza di Eto'o e Maicon e dalla qualità balistica di Stankovic, finalmente a suo agio e a segno con un bolide da fuori per il definitivo 0-4. Il primo e il terzo gol, intervallati dal rigore di Milito procurato da Eto'o, sono splendidi: azioni fluide, ben orchestrate e di una pulizia tecnica assoluta. L'Inter fa intravedere tutto il proprio potenziale.
In campionato i nerazzurri ingranano: da questo momento alla fine dell'anno solare 2009, arrivano solo due sconfitte, in trasferta contro Sampdoria (1-0) e Juventus (2-1) e due pareggi, uno casalingo contro la Roma (1-1) e uno esterno contro l'Atalanta (sempre 1-1). Il resto sono tutte vittorie, compreso il famoso 0-5 al Genoa con reti di Balotelli e Vieira e il 5-3 al Palermo in cui Super Mario ed Eto'o litigano per un calcio di rigore alla fine battuto dal camerunense con Zanetti che allontana Balotelli di peso.
IL MIRACOLO DI KIEV
In Champions, invece, il sorteggio del girone a quattro è agrodolce: l'Inter pesca sì il Barcellona del grande ex Ibrahimovic (e anche Maxwell), ma il raggruppamento è completato da Dinamo Kiev e Rubin Kazan, non impossibili da superare. Eppure, dopo un buonissimo 0-0 a San Siro coi favoriti catalani, ecco un paio di incidenti di percorso: a Kazan finisce 1-1, segna Stankovic ma Balotelli si fa espellere ingenuamente compromettendo il finale di gara; in casa con la Dinamo addirittura 2-2, con lo stesso Stankovic e Samuel che con i loro gol pareggiano Mikhalik e l'autorete di Lucio. Il match di ritorno in casa del Barcellona calendarizzato alla penultima giornata mette Mourinho in una posizione scomodissima in vista delle altre due gare rimanenti, a Kiev prima e in casa col Rubin dopo quello che sarà un 2-0 senza appello al Camp Nou.
All'Arena Lobanovskyi, il 4 novembre 2009, serve solo vincere, ma Andriy Shevchenko, che ha fatto la storia del Milan, ha altre idee e segna il gol del vantaggio al 21' con una parabola deviata e beffarda. L'Inter si riversa in avanti, cerca in tutti i modi la vittoria, ma sembra tutto inutile, anche l'attacco con Milito, Eto'o, Sneijder e Balotelli tutti insieme, fino ai minuti finali del secondo tempo. All'86' Sneijder pesca il Principe in area con una palla fortissima, Milito la arpiona e mette dentro con un sinistro in controtempo; tre minuti dopo, entra in scena un altro fattore indispensabile nelle grandi imprese: la fortuna. Muntari calcia in diagonale col sinistro, il portiere Bogush si fa sfuggire una palla non impossibile, arriva Milito che prova a calciare con un angolo ristrettissimo ma proprio il tentativo di rientro in porta di Bogush causa un rimpallo che permette a Sneijder di avventarsi sulla palla e segnare anticipando di un soffio i guantoni del portiere. Tre punti di platino, che uniti al resto dei risultati (col Barcellona, come abbiamo detto, arriva una sconfitta per 2-0) permettono a Zanetti e compagni di passare come secondi battendo il Rubin con un 2-0 relativamente comodo a firma Eto'o-Balotelli nel rassicurante San Siro.
IL MERCATO E LA SVOLTA TATTICA
Il 2010 dell'Inter in campionato è pieno di ostacoli, fin dalla gara dell'Epifania contro il Chievo (vinta grazie alla rete di Balotelli, ma con Chivu che si procura un grave infortunio alla testa in uno scontro aereo con Pellissier), e dalla pazza rimonta interna sul Siena, sconfitto per 4-3 all'ultimo secondo grazie alla zampata di Samuel. Due vittorie che chiudono alla grande il girone di andata ma che preludono ad una seconda parte di campionato in cui servirà qualcosa di diverso.
