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  • Renato Curi, il gol alla Juve e poi quel maledetto pomeriggio di un anno dopo

    Renato Curi, il gol alla Juve e poi quel maledetto pomeriggio di un anno dopo

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    E’ il 16 maggio del 1976.

    Si gioca l’ultima giornata del campionato di calcio di Serie A.

    Nulla è ancora deciso.

    Il Torino capolista, che ha un solo punto di vantaggio sulla Juventus, ospita al Comunale il Cesena, una delle squadre rivelazione del torneo che sta lottando per conquistare un posto in Europa.

    La Juventus va invece a Perugia contro la neo-promossa compagine umbra che ha disputato una stagione eccellente “flirtando” anch’essa per diverse giornate con la prospettiva di un posto nella prossima Coppa UEFA.

    Le due partite sono tiratissime ed estremamente equilibrate.

    Alla fine dei primi tempi in entrambi i campi il risultato è di zero a zero.

    Sono passati dieci minuti scarsi dall’inizio della ripresa quando durante “Tutto il calcio minuto per minuto” arriva la voce inconfondibile di Sandro Ciotti.

    «Scusa Ameri. Qui a Perugia i padroni di casa sono passati in vantaggio».

    Sarà il gol che consegnerà il titolo al meraviglioso Torino di Gigi Radice.

    Il primo scudetto dei granata a ventisette anni di distanza dalla tragedia di Superga che si portò via la squadra più forte della storia del calcio italiano.

    A segnare quel gol, con un bellissimo tiro al volo, è stato un giovane centrocampista che dopo qualche stagione in chiaroscuro ha trovato a Perugia la definitiva consacrazione.

    Il suo nome è Renato Curi.


    E’ passato poco più di un anno da quel giorno di maggio.

    Il Perugia aveva chiuso quel campionato con un brillante ottavo posto.

    Un risultato eccellente per una neo-promossa alla prima esperienza in assoluto nella massima serie del campionato italiano.

    Dopo un’altra splendida cavalcata, quella del 1976-77, chiusa al sesto posto a due soli punti dalla qualificazione UEFA, la nuova stagione parte sull’onda delle precedenti.

    Quando il 30 ottobre al Comunale di Pian di Massiano si presentano i campioni in carica della Juventus il Perugia è “carico” e fiducioso e soprattutto reduce da due vittorie consecutive contro Fiorentina e Bologna.

    Negli umbri c’è la consapevolezza di poter assestare il colpaccio ai danni della corazzata bianconera di Zoff, Bettega, Causio e compagni anche in virtù del fatto che i bianconeri, dopo la scoppola del maggio del 1976, anche nella stagione precedente non sono andati aldilà di un pareggio in terra umbra.

    E’ una giornata fredda e piovosa che non permette di assistere ad una partita brillante e ricca di spunti tecnici.

    Il primo tempo si chiude sullo zero a zero.

    Una punizione di Romeo Benetti e una conclusione alta di Franco Vannini sono gli unici episodi degni di nota.

    Se la situazione del terreno di gioco non permette giocate di fino il temporale che si scatena sul Comunale nell’intervallo mette la parola fine sulla speranza di vedere del buon calcio.

    Nell’acquitrino che si ritrovano sotto i tacchetti i calciatori al loro rientro in campo diventa un’impresa riuscire a rimanere in piedi ... figuriamoci a giocare a pallone!

    Probabilmente anche l’arbitro dell’incontro, il Signor Gianfranco Menegali, sta valutando se davvero valga la pena di proseguire quella farsa.

    Sono passati poco più di cinque minuti dall’inizio della ripresa.

    C’è una rimessa laterale a favore del Perugia nella propria trequarti difensiva.

    Dall’oro, il terzino sinistro del Perugia, sta per rimettere in gioco il pallone.

    Poi si ferma.

    Il suo sguardo, quello di compagni e avversari e quello dei trentamila spettatori presenti sugli spalti è rivolto verso il cerchio del centrocampo dove c’è un giocatore del Perugia a terra.

    Non è caduto durante un’azione di gioco, questo è evidente a tutti.

    Si forma un capannello intorno al calciatore a terra in maglia rossa.

    La reazione dei primi ad accorrere in soccorso è tutt’altro che confortante.

    C’è chi chiede con veemenza l’intervento della barella, chi dà un’occhiata e poi si allontana di scatto ... c’è chi si porta le mani al volto e chi se le mette nei capelli.

    L’uomo in terra è Renato Curi, il numero “8” del Perugia, pietra miliare di questa squadra che da tre stagioni sta incantando tifosi e addetti ai lavori.

