Pioli: "Milan, che discussione con Ibra. Con Maldini teste dure. Theo stimolato ogni giorno. Infortuni? Qui quasi nessuno..."
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BIOLI - "Yalla, che uso anche in allenamento per dire “Andiamo… andiamo…”. E mabruk che significa complimenti. Se mi riconoscono in giro? Dappertutto… Nei centri commerciali, nei ristoranti. Mi chiamano Bioli, con la B. Mi dicono: “Ciao Bioli… AC Milan… scudetto…”. Ci sono tanti milanisti".
OFFERTE DALL'ITALIA - "Avevo in mente un anno di stacco, dopo i 5 di Milan, belli, ma estenuanti. Avevo già pianificato un mese a Londra per perfezionare l’inglese e visitare qualche club: Chelsea, Tottenham… Avrei potuto godermi il super-contratto Milan, ma ho capito presto che avrei faticato a restare fermo. Se avevo offerte dall'Italia? Tre. La prima a maggio, l’ultima poco prima dell’Arabia. Ma dopo la splendida avventura al Milan, non mi sembrava giusto allenare in Italia. Se avrei lottato per lo scudetto? Credo di sì…".
CALCIO ARABO E CR7 - "Il livello qui? Più alto di quanto pensassi: 6-7 squadre possono stare in Serie A, 3-4 si giocherebbero la zona Champions. All’inizio, all’Al-Nassr, non ho forzato, poi piano piano abbiamo portato i giocatori dove volevamo noi, soprattutto sul piano dell’intensità. Cristiano Ronaldo? Se io arrivo mezz’ora prima all’allenamento, lui 25’ prima. È sempre il primo a salire sul pullman. Un perfezionista che pretende tanto da sé e dagli altri. Vive la squadra, aiuta, consiglia. A volte, lascio che parli ai ragazzi. Non posso considerarlo come gli altri. Ma è intelligente, rispetta i ruoli".
IBRA - "Ibrahimovic e Ronaldo hanno caratteri diversi. Ibra era impetuoso con una personalità dominante. Cristiano è leggenda, è planetario, è enorme… Ha in testa i mille gol ufficiali. Li farà. Non gliene mancano molti. Zlatan mi ha scritto quando ho firmato per l’Al-Nassr, io gli ho fatto i complimenti dopo Madrid. Ci siamo rabbracciati qui a Riad. È stato un piacere allenarlo, non facile, ma proprio per questo un piacere. Ricorderà senz’altro una discussione importante nel mio ufficio… A me è servita. Se gli auguro il meglio da dirigente? Certo. Quando affronti un mestiere nuovo, devi imparare tante cose e cresci anche attraverso gli errori. Zlatan è intelligente, crescerà e farà bene".
MALDINI E MASSARA - "Siamo rimasti in contatto. Ho lavorato bene con due persone oneste e molto competenti. La nostra intesa era fortissima. Poi con Paolo ci sono state anche discussioni forti, perché siamo due teste dure".
THEO VA STIMOLATO - "Theo è un bravo ragazzo. Ognuno ha le sue strategie per ottenere il meglio dai giocatori. Non c’è stato un solo giorno di Milan in cui non abbia dovuto spronarlo. Ma ditemi un solo terzino sinistro al mondo che sappia spostare le partite come lui. Mi hanno rimproverato di usare solo la carota. Non è vero. Ma il bastone io non lo mostravo in pubblico".
LEAO - "A forza di criticarlo, si perde di vista la realtà, cioè un ragazzo in continua crescita. Anche quest’anno. Io resto convinto che Rafa possa ancora diventare fortissimo, non so se da Pallone d’oro, ma molto più forte di ora. Ci sta arrivando. Quando andava in nazionale gli dicevo: “Osserva bene tutto ciò che fa CR7, poi me lo riferisci”. Tornava, mi raccontava e io gli dicevo: “Lo vedi? Fallo anche tu!”".