Nel frattempo, apre il mercato di riparazione: gennaio se ne vanno Mancini, Quaresma e Vieira, mentre arrivano Mariga a puntellare il centrocampo e, soprattutto, Goran Pandev da svincolato dopo la burrascosa fine del suo rapporto con la Lazio. Con la mediana in affanno e gli impegni che si moltiplicano, a Mourinho viene un'idea che si rivelerà vincente: piuttosto che scegliere chi schierare tra Milito, Sneijder, Eto'o e Pandev, l'Inter li mette in campo tutti e quattro, rinunciando inizialmente a Stankovic e allargando sulle fasce il camerunense e il macedone, che danno piena disponibilità al sacrificio lasciando a Milito l'area di rigore.
LA VERA RIVALE: LA ROMA
Si apre il girone di ritorno: a Bari arriva un 2-2 firmato subito da Pandev, poi ecco il secondo derby stagionale, quello che estromette idealmente il Milan dalla corsa allo Scudetto e che rende per la prima volta l'immagine di un'Inter "speciale", in grado di difendere il vantaggio di Milito in inferiorità numerica per via del rosso a Sneijder, di trovare il secondo gol con Pandev su punizione e di coronare un finale epico in 9 - rosso anche a Lucio - e con un rigore parato da Julio Cesar a Ronaldinho. Sembrerebbe l'inizio di una fuga in solitaria, ma nel frattempo risale la Roma di Claudio Ranieri, subentrato al dimissionario Spalletti dopo la seconda giornata di campionato. I giallorossi infilano risultati su risultati e approfittano di vari inciampi dei nerazzurri tra un turno di Champions e l'altro: dal 10 febbraio al 24 marzo gli uomini di Mourinho ottengono appena tre vittorie (3-0 con Cagliari e Livorno, 2-3 a Udine), mentre pareggiano 0-0 con Napoli, Sampdoria (la gara delle famose "manette" di Mourinho) e Genoa, 1-1 a Palermo e vengono sconfitti clamorosamente per 3-1 in casa del Catania, dove Muntari entra e prende due cartellini gialli in pochi secondi, compromettendo la gara.
Arriva il momento dello scontro diretto in casa della Roma, il 27 marzo: apre il guizzo di De Rossi, pareggia quello di Milito, poi Toni di testa mette fine alla partita e un punto interrogativo enorme alla leadership dell'Inter in campionato. Leadership che l'Inter, dopo un semplice 3-0 al Livorno, perde davvero il 10 aprile, uscendo con un punto dal Franchi di Firenze dove Keirrison e Kroldrup vengono raggiunti da Milito ed Eto'o. Il giorno dopo i giallorossi battono 2-1 l'Atalanta e sono in testa alla classifica a cinque giornate dalla fine.
IL CAMMINO IN COPPA ITALIA
Pausa: prima di rivivere l'entusiasmante finale di stagione, dobbiamo rimetterci in pari con i percorsi a eliminazione diretta nelle coppe. La Coppa Italia dell'Inter 2009/10 comincia agli ottavi di finale e vede la squadra di Mourinho disfarsi del Livorno con più difficoltà del previsto: una punizione di Sneijder nella ripresa vale il derby d'Italia ai quarti di finale, sempre a San Siro. La Juventus passa dopo pochi minuti con Diego, ma è una Juventus non ancora dominante come lo sarebbe stata di lì a qualche anno, e Lucio prima, Balotelli poi la rimontano ed eliminano.
In semifinale, l'Inter affronta la Fiorentina tra andata e ritorno. La formula di allora prevedeva clamorosamente la prima sfida il 3 febbraio (1-0 per l'Inter con rete di Milito) e il ritorno... più di due mesi dopo. A tre giorni dal 2-2 in campionato costato il sorpasso in vetta da parte della Roma, i nerazzurri giocano ancora a Firenze la gara di ritorno e bissano il risultato di febbraio, stavolta grazie ad una girata di Eto'o. L'avversaria nella finale dello Stadio Olimpico? Naturalmente la Roma, capace di superare Triestina, Catania e Udinese e pronta a disputare la finale in casa il 5 maggio, una data storicamente infausta per gli avversari.