    Renato Curi morirà lì, su quel campo di gioco, prima ancora di arrivare negli spogliatoi.



    Renato Curi nasce a Montefiore dell’Aso, piccolo comune in provincia di Ascoli Piceno. A causa del lavoro del padre si trasferisce in giovane età in Abruzzo.

    Dalla piccola “Marconi Pescara” dove inizia a tirare i primi calci nel settore giovanile viene prelevato dal Giulianova all’età di sedici anni.

    A diciassette è già titolare e contribuisce in maniera importante alla promozione in serie C dei giallorossi abruzzesi.

    Al Giulianova rimane per altre due stagioni ma le sue prestazioni sono di un livello tale da attirare diverse squadre della serie cadetta nazionale che si dimostrano interessate al suo cartellino.

    Chi fa sul serio più di tutte è il Como, passato nell’estate dell’arrivo di Curi dalle mani di Eugenio Bersellini a quelle di Pippo Marchioro.

    Dopo un inizio difficile dove fatica ad entrare nei piani dell’allenatore milanese Renato inizia a ritagliarsi il suo spazio in prima squadra.

    La squadra “gira” e la promozione nella massima serie diventa ogni giorno più concreta.

    Con la promozione ormai ad un passo arriva una sola vittoria nelle ultime sette partite che condannano i lariani ad un quarto posto finale ... subito dietro le tre neopromosse Varese, Ascoli e Ternana.

    Sarà proprio in quella stagione che arriveranno i primi segnali dei problemi cardiaci che purtroppo si riveleranno fatali per Renato Curi.

    Le visite mediche evidenziano infatti un cuore con dei battiti decisamente irregolari.

    Viene fermato, mandato a Coverciano per visite più approfondite prima di ricevere il nulla osta per tornare in campo ... ma con l’obbligo di controlli più frequenti del normale.

    Renato minimizza.

    «Ho semplicemente un cuore da atleta che si stabilizza sotto sforzo. Tutto qui. E’ solo un cuore un po’ “matto”, come quello del ciclista Bitossi»

    Probabilmente Renato deve ancora smaltire la delusione per quella promozione sfumata per un soffio quando arriva per lui una “chiamata” che si rivelerà fondamentale nella sua purtroppo breve carriera.

    Il Perugia del presidente Franco D’Attoma che ha importanti ambizioni per il suo club decide di affidare la panchina ad un giovane allenatore che proviene dalle giovanili dell’Atalanta.

    Si chiama Ilario Castagner, non ha ancora trentaquattro anni e nessuna esperienza come allenatore in squadre professionistiche.

    Il primo nome sulla lista del giovane “Mister” di Vittorio Veneto è proprio quello di Renato Curi.

    Sarà l’inizio di una delle più belle favole dell’intera storia del calcio italiano.

    Per il Perugia arriverà un’immediata promozione in Serie A alla quale faranno seguito stagioni esaltanti e da risultati eccezionali quanto sorprendenti.

    ... risultati che avrebbero potuto essere ancora migliori se il destino in quel maledetto pomeriggio di ottobre non si fosse portato via uno dei suoi più importanti protagonisti ...


    NOTE
    Già nel novembre del 1977, pochi giorni dopo la scomparsa del ventiquattrenne centrocampista del Perugia, lo stadio di Pian di Massiano fu intitolato a Renato Curi.

    Il giorno della morte di Renato allo stadio era presente anche la moglie Clelia.

    La coppia aveva già una figlia, Sabrina di tre anni.

    Solo dopo qualche settimana da quel tragico giorno Clelia scoprirà di portare in grembo un figlio a cui verrà dato lo stesso nome del padre.

    A Perugia nessuno ha dimenticato Renato Curi.

    Ogni anno le iniziative in suo ricordo aumentano e coinvolgono la sua famiglia, la dirigenza, la squadra e i tifosi.

    Nel 2022, il 28 ottobre, fu celebrata una Santa Messa nel ricordo di Renato.

    Ma la cosa più significativa e toccante accadde due giorni dopo durante il match di campionato tra Perugia e Cittadella.

    Esattamente al quinto minuto della ripresa il gioco venne interrotto.

    Un assordante silenzio e a seguire un lungo applauso hanno ricordato la tragedia di quarantacinque anni prima.

    Una splendida testimonianza affinché il nome di Renato Curi possa continuare ad essere vivo e presente anche per le nuove generazioni di tifosi dei “Grifoni”.

    ... manca solo una cosa ...

    Un piccolo gesto da parte della società ma che avrebbe un valore immenso: ritirare la maglia numero “8”.

    Sono passati tanti anni è vero ... ma per i gesti nobili e preziosi non è mai troppo tardi ...
     

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