Pippo Russo: RojaDirecta e il calcio televisivo che uccide se stesso
Dunque infine l’hanno avuta vinta la Liga e la tv di stato spagnola, cioè l’ente venditore e l’ultimo acquirente del torneo di casa. E sentono sollievo tutte le altre leghe e emittenti continentali che dalle emissioni di RojaDirecta hanno visto messi a rischio il prodotto e l’investimento. Insomma, si celebra quello che in molti definirebbero un ritorno alla legalità, anche se su questo aspetto molti troverebbero di che contestare e argomentare. La cosa su cui però tutti concorderebbero è un’altra: dopo l’esperienza di RojaDirecta le cose non torneranno come erano prima, e le proteste di queste ore ce lo dimostrano.
Sta in questo l’aspetto più interessante della vicenda. Gli appassionati di calcio spagnoli e degli altri paesi protestano per la chiusura di un’emittente che violava le leggi sul copyright e gli interessi di soggetti che hanno investito cifre pesanti nell’acquisto di un prodotto da commercializzare. Dunque si protesta in difesa di un’illegalità. E come tutte le volte che ciò succede, lo si fa partendo dalla convinzione che siano le condizioni della legalità a essere sbagliate, e che dunque violarle sia un gesto di autodifesa e riappropriazione della libertà. E qui non si tratta di stabilire se vi sia del giusto in chi crede che queste condizioni d legalità configurino un abuso. Piuttosto, bisogna riflettere sul fatto che la megamacchina del calcio televisivo a pagamento, crescendo a dismisura, ha posto le condizioni per la propria stessa distruzione. E il caso di RojaDirecta è un simbolo di ciò.
È accaduto infatti che la megamacchina del calcio televisivo, costituita dagli organizzatori dei campionati e dai produttori televisivi (che talvolta coincidono in un solo soggetto), abbia creato un bisogno laddove, fino a vent’anni fa, esso non esisteva. Allora il fatto di non vedere la partita in tv era la norma, perché di partite in tv ne passavano poche e tutte in chiaro. Tutto ciò che rimaneva fuori dalla limitata offerta televisiva non era un oggetto desiderabile dall’utenza dei calciofili. Poi invece con l’avvento delle tv a pagamento è cambiato lo scenario. È esplosa l’offerta di calcio, ma a pagamento. E con lo scorrere degli anni l’aumento della diffusione e del numero degli abbonati non ha avuto un corrispettivo nella diminuzione dei prezzi per la vendita dello spettacolo televisivo. Si è creata una nuova categoria di esclusi, composta da coloro che non possono permettersi i costi del calcio televisivo o semplicemente non vogliono pagarlo a quelle cifre. E dunque vanno a caccia dell’offerta pirata. Lo fanno al riparo dai sensi di colpa che dovrebbero accompagnare un atto illegale, perché percepiscono dall’altra parte una volontà di sfruttamento da parte della megamacchina. Una volontà che è confermata dal modo arrogante con cui viene gestito il calendario stagionale, senza alcun rispetto per le esigenze degli appassionati. Che vengono trasformati in clienti, ma non dotati dei diritti e delle tutele da garantire a ogni cliente che si rispetti. In condizioni del genere, provare a prendere gratis ciò che senti tuo e qualcuno vorrebbe farti pagare è visto come un legittimo esproprio. Prima della megamacchina, non c’era nulla da espropriare: se non potevi andare allo stadio, non avevi a disposizione la visione dell’evento. E invece adesso che l’evento è disponibile, ma a accesso condizionato e messo sul mercato secondo volontà arbitrarie dei venditori, il senso di defraudamento si fa largo. E dunque provare a prenderselo senza pagare è visto come un atto di liberazione. La megamacchina ci ha voluto clienti, ma a loro volta i clienti non vogliono essere trattati come un parco buoi. E se arriva il Robin Hood della situazione, non ci si limita a parteggiare per lui. Ci si accorge pure che sabotare si può. Dunque lo si fa, e si contesta chi organizza il contro-sabotaggio. Senza volerlo, la megamacchina del calcio televisivo ha posto le condizioni per la creazione di una coscienza di classe nella platea degli utenti. Bell’affare hanno fatto.
@pippoevai