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    Sampmania: l'involontaria sincerità di Ferrero quando parla di 'oblio'

    Sampmania: l'involontaria sincerità di Ferrero quando parla di 'oblio'

    • Lorenzo Montaldo
    L’altro giorno il tema di discussione a Genova riguardava le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Sampdoria Massimo Ferrero. Al di là della consueta strizzata d’occhi alla Roma - con annesso “Sono romanista da prima che nascessi” e “Ho sognato di rilevare la società”, frasi che, come sostengo da tempo, mi ricordano moltissimo il marito sposato per interesse con una donna che non ama - sono rimasto colpito in particolare dal passaggio “Adesso temo la bancarotta e l’oblio”. Non mi ha stupito troppo il primo pezzo della dichiarazione, la bancarotta la temono tutti, quanto piuttosto per la parola finale. L’oblio. Ritengo sia particolarmente significativa e azzeccata, anzi, penso che questa volta Ferrero sia stato davvero sincero.

    La paura di Ferrero di finire nel dimenticatoio è realmente una componente di cui tenere conto quando si tratta con il Viperetta. Il patron della Samp negli anni ha tratto evidente giovamento a livello economico dal club blucerchiato, ma ha guadagnato almeno altrettanto dal punto di vista della fama e della notorietà. Non tanto nella realtà genovese (credo che della ‘popolarità’ blucerchiata attualmente ne farebbe volentieri a meno), bensì a livello nazionale. Una primadonna come Ferrero vive di autografi e selfie, di foto per strada e di comparsate alla tv, che siano da Fazio, a Sanremo, a 'Domenica In' o ai 'Soliti Ignoti'. Non importa il contesto, purché l’apparizione abbia portata nazionale.

    In effetti, la parola ‘oblio’ è piuttosto interessante dal punto di vista psicologico. Durante l’impero romano la pratica della ‘Damnatio memoriae’ prevedeva proprio questo: la totale cancellazione della memoria di un personaggio, ‘colpevole’ di un crimine ritenuto particolarmente grave o significativo. Nell’antica Roma - si torna sempre lì - eliminare le tracce del passaggio sulla Terra di qualcuno rappresentava una condanna tremenda, e non è difficile capire perché. Di fatto, svuotava di significato una vita umana. Ecco, ritengo che per Ferrero la Damnatio memoriae sia il peggior incubo possibile e immaginabile. Tutta la sua vita è stata tesa a questo momento, al raggiungimento del ‘quarto d’ora di celebrità’ di Warhol. Una volta assaggiate le luci della ribalta da protagonista, per uno che ha sempre gravitato attorno al mondo patinato del cinema, ma fuori dal cono di luce della fama, lasciare il palco è molto, molto difficile. Parallelamente alla questione della Damnatio Memoriae è altrettanto interessante notare come, nel diritto moderno, l’oblio non sia più una condanna, bensì un diritto. Il diritto all’oblio oggi è una garanzia, che dovrebbe impedire la diffusione di informazioni che possono costituire un precedente pregiudizievole dell'onore di una persona. Curioso, no? Ferrerò ci pensi. 

    Quella semplice frase, ‘temo la bancarotta e l’oblio’, si presta a miriadi di interpretazioni diverse. La bancarotta è una paura astratta? O Ferrero si riferisce alla vicenda Coronavirus, che avrà un impatto ancora tutto da valutare nell’economia mondiale? Oppure ancora parla delle istanze di fallimento che pendono sul capo delle due società di famiglia, Eleven Finance e Farvem, per cui si attende una decisione sulla richiesta di concordato preventivo? Credo sia impensabile ritenere la situazione più rosea oggi, con l’economia italiana sull’orlo del baratro, rispetto a qualche qualche mese fa, ma d’altro canto sino a che il Tribunale non deciderà in merito, va concesso il beneficio del dubbio. Magari, quando parla di ‘bancarotta’, Ferrero semplicemente esplicita la paura dovuta al mix di tutte queste componenti. Chissà.

    Di certo, la questione dell’oblio ha reso evidente l’intima paura di Ferrero. Ritengo anzi che il numero uno doriano sia stato involontariamente sincero con il giornalista che lo intervistava, manifestando apertamente il suo punto debole. Togliergli questa visibilità, condannarlo al dimenticatoio, per lui rappresenta un ‘costo’ tangibile nel computo economico. Magari quantificabile nel differenziale tra l’offerta di Vialli di qualche tempo fa e la cifra necessaria per convincerlo a cedere la Samp? Non lo escludo.

    Credo però che negli ultimi mesi quelle parole pronunciate da Garrone una sera di giugno neppure un anno fa rimbombino belle nitide nella testa del Viperetta: “Se non cede alle condizioni che ho letto è un pazzo. Nel tuo interesse, se veramente hai un’offerta sul tavolo come quella che leggo sui giornali, fai l’affare della tua vita e vivi felice”. Lette oggi, sembrano una premonizione. Anzi, a maggio 2020 i soldi americani assomigliano terribilmente alla pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno. La domanda da farsi, quindi, è sostanzialmente una: valeva la pena giocare d’azzardo, alzare la posta, autocondannarsi alla paura della bancarotta e dei conti in rosso, pur di non cedere all’oblio? Ai posteri l’ardua (?) sentenza.

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