ROAD TO MADRID
Gli ottavi di finale di Champions League, una chimera dal 2006/2007 in poi. Valencia, Liverpool, Manchester United in fila hanno sempre eliminato le ultime Inter di Mancini e anche la prima di Mourinho, che ora ci riprova contro il "suo" Chelsea, allenato in quella stagione da Carlo Ancelotti. Drogba e compagni arrivano a Milano da favoriti, ma vengono colpiti a freddo da Milito che disorienta Terry con una delle sue caratteristiche finte e batte Cech sul primo palo. Nei primi minuti del secondo tempo i Blues trovano un gol pesante in trasferta con Kalou, ma poco dopo è Cambiasso a spedire i suoi a Stamford Bridge per il ritorno con una lunghezza di vantaggio, scagliando in porta con tenacia una palla ribattuta due volte dalla difesa londinese. Il ritorno è una gara di nervi in cui Samuel alza il muro su Drogba per tutta la durata del match, finché al 78' una palla geniale di Sneijder trova Eto'o libero di correre e di battere il portiere in uscita con un pregevole tocco di esterno collo sul primo palo.
Ai quarti ecco un incrocio non proibitivo, ma insidioso: c'è il CSKA di Mosca, che i nerazzurri riescono a superare con pazienza e con due partite di grande concentrazione, risolte a Milano dal solito Milito e in Russia da una punizione di Sneijder, 1-0 e 0-1. La squadra di Mourinho cementa la solidità che caratterizzerà poi tutti i momenti salienti del leggendario finale di stagione.
LA SEMIFINALE COL BARÇA
Si celebrano in questa storia i tre trofei, ma probabilmente il passaggio più epico della stagione è rappresentato dalle due semifinali contro il Barcellona, il primo avversario della fase a gironi, che nel frattempo ha eliminato Stoccarda e Arsenal. Ancora Ibra, ancora Guardiola, ancora Messi. L'andata si gioca a Milano e si mette subito male, perché Maxwell, l'altro ex di turno, mette l'assist a Pedro che buca Julio Cesar al 19'. L'Inter, però, in Champions sfodera tutte le energie di cui dispone: Sneijder, liberato in area da Milito, indovina il rasoterra sul primo palo alla mezz'ora, e all'inizio della ripresa un altro assist dell'argentino per Maicon porta il brasiliano a battere Valdes con un tocco morbido. Il Meazza è in festa, e diventa apoteosi quando, dopo un recupero in zona offensiva di Thiago Motta, Milito corregge in rete un colpo di testa di Sneijder e fissa il punteggio sul 3-1 finale. A onor del vero, il Principe era in leggero fuorigioco: con la tecnologia di cui disponiamo oggi quel gol sarebbe stato annullato e questo probabilmente non esisterebbe. Ma quello che succede al ritorno compensa largamente questa svista.
