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Romamania: Mourinho impotente, non si può contare su Dybala
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Il primo vero tiro in porta lo fa all’87’ minuto con Belotti, quel che resta delle vane speranze è contenuto nella rovesciata\disperata di Lukaku nel recupero. Gli esterni non azzeccano un cross per tutta la partita, Dybala viene sostituito - stavolta all’intervallo a causa del “solito” problema al flessore - per la 32esima volta da quando gioca alla Roma su 60 presenze. Considerando che in altre 12 occasioni è entrato dalla panchina si ha la misura complessiva su quanto sia effettivamente possibile contare su di lui.
Gli esterni non azzeccano un cross, in difesa deve giocare un giovanissimo inesperto che finisce per causare il rigore decisivo, Mourinho sostituisce Dybala con Pellegrini invece di inserire uno dei tre attaccanti (Azmoun, Belotti ed El Shaarawy) che siedono accanto a lui in panchina. Poi entreranno tutti e tre, senza cavare un ragno dal buco. Nel frattempo Bove si è ritrovato a giocare da esterno a tutta fascia a destra dopo l’uscita di Karsdorp, con Kristensen a fare il centrale di destra della difesa a tre senza che si passi a una più logica, a quel punto, linea a quattro. Tanto caos tattico, di organizzazione di gioco neanche a parlarne, la quota nervosismo non manca mai: espulsi Azmoun e poi Mancini a partita finita, nel classico “saloon” post derby.
Mourinho, che di derby ne ha persi 4 su 6 e ne ha vinto solo uno, se la prende con l’arbitro anche stavolta e ha ragione nel definire “da VAR” il rigore assegnato per il fallo di Huijsen. Non è un caso che Orsato non lo abbia fischiato in diretta e invece Irrati lo assegni dalla saletta di Lissone. Ma è lo stesso allenatore a riconoscere che “è un rigore dei tempi moderni e qualche volta lo abbiamo preso anche noi”. Vedi domenica scorsa con l’Atalanta. Ormai i giocatori hanno capito il trucco e si adeguano: non conta più solo la dinamica reale delle azioni ma anche quella che appare dentro un replay in un monitor.
Questa la cronaca dei fatti di un’altra giornata storta, che aggiunge amarezza a una stagione fin qui molto negativa, considerando l’ottavo posto attuale in classifica e l’incapacità della Roma di vincere un girone modesto di Europa League e qualificarsi direttamente agli ottavi. Poi ci sono le riflessioni da fare, nell’ottica di un futuro a breve termine che spaventa (domenica c’è il Milan a San Siro, all’orizzonte si intravede la doppia sfida col Feyenoord) e delle successive prospettive, altrettanto allarmanti.
Nella Roma di oggi c’è ben poco da salvare. La società sta cercando un direttore sportivo dopo le dimissioni anticipate di Tiago Pinto, che ha finito per accusare più di altri la personalità dell’allenatore, e intanto non può fare mercato se prima non riuscirà a vendere qualcuno. Tra infortuni a raffica, defezioni per la Coppa d’Africa e la Coppa d’Asia e l’oggettiva usura fisica di alcuni presunti protagonisti, su quali basi potrà ricostruire la squadra del prossimo anno il dirigente che verrà scelto dai silenziosi Friedkin? E chi deciderà se è il caso di andare avanti con un allenatore amato dai tifosi oltre ogni immaginazione, ma che oggi dà una sensazione di impotenza?
Non rimane che affidarsi alla magia del calcio e a una scintilla improvvisa che possa capovolgere la situazione. Alzi la mano chi ha la minima idea su quale sia l’interruttore da premere.