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    Sabatini CM: 'Festa Salernitana in piazza: dà più godimento una sconfitta altrui o una vittoria propria?'

    Sabatini CM: 'Festa Salernitana in piazza: dà più godimento una sconfitta altrui o una vittoria propria?'

    • Sandro Sabatini
      Sandro Sabatini
    “È stata la mano di Dia”: letta su Twitter un’ora dopo la partita. A chi ha qualche anno di esperienza (e di troppo, per sentirsi a proprio agio su tutti i social), questo giochetto di parole era venuto in mente subito, già al 90mo. La festa finita in beffa avrebbe fatto sorridere anche lui, Diego Armando Maradona, iconico autore della “mano de Dios”, nonché titolare dello stadio di Napoli e di tutta Napoli.

    La festa preparata per tutta la notte è finita quando non si intravedeva nemmeno il tramonto. E anche se lo scudetto è stato appena rinviato di qualche giorno e un paio di punti, quelli dell’irrisoria certezza matematica, la delusione ha preso il sopravvento. I giocatori hanno reagito con amarezza, Spalletti con filosofia. De Laurentiis chissà. I tifosi hanno sostituito la delusione con la rabbia quando da Salerno hanno iniziato a circolare le immagini dei salernitani in festa. Così si è verificata, sempre sui social, territorio preferito dalla stupidità artificiale, una guerricciola virtuale su dove e quando esultare, perché e per come festeggiare.




    Si è aperto un dibattito. Che si riaprirà la notte della finale di Champions, quando in Duomo andranno i milanesi vittoriosi in finale oppure i milanesi perdenti in semifinale. Comunque sarà una piazza in festa, visibile in tutto il mondo. Che bellezza sarebbe, se fosse per una vittoria. Che tristezza, per una sconfitta.

    Ecco il momento della domanda che il “politically correct” evita da secoli: dà più godimento una sconfitta altrui o una vittoria propria? Va bene anche perdere in semifinale, basta che “quelli” non vincano in finale? Per l’70% dei tifosi, la risposta è “sì”. Per il 20% “ni”. Il restante 10% appartiene alla vecchia generazione cresciuta (e ormai invecchiata) con la raccomandazione che “nelle coppe si tifa sempre per la squadra italiana”.

    Sempre ai confini del politicamente corretto, va ammesso che i tifosi della Salernitana hanno festeggiato un bellissimo punto-salvezza ma hanno pure goduto per aver rovinato la domenica al Napoli, "colpevole" di una festa annunciata, preparata e spostata senza chiedere un minimo cenno d’assenso alla squadra ospite. La Salernitana doveva far solo tappezzeria, come si diceva una volta.

    Comunque la festa scudetto si farà. E solo questione di ore. Chissà poi se dopo lo scudetto ci sarà ancora la scia dei caroselli napoletani nella notte della Champions. Chissà… Ma sicuramente piazze e quartieri napoletani faranno ancora festa se una qualsiasi tra Juve (di più) e Roma perderà la finale di Europa League. E sarà considerato naturale, ovvio: perfino più degli eventuali tifosi del Toro a Torino e della Lazio nella Capitale.

    Eppure questa festa di Napoli già basterebbe a se stessa, tanto è meravigliosa. Fenomeno di costume e passione. Fenomeno e basta. È la festa di uno scudetto entusiasmante e coinvolgente. È la vittoria bella di per sé, anche senza la sottolineatura delle sconfitte o di quelli che vengono spacciati come “fallimenti” altrui.

    Sul fallimento nello sport viene voglia di citare Giannis Antetokounmpo, la stella del basket Nba che ha dato una lezione morale e mondiale a tutti, non solo a quel giornalista che gli aveva posto la domanda. Il guaio è che non era nemmeno una domanda birichina, perché ormai è abitudine etichettare come fallimento qualsiasi piazzamento, dal secondo posto in giù. Ma non è così: perché la vittoria è l’eccezione, non la norma. Perché nella vita esiste “la mano de Dios” ma ogni tanto ci scappa anche “la mano di Dia”. Perché ogni fallimento è un passo verso il successo. L’ho detto Giannis l’altro giorno, l’aveva detto Ibra un anno fa a Sanremo. Lo sa Allegri come Spalletti. Lo sanno Pioli e Inzaghi, Sarri e Sousa. Non lo sa solo chi non fallisce perché non è capace nemmeno di fallire.

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