Remuntada. Remuntarem. La settimana che porta alla second leg al Camp Nou viene farcita da queste parole, rimonta, rimonteremo. Zanetti e compagni entrano sul prato catalano consapevoli che ci sarà da soffrire, ma non immaginano che al 28' una simulazione vergognosa di Busquets provoca l'espulsione di Thiago Motta, che non solo salta la finale, ma rischia seriamente di comprometterla lasciando in 10 i suoi per oltre un'ora. A questo punto, Mourinho avanza Zanetti in mediana con Sneijder e Cambiasso e tiene Milito ed Eto'o in campo, con Chivu, schierato inizialmente alto in assenza di Pandev, che si abbassa. E' un assedio senza respiro: Julio Cesar compie una delle parate più belle della storia dell'Inter su un sinistro angolatissimo di Messi, Lucio e Samuel scrivono un manuale di catenaccio, Eto'o fa il terzino. Nasce quel giorno l'espressione "parcheggiare il bus", ovvero difendere la porta a oltranza, perché oltre alla Pulce ci sono Ibrahimovic, l'ex più atteso, Pedro e Xavi che ci provano in ogni modo. Milito, parlandone, specifica che quel bus aveva anche i finestrini abbassati perché i blaugrana erano capaci di far passare la palla anche attraverso di essi. "Dai Samuel, manca poco", urla Zanetti a Eto'o. Il camerunense guarda il tabellone: è appena iniziato il secondo tempo. Nella ripresa, via via, escono tutti i giocatori offensivi e il castello davanti alla porta diventa una fortezza: dentro Cordoba, Muntari e Mariga, è una sorta di 6-4-0 che vacilla su un colpo di testa ravvicinato di Bojan Krkic, ma viene bucato solo da Piqué che da centravanti aggiunto si gira, mette in rete all'84' e anima ancor più il finale. Lo stesso Bojan segnerebbe anche il 2-0, ma se lo vede annullato per un tocco di mano precedente. Finisce con la vittoria del Barcellona nella singola sfida, ma con il passaggio del turno di un'Inter commovente. "Il più bel momento della mia carriera", lo definisce Mourinho. E' finale, a Madrid il 22 maggio contro il Bayern Monaco. Ma prima ci sono altri due trofei da mettere in bacheca.
IL TRIPLETE
Poco prima della semifinale di andata contro il Barcellona, l'Inter aveva perso la prima posizione in campionato a vantaggio della Roma a 5 giornate dalla fine. Alla 34esima, ci sono Inter-Juventus e Lazio-Roma, due incroci complicatissimi ma vinti entrambi dalle due contendenti. La svolta arriva alla giornata successiva: Mourinho batte 3-1 in rimonta l'Atalanta e riceve un regalo inaspettato da quella Sampdoria che tanto lo ha fatto penare in stagione. I due futuri interisti Cassano e Pazzini (doppietta) sconfiggono la Roma all'Olimpico e danno il là il sorpasso che poi si rivelerà definitivo. Prima della finale di Coppa Italia, Ranieri prova a scattare di nuovo e batte il Parma al Tardini, ma il calendario mette l'Inter di fronte alla Lazio e il pubblico dell'Olimpico, per impedire alla Roma di mettere le mani sullo Scudetto, arriva a insultare il portiere Muslera per le sue parate e ad esporre lo striscione "OH NOOOO" ai gol di Samuel e Thiago Motta. "Immaginate come si possa giocare ascoltando il coro ‘Se vincete, ve menamo‘. I fischi e i mugugni del pubblico hanno accolto qualsiasi parata del nostro portiere e ogni nostra offensiva. Al contrario, venivano applaudite tutte le azioni dell’Inter. I loro gol sono stati celebrati con un’incredibile esultanza. Non so se definire tutto ciò ‘odio verso la Roma’, ma questo atteggiamento è andato oltre la rivalità sportiva, il buon senso e l’intelligenza", ricorderà l'allora biancoceleste, poi giallorosso Aleksandar Kolarov.
Si arriva al 5 maggio, data della finale di Coppa Italia, una data che evoca ricordi orribili per l'Inter che nel 2002, quel giorno, perse lo Scudetto proprio a Roma contro la Lazio. Ma questa è una storia diversa. La gara dell'Olimpico è una partita intensa, piena di falli tra cui quello bruttissimo di Totti su Balotelli, calcione da dietro che costa l'espulsione. La decide Milito, che nel primo tempo scatta sul tocco d'esterno di Thiago Motta e segna con un gran diagonale all'incrocio. I giallorossi non riescono a recuperare, e così il primo trofeo è vinto. Rimangono due turni di campionato prima della finale di Champions che chiude la stagione.
