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Sampmania: e se su Damsgaard avesse ragione Ranieri?
Dell’ultima frase non mi sono pentito, penso tutt’ora manchino 17 gare al capolinea genovese del centrocampista danese. Anzi, sarei sorpreso del contrario. Sto riflettendo invece sulla premessa. Non sono più così sicuro che l’impiego dosato di Ranieri non sia la scelta migliore, per il classe 2000. Il sottoscritto non è uno dei fan sfegatati del tecnico blucerchiato, credo si sia capito, lo ritengo un allenatore concreto e solido, in grado di portare quasi sempre la barca a riva tra sbadigli e sonno, senza sussulti e divertimento, ma la gestione di Damsgaard merita un approfondimento un po’ meno superficiale. Così, per farmi un’idea, sono andato a prendere i numeri. Delle 20 presenze totalizzate in Serie A, l’ex Nordsjaelland ha giocato dall’inizio alla fine in sole 3 circostanze: Bologna, Verona e Inter. In 10 occasioni è entrato, e 7 volte ha cominciato da titolare salvo poi essere sostituito. Con Damsgaard dal primo minuto, il Doria ha fatto 19 punti sui 27 complessivi, viceversa 8 sono arrivati nei match in cui il centrocampista è subentrato. Vista così, la statistica sembra dare ragione a chi sostiene una sua iscrizione in pianta stabile sui fogli delle formazioni iniziali.
Però salta all’occhio pure un altro aspetto, ossia la caratura delle avversarie. Ranieri ha quasi sempre ‘preservato’ il ventenne, lanciandolo solo a incontro in corso contro le cosiddette grandi. Damsgaard è stato impiegato nel secondo tempo contro Lazio (segnando tra l’altro il gol del 3-0), Milan, Napoli, Roma e Juventus all’andata e al ritorno. Tutte formazioni potenzialmente in grado di metterlo in difficoltà. Certo, è rimasto seduto pure al cospetto di Benevento (due volte) Cagliari, Torino e Parma, e queste me le spiego meno. L’unica squadra di blasone affrontata dal primo minuto, tolta l’Atalanta che fa storia a sé, è l’Inter, e ha fatto un partitone. Non da esterno, però, bensì come trequartista. Altro ruolo, altri compiti, altra pressione. E se, più che limitarlo, Ranieri lo stesse proteggendo?
Rapportando l’impiego alle giocate, intese come gol e assist, ci si accorge di un sostanziale equilibrio: due marcature stagionali, una da titolare e una da riserva, e quattro assist, due partendo dalla panchina e due dall’inizio. Divisione perfetta. A tutto ciò dobbiamo aggiungere la preoccupante ridda di voci sul futuro di Damsgaard, seguito da parecchie società estere e italiane. Normale, scontato quanto volete, e il ragazzo sembra particolarmente posato e inquadrato, ma l’eccessiva pubblicità potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Potrei persino rivedere in parte la mia posizione in merito alla sua titolarità, a patto però di corrispondere in ugual maniera un impiego abbondante nei confronti delle compagini più abbordabili, magari molto fisiche, ma in difficoltà di fronte alla tecnica e ai movimenti rapidi nello stretto del talentino blucerchiato.
Poi certo, comprendo benissimo il pensiero del tifoso. Se io, sampdoriano, so di essere destinato ad ammirare per poco tempo un talento evidente e cristallino - tutti i calciatori interessanti alla Samp hanno la data di scadenza stampigliata bella grossa in fronte, vicino al cartellino del prezzo - almeno lasciatemelo gustare il più possibile. Purtroppo, temo non sarà Damsgaard a cambiare questa abitudine. Eppure a malincuore, in certi scontri l’esperienza di un giocatore quadrato e formato come Jankto o Candreva è persino più utile della classe di un giovane in rampa di lancio. Per la squadra, e pure per il ragazzo. Ah, ovviamente domenica me lo aspetto titolare, sia chiaro. Ho un fantacalcio da vincere, e lì in panchina io non lo metto mai.
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