REIJNDERS - "Moncada mi disse: “Dai un occhio a questo ragazzo”. L’avevo già ammirato in una partita di Conference contro il West Ham. Restai affascinato dall’eleganza e dalla capacità di andare oltre l’avversario senza dribblarlo. Sì, feci di tutto per averlo. All’inizio del campionato gli capitavano due occasioni a partita. Lo martellavo: “Tijj, ti tirerò fuori i gol che hai dentro”. Ora li sta tirando fuori tutti. Fofana l’ha completato. Noi, perso Krunic, abbiamo avuto problemi. La verità è che giocare in Italia non è semplice e un anno d’ambientamento serve".
DE KETELAERE - "Lì è stato bravissimo Gasperini a trovargli la collocazione giusta, in attacco. Noi avevamo già Giroud e Leao. Ci serviva uno che lavorasse anche più dietro. Poi è cresciuto atleticamente e ha trovato a Bergamo la dimensione giusta. San Siro e la maglia del Milan pesano tanto. Charles è fortissimo, ma nella finale di Dublino ha faticato e l’anno scorso contro di noi pure: Thiaw l’annullò. Deve ancora imparare a gestire le pressioni forti. È giovane. Di certo non sbagliammo ad acquistarlo".
EMOZIONE MILAN - "Se ho seguito il Milan? Poco. Confesso: non ci riuscivo, mi emozionavo troppo davanti alla tv. È stato un distacco importante. Ho visto per intero una partita sola, la più brutta... Milan-Juve. E il secondo tempo col Real. Il derby? Era scritto che il Milan vincesse, senza di me...".
L'ADDIO - "Era arrivata una conclusione fisiologica, i derby l’hanno accelerata. Perderne sei di fila mi ha fatto male, naturale. Soprattutto i due di Champions, anche perché hanno tolto valore a un grande risultato: essere tornati in semifinale dopo 16 anni. Quando ho capito che era finita? C’è stato un momento preciso: ritorno dei quarti di Europa League, Roma-Milan, all’Olimpico. All’andata avevamo perso 1-0. In spogliatoio, prima del match feci un discorso da pelle d’oca, uno dei miei più sentiti di sempre. Ero sicuro di passare. Invece alla squadra non arrivò nulla e in campo fece poco. Lì mi accorsi che quello che davo non bastava più. L’empatia si era guastata".
INFORTUNI - "All’Al-Nassr ho avuto una sola mezza contrattura del brasiliano Talisca che ha saltato una sola partita. I metodi di lavoro sono gli stessi dell’anno scorso".
NESSUN RIMPIANTO - "Nessuno. Per me, esiste un solo metro per valutare un’avventura professionale: valutare la squadra come l’ho trovata e come l’ho lasciata. Tutto ciò che è accaduto in mezzo, di buono e di cattivo, fa parte del percorso e va accettato. Per 5 anni ho dato al Milan tutto quello che avevo, per far felice club, giocatori e tifosi. Ma non ho ricevuto in cambio meno di quello che ho dato. I conti tornano. Ho vissuto emozioni inimmaginabili e indimenticabili. Sarò grato per sempre".
INTER LA PIU' FORTE - "Sì è la più forte, anche se l’Atalanta è cresciuta, grazie al lavoro eccezionale di Gasperini, ma anche dei Percassi. Mi è piaciuta un’intervista recente di Ancelotti, in cui spiega che è venuto fuori dal momento difficile e dal 4-0 del Barcellona grazie all’appoggio della società. È così, l’ho provato: non ci può essere progetto vincente senza una società forte alle spalle. Conte per il campionato italiano è una garanzia. Gli hanno rinforzato la squadra e ha settimane libere da coppe. Lotterà fino alla fine".
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Commenti
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Caro pioli, pure Gasperini gioca con Retegui e Lookman, ed ha trovato la giusta collocazione a CD...