Penultimo turno: sia la Roma, sia l'Inter vanno sotto in casa contro Chievo e Cagliari, ma rimontano entrambe con i risultati di 4-3 (4-1, poi qualche rischio con due gol subiti per i nerazzurri) e 2-1 (con doppietta di Totti che tiene aperto il campionato fino all'ultimo). La giornata finale vede anch'essa due impegni sulla carta non impossibili: l'Inter va a Siena e la Roma a Verona in casa del Chievo. Si gioca in contemporanea. Il problema dell'Inter è che il portiere del Siena già retrocesso è Gianluca Curci, romano e romanista, che fa di tutto per regalare lo Scudetto alla sua squadra del cuore. Finiscono i primi tempi e la Roma è virtualmente campione d'Italia perché al Franchi è 0-0 e al Bentegodi ha segnato Vucinic. I giallorossi vincono 0-2, ma il minuto-chiave si gioca in Toscana ed è il 57': percussione di capitan Zanetti, palla per Milito che controlla e tocca in rete con un esterno destro delizioso sull'uscita del portiere. E' festa grande a Siena, come nel 2006/2007 quando era stato Materazzi a decidere il campionato. Tutto pronto per affrontare il Bayern Monaco in finale di Champions, per scrivere definitivamente la leggenda.
Anche i bavaresi sono in corsa per fare il Triplete: campioni di Bundesliga e DFB Pokal, in Champions capaci di battere la Fiorentina tra le polemiche per il gol di Klose in netto fuorigioco all'andata diretta dall'arbitro Ovrebo, il Manchester United in un doppio confronto accesissimo ai quarti e poi il Lione in maniera agevole in semifinale. Gli uomini di Van Gaal, al pari di quelli di Mourinho, accusano un'assenza importante: mancano Ribery da una parte e Thiago Motta dall'altra. A causa dell'assenza dell'italo-brasiliano, Mourinho conferma Zanetti a centrocampo con Cambiasso e si affida a Chivu, dotato del caschetto protettivo dopo l'infortunio alla testa a gennaio, per arginare Arjen Robben. A Lucio e Samuel il compito di occuparsi delle altre due bocche da fuoco, Thomas Muller e Ivica Olic, mentre davanti il quartetto collaudato con Pandev, Sneijder ed Eto'o dietro Milito. Com'è andata lo sappiamo tutti: lo scambio tra il Principe e Sneijder sul rinvio di Julio Cesar, il tocco di punta dell'argentino a battere Butt, la sofferenza del secondo tempo sui tentativi di Robben e Muller, la fuga di Eto'o che appoggia a Milito che - hop - chiude l'ultima finta della sua sensazionale stagione sul malcapitato Van Buyten e segna in bello stile il 30esimo e ultimo gol in tutte le competizioni. Triplete. 3 "finali", se contiamo anche quella di campionato come una sorta di finale, 4 reti di un attaccante in stato di grazia e una squadra che sembrava destinata a quello che poi ha festeggiato: un'impresa mai compiuta da nessuno nella storia del calcio italiano.
L'ADDIO DI MOU
La sera stessa del trionfo, Mourinho, che ha appena fatto la storia dell'Inter, abbraccia Materazzi, l'uomo spogliatoio: è già fatta con il Real Madrid. Non può lasciare in un momento migliore, da vincente, in perfetto stile Mou. "Era speciale. Gli dissi vaffa... perché mi lasciava a Benitez". Massimo Moratti ha ricordato quel momento di festa, sì, ma anche di malinconia per la fine di un percorso: "Non si possono tenere prigioniere le persone ma certo non è stata bella la modalità, con la macchina di Florentino Perez fuori dal Bernabeu la sera della finale. Mourinho stesso si è pentito del suo gesto ancora prima di compierlo: poche ore dopo, nel mio ufficio a Milano, mi disse che si era reso conto che stava per andare in un’azienda, non in una famiglia, e che se avessi voluto sarebbe rimasto all’Inter. Gli dissi di fare liberamente le sue scelte, come del resto ho sempre detto a tutti. Certo le sue lacrime erano vere e mi fa piacere che ancora oggi dica che la sua squadra è l’Inter". Da quel momento, sono serviti altri undici anni per tornare sul tetto d'Italia, quattordici per mettere la seconda stella sullo stemma. Ma quella stagione, per come si è svolta e per quello che ha portato, sarà ricordata per sempre. Roma, Siena, Madrid: luoghi di vittorie, luoghi del cuore.