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Sampmania: quella volta che sono stato d'accordo con Ferrero
Dicevamo, mi sono trovato particolarmente sorpreso nell’ascoltare le dichiarazioni rilasciate dal Viperetta in merito al possibile futuro della Serie A, perchè è all’incirca anche il mio pensiero. Credo cambino le premesse, Ferrero tutela il suo interesse personale e quello delle sue società, ma il risultato è lo stesso. Ritengo che ripartire con questa Serie A, arrivando ad un finale sciatto, forzato e innaturale, sia una scelta tremenda sotto tutti i punti di vista. Comprendo pienamente l’importanza della questione dal punto di vista economico, le difficoltà organizzative e di bilancio, ma la situazione descritta da Ferrero è tutt’altro che poco realistica. “Facciamo un’ipotesi, ci danno un mese di preparazione dal 4 aprile, arriviamo al 4 maggio: dovremo fare dodici partite. Arriviamo ad agosto. Che succede col campionato successivo? E con gli Europei?” ha detto il Viperetta. Sono d’accordo, anzi, credo che le tempistiche saranno ben più dilatate rispetto alla previsione del numero uno blucerchiato.
Il mio ragionamento non dipende tanto dalla posizione in classifica della Sampdoria, che peraltro era in enorme difficoltà e probabilmente avrebbe dovuto soffrire sino all’ultimo minuto per salvarsi (e non è detto che ci sarebbe riuscita). Ad oggi la Samp è legittimamente fuori dalla zona rossa, quindi il mio ragionamento prescinde da valutazioni utilitaristiche che, concedetemelo, in tempi di serrata forzata e coprifuoco mi interessano quanto una lezione sul ricamo a punto croce. Lo farei ugualmente anche con il Doria penultimo. Cercate di leggerlo dissociando la mia firma dalla parola ‘Sampdoria’, solo per questa volta.
Che credibilità avrebbe un finale di campionato artefatto e disorganizzato, concluso in fretta e furia per non perdere entrate e diritti tv, giocato a porte chiuse in cattedrali deserte mentre fuori dagli stadi la gente soffre e se ne strafrega della Serie A? La frattura tra l’irreale mondo del pallone e quelli che dovrebbero essere i suoi piccoli azionisti, ossia i tifosi, è ampiamente preoccupante di suo, non rendiamola definitivamente insanabile. Il calcio già oggi è lontano anni luce dalla gente comune, e questo non cambierà mai più: non rendiamolo pure più antipatico, sarebbe un clamoroso autogol.
Un torneo a 22 squadre l’anno prossimo sarebbe probabilmente la soluzione ideale, ma credo che la soluzione play off e forse persino play out, magari tra qualche mese, non vada esclusa a priori. Anzi, temo che rappresenti il perfetto punto di incontro tra interessi di squadre, televisioni e Lega. Potrebbe consentire di assegnare piazzamenti e trofei, come se a qualcuno importassero, stabilendo anche promozioni e retrocessioni in Serie B facendo recuperare qualcosa a chi ha investito milioni e si ritrova uno spettacolo monco. Perché sì, ‘show must go on’, ma non sempre. Ho paura che alla fine, nel paese del cerchiobottismo, sarà questa la scelta finale. Nel frattempo però resta solo una gran sensazione di tristezza e squallore di fronte alle lotte di potere, guidate dai più biechi e piccoli interessi personali, in seno a quell’assemblea di club che di rendersi un po’ più simpatica, ai semplici fruitori del prodotto finale, proprio non ci pensa.
@lorenzomontaldo
@MontaldoLorenzo