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    Povera Inter, lezione di calcio dal Napoli: il fallimento è a un passo

    Povera Inter, lezione di calcio dal Napoli: il fallimento è a un passo

    • Giancarlo Padovan
    Il Napoli si piazza a meno uno dalla Roma, l’Inter arranca a meno tre dal MIlan.

    Se a quattro giornate dalla fine la lotta per il secondo posto è ufficialmente riaperta (
    e a questo punto il Napoli sembra più fresco, più motivato e anche più in forma dei giallorossi), quella per l’ultimo accesso all’Europa League giace malinconicamente tra i piedi delle due milanesi. In teoria ci sarebbe anche la Fiorentina, ma da una squadra che si fa battere nettamente dal Palermo, non ci si può aspettare niente di buono.

    Niente di buono nemmeno dall’Inter, ormai in caduta libera.

    Il Napoli gioca il miglior calcio d’Italia
    - siamo d’accordo - ma un conto è perdere, un altro è subire lezioni di gioco sia nel primo che nel secondo tempo. Poi, per puro gusto del paradosso, la squadra di Sarri vince su un regalo di Nagatomo, allo scadere del primo tempo, e quello di Callejon, che beneficia dell’errore del giapponese, resta l’unico gol della partita.

    Ne sarebbero potuti venire altri. E se da una parte avrebbero dato una più adeguata idea della differenza fatta registrare sul campo, dall’altra avrebbero finito per mortificare ulteriormente Pioli e un ambiente che non appare più in grado di reagire.

    A Milano circola anche la leggenda che alla proprietà cinese non piacerebbe per nulla l’ingresso di servizio - con tanto di preliminari a luglio - dell’Europa League, a discapito di qualche tourneé ben remunerata.
    Io non ci credo. Sia perché la riterrei una mancanza di rispetto nei confronti del campionato e dei tifosi. Sia perché sarebbe il peggior modo per continuare un’avventura che si vuole grande, ricca, memorabile.

    Il Napoli fa bene a credere al secondo posto. La squadra gioca a memoria, ha elementi intercambiabili, Sarri è meno rigido nei cambi, l’entusiasmo può essere un ulteriore propellente. Poi, se al culmine di decine di azioni, si raccoglie solo con Callejon, su scarabocchio stilistico (una svirgolata), di Nagatomo, ci si può abbandonare a qualche riflessione. 

    Tuttavia il dato inequivocabile - assieme ad un eccedente possesso palla - è che il Napoli possa verticalizzare in ogni momento (l’ha fatto almeno quattro volte nel primo tempo) o ripartire in campo largo dopo il pressing.


    Per me il migliore del Napoli, subito dopo Insigne, è stato Zielinski, grande ispiratore della manovra e autore dell’assist che, prima del vantaggio, aveva condotto il Napoli ad un passo dal gol. Mertens, scattato in profondità e non seguìto da Medel (pessimo), dall’angolo del palo di sinistra è andato a scheggiare il legno di quello opposto.

    Naturalmente questa non è stata l’eccezione (il palo sì, il resto no), ma la regola di una squadra che gioca nel corto e nel lungo con la stessa precisione e intensità. Ne abbiamo avuto conferma nella ripresa quando, a fronte di un’Inter caotica e caratterizzata da molti errori individuali, il Napoli ha proposto tre situazioni da gol (due volte con Insigne e una volta con Rog) che solo Handanovic è riuscito a sventare.

    L’Inter si è vista solo con una conclusione di Candreva (assist di Icardi), fuori, e con un tiro al volo di Perisic, subentrato ad un insufficiente Joao Mario, parato da Reina.

    Poco. Pochissimo in una squadra che ormai non risponde più ai comandi. Forse perché i primi a non credere agli obiettivi sono proprio i calciatori. Solo Handanovic è meritevole di una sufficienza. Gli altri o non ci sono proprio o sono in via di spegnimento.

    Non è nemmeno un problema di assenze. Contro il Napoli, per esempio, si è infortunato Miranda poco prima del fischio finale. Murillo, il suo sostituto, e Andreolli, il sostituto del sostituto, sono stati tra i meno peggio. 

    Piuttosto all’Inter manca un riferimento in campo e fuori. Dispiace per Pioli ma, a meno di un’inversione di tendenza clamorosa, il fallimento tecnico sarà completo. L’ha cominciato de Boer, lo sta completando un allenatore che, per cinque mesi, aveva fatto benissimo.

    Eppure il rischio di implosione è il più probabile e il più devastante.        
              

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