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Plusvalenze, la difesa della Juve e l'accusa a Chiné: c'è un vizio formale per annullare la sentenza
L'ACCUSA A CHINE' - Da qui la già annunciata volontà di ricorrere al Collegio di Garanzia, che potrà o annullare o confermare, ma non modificare la decisione della Corte d'Appello. La Juventus, come detto, sta puntando il dito proprio su Chiné e, in particolare sulle tempistiche per l'avvio della richiesta di revocazione che ha poi portato alla sanzione. Come riporta Repubblica, per i legali bianconeri, la Procura avrebbe ecceduto i termini per presentare la richiesta di revocazione.
TEMPI NON RISPETTATI - Il codice di giustizia sportiva prescrive il termine di 30 giorni dalla notizia di fatti nuovi. Il procuratore Chinè l’ha firmata il 22 dicembre: aveva ricevuto gli atti dalla Procura di Torino nel pomeriggio del 24 novembre: quindi, il termine dei 30 giorni sarebbe perfettamente rispettato. La Juventus però ritiene non sia così perché la richiesta della procura della Federcalcio ai pm era partita già il 27 ottobre, 3 giorni dopo la chiusura indagini. Addirittura, un uomo della Procura sarebbe partito per Torino in quelle ore. Possibile che abbia ricevuto già in quell’occasione i faldoni? Se lo chiede la difesa. Perché agli atti la richiesta della Procura federale risulta effettivamente depositata in cancelleria il 24 novembre: eppure riporta la data originaria, 27 ottobre. Ora dovrà stabilire il Collegio del Coni se questa e altre recriminazioni della Juventus siano ricevibili.