Getty Images
Pippo Russo: Badelj o Kalinic? L'assurda regola che fa litigare i fantacalcisti
Piccole pedanterie d’inizio settimana. Sfogliando i giornali di ieri ho scoperto che da chissà quale trust di cervelli annidato in Lega di Serie A è scaturito un documento battezzato “Linee guida per l’assegnazione dei gol dubbi”. Questo documento era menzionato per risolvere la controversia sull’attribuzione del primo gol segnato dalla Fiorentina contro l’Udinese: a Badelj che ha effettuato il tiro in porta, o a Kalinic che con una deviazione fortuita l’ha reso imparabile? Dilemma lacerante, come molti altri analoghi se ne possono verificare su un campo da calcio. E per risolverlo in modo oggettivo è stato stilato dalla Lega un documento apposito.
D’acchito, leggendo dell’esistenza di linee guida su queste robe qui, mi sono tornati alla mente soggetti surreali come “L’ente sfruttamento acquedotti per usi promiscui”, e il suo funzionario che interveniva via telefono durante le puntate di “Indietro tutta”, o “l’Assessore alle attività varie ed eventuali” Paolo Cangini del comune di Roncofritto Superiore, impersonato da Paolo Cevoli. Insomma, ho pensato fosse uno scherzo, e che un buontempone si fosse infiltrato nelle redazioni e avesse piazzato un frammento di letteratura situazionista. Ma poi ho cercato su internet e ho trovato il documento, che vi ripropongo: ecco a voi le “Linee guida per l’assegnazione dei gol dubbi” (leggi QUI). Una pagina in cui il capello viene spaccato in venticinque per stabilire a chi debba essere assegnata una marcatura nella classifica dei cannonieri. Roba d’alta fureria, figlia dello zelo con cui a fine anni Novanta si decise di limitare il più possibile la presenza degli autogol nei tabellini delle partite.
Allora si disse che l’assegnazione del gol al tiratore, indipendentemente da quanto sia decisiva la deviazione, debba considerarsi un incentivo al calcio offensivo. E a chi chiedeva spiegazioni per non abbandonarsi subito all’ilarità veniva aggiunto come ulteriore spiegazione che per un giocatore è cosa massimamente frustrante veder trasformare un proprio gol in autogol. Dunque, che vengano premiati i tiratori. Anche nei casi in cui un tiro diretto a destra, destinato a parata sicura, venga reso imparabile con deviazione verso l’angolo opposto. Così faremo in modo di non creare masse di tiratori frustrati. Come nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Usa, un’ipotetica Carta dei Diritti Fondamentali del Calciatore deve contenere il Diritto alla Felicità. E quale felicità più alta che quella del gol?
Con siffatte motivazioni, l’abolizione di quello che possiamo definire “autogol da correzione” (per distinguerlo dall’autogol di pura maldestrezza, quello che non deriva da un tiro avversario) è nata dentro un’aura di ridicolo. E questo ha inficiato una misura che pure aveva qualche buona ragione. I lettori meno attempati non possono ricordare che c’è stato un tempo in cui veniva segnato come autogol pure un tiro destinato a gol sicuro, ma sul quale il difensore provava un tentativo estremo di salvataggio col solo risultato dare l’ultimo tocco al pallone prima che questo varcasse la linea. E in quel caso sì che per il tiratore era una cosa frustrante. Un gol che era tutto merito suo passava agli archivi come autogol. Ho visto stopper e liberi sull’orlo di una crisi di pianto per aver visto vanificare l’unico gol della loro carriera a causa di un insignificante tocco di punta altrui. Quanto bastava per far catalogare come autogol la loro unica prodezza da attaccanti. E in questo senso noi italiani, forse, eravamo un po’ esagerati. Ce lo disse Zico, durante la prima delle due stagioni di serie A disputate con la maglia dell’Udinese. Si vide classificare come autogol una marcatura che riteneva sua, e da lì alimentò una polemica che andò avanti un po’. E magari qualche ragione ce l’aveva pure, il fuoriclasse brasiliano. Peccato che provò a sostenerla usando un argomento surreale, condensato in un interrogativo: “Ma allora quando il pallone tocca il palo prima di entrare in porta, dovremmo scrivere che è autogol del palo?”. Non so come abbia fatto a non ridergli in faccia chi glielo sentì pronunciare sul momento.
Da quel tempo in cui assegnavamo l’autogol anche per un tocco con l’unghia del mignolino, siamo passati all’eccesso opposto: attribuire al tiratore gol che mai sarebbero stati tali se fosse dipeso dal suo tiro, e a meno d’un colpo di sonno del portiere. E a proposito del rapporto tra felicità e frustrazione, non so quanto un calciatore possa andare orgoglioso di segnature come quelle. Certo, ci ha messo le migliori intenzioni. Ma bastano mica quelle per vedersi attribuire un premio prezioso come il gol. Purtroppo è andata a finire che i nostri tabellini sono pieni di falsi storici: gol attribuiti a tiri men che mediocri ma resi imparabili grazie alle deviazioni di compagni o avversari. Come quello di Badelj, che secondo le mitiche Linee Guida va attribuito al centrocampista anziché a Kalinic. O come lo 0-2 del Sassuolo a Marassi contro la Samp, iscritto nel tabellino come gol di Floccari anziché autogol di Silvestre. Due marcature di cui gli intestatari racconteranno ai nipoti. Soprattutto Badelj, che dopo essersi rivisto in tv avrà scelto di non tirare più in porta fino al 2025, vista la fetecchia venuta fuori prima che Kalinic la trasformasse in traiettoria imparabile.
