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  • Rugani e McKennie la faccia migliore della Juve. Ma con loro Allegri non può vincere lo scudetto

    Rugani e McKennie la faccia migliore della Juve. Ma con loro Allegri non può vincere lo scudetto

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Nella sua pochezza, la Juventus è commovente. E Allegri un condottiero coraggioso. Per necessità ha rispolverato Rugani e, a parte il gol di ieri al Cagliari, il difensore è sempre uno dei migliori, da quando si è infortunato Danilo. L’estate scorsa, l’allenatore della Juve, avrebbe dovuto sbolognare a qualche squadra l’esubero McKennie, di ritorno dal Leeds, dove era retrocesso. Invece McKennie, non solo si è conquistato un posto da titolare, ma è buono per due ruoli (esterno di fascia e mezzala), risultando sempre tra quelli con il rendimento più alto. Ci sarebbe anche un altro mezzo miracolato, che risponde al nome di Miretti, ma essendo un giovane forse è bene avere pazienza e fiducia, in fondo ha tanta strada da fare e può darsi - anche se non ci credo - che con il tempo migliori.

    Ci si domanderà: ma se Rugani è una scelta forzata, visto che mancano Danilo e Alex Sandro, dove risiedono i meriti di Allegri? Domanda fuorviante, perché Allegri ha sempre avuto stima e considerazione del difensore (oltre che dell’uomo) riaccogliendolo alla Juve anche dopo le imbarazzanti esperienze al Rennes e al Cagliari (sì, era un ex) dove faceva panchina. Ora, non è dato sapere se Rugani sia cresciuto guardando i colleghi che per una vita gli sono stati davanti o se, quantunque in età matura, sia diventato affidabile per meriti propri (allenamento, applicazione, lavoro). C’è una terza possibilità: che il salto in avanti sia riconducibile allo stesso Allegri. In ogni caso oggi, nella Juve, non c’è un centrale difensivo convincente come Rugani. Può darsi che abbia tratto beneficio dalla difesa a tre, può darsi che la vicinanza del gigante Bremer lo completi. Fatto sta che, nonostante abbia il piede greve e una visione parziale del gioco, Rugani non si può discutere.

    Un discorso ancor più radicale merita McKennie, sulla cui serietà professionale correvano alcune voci poco simpatiche a proposito del cibo e, dunque, del peso. L’americano è rimasto alla Juve perché non c’è stato uno straccio di squadra che abbia voluto investire in lui. La dirigenza bianconera si sarebbe accontentata di qualche milione (cinque? dieci?), ma non si è fatto avanti nessuno e così, contro la volontà di molti, ma non di Allegri, McKennie è rimasto in rosa. La squalifica di Pogba e, ancora di più, il coinvolgimento di Fagioli nella vicenda delle scommesse, gli hanno aperto le porte della titolarità. La sorpresa è che, oltre ad essere versatile, McKennie è ubbidiente. Non replica, non protesta, non parla. E - come avrebbe detto il mitico Osvaldo Bagnoli - dove lo metti sta. Fa talmente bene da chiedersi se, a prescindere dalle necessità, non fosse un errore rinunciare a lui a prescindere. Per la verità, Allegri, che ha una predilezione per i mediocri, nella segreta speranza di regalare a sé e a loro, un futuro radioso, si era segretamente battuto perché restasse. Sa infatti che McKennie si spende in allenamento, non si risparmia in partita, ha una buona tecnica, segna qualche gol. Tuttavia che fosse così utile e, perché no, così bravo, non lo poteva pensare nemmeno il suo allenatore. Ovvio, però, che con Rugani e McKennie titolari, lo stesso Allegri nutra più di qualche dubbio a proposito della possibilità di vincere lo scudetto. Sicché, alla fine, il tecnico della Juve non è per nulla disonesto quando parla di quarto posto. Essere al primo, anche solo per un’altra mezza domenica, è un autentico miracolo.

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