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  • Roma, i segreti dello Sheriff e della secessionista Transistria: l'Europa si gioca a 100 km dal fronte

    Roma, i segreti dello Sheriff e della secessionista Transistria: l'Europa si gioca a 100 km dal fronte

    • Federico Albrizio
    Il pallone in campo, l'ombra del conflitto fuori. L'Europa League della Roma non parte da un luogo qualunque, ma da una delle zone più calde in questo momento storico. La squadra di José Mourinho comincia il suo cammino europeo dalla Moldavia, più precisamente dalla Transnistria, due regioni unite solo dal calcio, da quel campionato - la Divizia Nationala - di cui lo Sheriff avversario dei capitolini è dominatore da 20 anni. Guidato oggi da Roberto Bordin, alla sua seconda esperienza alla guida del club di Tiraspol con il quale ha subito vinto un altro scudetto, il terzo complessivo considerando la precedente avventura tra il 2016 e il 2018, e un'altra coppa. E' tornato dopo le esperienze in Azerbaigian, al Neftchi Baku, e alla guida della Nazionale moldava, ha trovato una terra ancora segnata dalle diversità culturali interne, accentuate più che mai dalla vicina guerra in Ucraina.
     


    DUE MONDI OPPOSTI - Il fiume Dnestr funge da confine tra due parti così vicine e così incompatibilmente diverse dello stesso Stato. Da una parte la Moldavia, nata dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, di lingua rumena e al lavoro per entrare nell'Unione Europea; dall'altra la Transnistria, che rivendica l'indipendenza, parla russo e utilizza il rublo come moneta. Una lunga storia di divisione e rivendicazioni, nata nel 1990 quando la Transnistria dichiarò unilateralmente la propria indipendenza, ancor prima della Moldavia che avvenne solo un anno più tardi. Segnò la nascita di una guerra tristemente celebre nel 1992, terminata con un armistizio garantito da una commissione congiunta tripartita tra Russia, Moldavia e Transnistria, corredata dalla creazione di una zona demilitarizzata tra Moldavia e Transnistria comprendente venti località a ridosso del fiume Dnestr.

    A 100 KM DAL FRONTE - Non a caso, oggi, poco prima del corso d'acqua tra Chisinau (capitale moldava) e Tiraspol (capitale transnistriana) è situata una 'dogana' con un presidio di russi che chiedono il passaporto e impediscono l'accesso agli stranieri. D'altronde, quello che aspetta oltre il Dnestr è un mondo completamente diverso, ancora legato alla bandiera rossa con falce e martello. Tiraspol, la capitale, ospita l'amministrazione che governa la Transnistria, il parlamento - il Soviet - davanti a cui spicca la statua di Lenin, e i suoi meno di 400mila abitanti a maggioranza russo-ucraina, motivo scatenante dell'opposizione armata all'unità con la Moldavia nel '92. Una questione rilanciata nell'ultimo anno, perché Tiraspol si trova a 15km dal confine ucraino e a un centinaio da Odessa, porto diventato zona di guerra e anche negli scorsi giorni bersaglio di droni e missili. Una vicinanza che ha portato la Moldavia a diventare una zona a rischio coinvolgimento nel conflitto, visti gli interessamenti di Mosca sulla regione filorussa. Timori che, anche lo scorso giugno, sono stati ribaditi da Igor Grosu, presidente del parlamento moldavo dal 2019 e leader del partito di maggioranza Pas, in un'intervista a Repubblica: "Il piano russo di arrivare fino in Transnistria esiste ancora, ma per fortuna l’Ucraina ha respinto l’esercito di Mosca al di là del fiume Dnipro. Ma anche noi abbiamo fatto la nostra parte, siamo riusciti a mantenere la stabilità nel paese e a evitare l’escalation del conflitto in Moldavia. L’integrazione nella Ue della Moldavia e la pacificazione in Transnistria sono due processi differenti che si muovono con velocità diverse. Una soluzione immediata e veloce per la Transnistria non è possibile, anzi implicherà sacrifici in termini sociali, economici, politici: i costi sono da valutare. Disposti a cessioni sulla Transnistria? No, mai, la Transnistria è nostra: venti anni fa è stata occupata illegalmente dalla Russia la cui tattica è di creare conflitti congelati nelle ex repubbliche sovietiche come Ucraina e Georgia. L’importante è non farsi influenzare dalla falsa propaganda di Mosca".

    IL BORDIN-BIS - In questo contesto, il calcio. Che vede lo Sheriff, nato solo 26 anni fa, come dominatore assoluto del campionato. Campione di Moldavia per 21 volte, 41 titoli complessivi partendo dalla Coppa Moldava del 1999 e per strada qualche soddisfazione, come la storica e clamorosa vittoria 1-2 al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid. Della rosa che fece quell'impresa in Spagna non è rimasto più nulla, ma a distanza di cinque anni è tornato Bordin. Lui che aveva vinto due campionati e una coppa nazionale, si è ripresentato a gennaio prendendo in mano una rosa già fatta e l'ha portata ancora alla gioia, vincendo a maggio un altro scudetto e un'altra coppa nazionale. Una carica di entusiasmo che non è bastata per superare i preliminari di Champions League (premiato il Maccabi Haifa, eliminato poi dallo Young Boys approdato ai gironi della massima competizione europea), ma che lo Sheriff ha sfruttato per superare agevolmente i turni preliminari di Europa League (contro BATE Borisov e KÍ Klaksvík) e regalarsi il girone con la Roma di Lukaku, lo Slavia Praga e il Servette. L'ambizione di superare il turno c'è, alimentata dalla buona partenza in Super Liga (quattro vittorie, una sconfitta, 13 gol fatti e tre subiti) e dai rinforzi arrivati dal mercato. Luvannor e Ankeye ad esempio sono i due pezzi forti dell'attacco in attesa del rientro di Akanbi. Il blocco africano, come ammesso da Bordin in una recente intervista a La Gazzetta dello Sport, è uno dei punti di forza e in questo gruppo vanno annoverati il camerunese Gaby Kiki, il marocchino Amine Talal e il burkinabé Cedric Badolo, punti fermi di difesa e centrocampo. Un gruppo compatto, anche nell'affrontare una situazione ambientale particolare per questioni nazionali ("I rapporti con la Moldavia sono sempre delicati. Ma anche in giro per Chisinau e le altre città non ho registrato episodi spiacevoli, o contestazioni dei tifosi rivali", raccontava Bordin) e per la vicinanza con il confine ucraino. In questo contesto arriva la Roma: con lo Sheriff si gioca a 100 km dal fronte.



     

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