@pippoevai
D’acchito, leggendo dell’esistenza di linee guida su queste robe qui, mi sono tornati alla mente soggetti surreali come “L’ente sfruttamento acquedotti per usi promiscui”, e il suo funzionario che interveniva via telefono durante le puntate di “Indietro tutta”, o “l’Assessore alle attività varie ed eventuali” Paolo Cangini del comune di Roncofritto Superiore, impersonato da Paolo Cevoli. Insomma, ho pensato fosse uno scherzo, e che un buontempone si fosse infiltrato nelle redazioni e avesse piazzato un frammento di letteratura situazionista. Ma poi ho cercato su internet e ho trovato il documento, che vi ripropongo: ecco a voi le “Linee guida per l’assegnazione dei gol dubbi” (leggi QUI). Una pagina in cui il capello viene spaccato in venticinque per stabilire a chi debba essere assegnata una marcatura nella classifica dei cannonieri. Roba d’alta fureria, figlia dello zelo con cui a fine anni Novanta si decise di limitare il più possibile la presenza degli autogol nei tabellini delle partite.
Allora si disse che l’assegnazione del gol al tiratore, indipendentemente da quanto sia decisiva la deviazione, debba considerarsi un incentivo al calcio offensivo. E a chi chiedeva spiegazioni per non abbandonarsi subito all’ilarità veniva aggiunto come ulteriore spiegazione che per un giocatore è cosa massimamente frustrante veder trasformare un proprio gol in autogol. Dunque, che vengano premiati i tiratori. Anche nei casi in cui un tiro diretto a destra, destinato a parata sicura, venga reso imparabile con deviazione verso l’angolo opposto. Così faremo in modo di non creare masse di tiratori frustrati. Come nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Usa, un’ipotetica Carta dei Diritti Fondamentali del Calciatore deve contenere il Diritto alla Felicità. E quale felicità più alta che quella del gol?
Con siffatte motivazioni, l’abolizione di quello che possiamo definire “autogol da correzione” (per distinguerlo dall’autogol di pura maldestrezza, quello che non deriva da un tiro avversario) è nata dentro un’aura di ridicolo. E questo ha inficiato una misura che pure aveva qualche buona ragione. I lettori meno attempati non possono ricordare che c’è stato un tempo in cui veniva segnato come autogol pure un tiro destinato a gol sicuro, ma sul quale il difensore provava un tentativo estremo di salvataggio col solo risultato dare l’ultimo tocco al pallone prima che questo varcasse la linea. E in quel caso sì che per il tiratore era una cosa frustrante. Un gol che era tutto merito suo passava agli archivi come autogol. Ho visto stopper e liberi sull’orlo di una crisi di pianto per aver visto vanificare l’unico gol della loro carriera a causa di un insignificante tocco di punta altrui. Quanto bastava per far catalogare come autogol la loro unica prodezza da attaccanti. E in questo senso noi italiani, forse, eravamo un po’ esagerati. Ce lo disse Zico, durante la prima delle due stagioni di serie A disputate con la maglia dell’Udinese. Si vide classificare come autogol una marcatura che riteneva sua, e da lì alimentò una polemica che andò avanti un po’. E magari qualche ragione ce l’aveva pure, il fuoriclasse brasiliano. Peccato che provò a sostenerla usando un argomento surreale, condensato in un interrogativo: “Ma allora quando il pallone tocca il palo prima di entrare in porta, dovremmo scrivere che è autogol del palo?”. Non so come abbia fatto a non ridergli in faccia chi glielo sentì pronunciare sul momento.
Da quel tempo in cui assegnavamo l’autogol anche per un tocco con l’unghia del mignolino, siamo passati all’eccesso opposto: attribuire al tiratore gol che mai sarebbero stati tali se fosse dipeso dal suo tiro, e a meno d’un colpo di sonno del portiere. E a proposito del rapporto tra felicità e frustrazione, non so quanto un calciatore possa andare orgoglioso di segnature come quelle. Certo, ci ha messo le migliori intenzioni. Ma bastano mica quelle per vedersi attribuire un premio prezioso come il gol. Purtroppo è andata a finire che i nostri tabellini sono pieni di falsi storici: gol attribuiti a tiri men che mediocri ma resi imparabili grazie alle deviazioni di compagni o avversari. Come quello di Badelj, che secondo le mitiche Linee Guida va attribuito al centrocampista anziché a Kalinic. O come lo 0-2 del Sassuolo a Marassi contro la Samp, iscritto nel tabellino come gol di Floccari anziché autogol di Silvestre. Due marcature di cui gli intestatari racconteranno ai nipoti. Soprattutto Badelj, che dopo essersi rivisto in tv avrà scelto di non tirare più in porta fino al 2025, vista la fetecchia venuta fuori prima che Kalinic la trasformasse in traiettoria imparabile.
@pippoevai