“Scatenerò l’inferno…Ovunque!” Questo anatema non l’ha pronunciato Abdullah Kemal, il comandante dell’Isis, bloccato dal traffico alle porte di Roma, sul Grande Raccordo Anulare. Lo ha lanciato il dirigente calcistico più “premiato” del mondo, dopo che la sua squadra (chiamiamola A) è stata sconfitta pesantemente in casa della squadra B. Una sfida classica, capitata a metà del primo campionato italiano in cui tutte le nuove tecnologie dispiegano finalmente il loro potere. Occhi di falco, moviole, giurì con tre arbitri (due a bordo campo più il direttore di gara), otto droni d’appoggio (quattro per parte) divisi per settore a coadiuvare le riprese di 24 telecamere agli ordini di un regista. Personale numeroso stipendiato dalla televisione che si è accaparrata i diritti di trasmissione, la Sbay, scelto dopo un meticoloso esame della propria storia privata. Requisito numero 1: disinteresse totale al calcio da almeno due generazioni, fino al terzo grado di parentela. Requisito numero 2: non distinguere una sfera da un cubo. Requisito numero 3: accettare un pre isolamento di 24 ore e un post isolamento sempre di 24 ore dopo ogni incontro. Solo con queste garanzie, la troupe può mettere piede in uno stadio. Il “pallone” omologato è quello a neurone centrale con almeno 18 sensori e avviso vocale (generalmente si tratta della Cavalcata delle Walkirie di Wagner) ad ogni fuoriuscita totale delle linee di delimitazione del campo. Linee del terreno di gioco altamente sensibilizzate con meta solfato argenico: a contatto del rivestimento in percolato d’abiuro del “pallone”, emettono un insopportabile latrato. Insomma, non si scappa. Niente più goal non goal, fuorigioco sì, fuorigioco no, rigori fasulli, colpi sotto la cintura, simulazioni…Nulla, ormai, può sfuggire a questa assoluta verità tecnologica. E invece no! Invece il primo goal della squadra B è stato viziato da un netto fuorigioco, come dimostrerebbe il fermo immagine prontamente richiesto dalla squadra A (ogni squadra ha diritto a 4 chiamate a partita), ma il giurì arbitrale riesaminando il referto visivo, lo proietta, come da manuale di disegno tecnico ad uso delle scuole medie, sul punto di fuga retrostante e stabilisce che l’attaccante autore del goal trovasi in chiara posizione regolare, dato che, in prospettiva, le parallele convergono. In diretta, l’allenatore della squadra A chiede il Ricorso Drone, che però proprio al momento del fattaccio, viene impallato da un piccione ebbro per il clamore assordante di un tifo infernale: la registrazione evidenzia solo una massa plumbea piumosa che oscura i giocatori. Il goal è convalidato! Pochi minuti dopo, la squadra A pareggia su calcio d’angolo, ma la squadra B si era appellata alla moviola prima della battuta perché il suo massaggiatore, pur nel frastuono, è convinto di aver udito l’inizio esaltante della Cavalcata delle Walkirie. Il replay a 34 angolazioni e occhiali 3D multipli, sentenzia che il pallone non “è uscito del tutto, quindi non sussistono le condizioni idonee all’assegnazione del calcio d’angolo” (tale il referto dello scriba digitale che stila il rapporto sulla partita). Il goal è annullato e si riprende con una rimessa dal fondo. Pronunciando le parole di fuoco sopra riportate (“L‘inferno, scatenerò l’inferno”) a fine partita il megadirigente fa ricorso immediato per richiedere “in primis, la revisione subitanea degli strumenti atti a identificare una condotta di gara consona allo spirito decoubertiano di ogni competizione. In secundis si richiede il sequestro dei dispositivi tecnologici di controllo; in tertiis, la reclusione del piccione impallatore”. L’A.C.E.d.G.I.T.A. (Alta Commissione Elettronica di Giudizio Insindacabile Tecnologicamente Avanzato) attiva h. 24, giorni 365 e composta da 18 camere ardenti computerizzate nascoste nel Gran Sasso, a cui sono stati inviati codici identificativi, filmati, algoritmi di funzione spettrografica più il piccione mezzo morto, evidenzia un pesantissimo vulnus. “La reattività sonora dell’Apparecchio Sferico Ludico ad Alta Referenza Tecnologica (così si chiamano i palloni adesso) - si legge nel comunicato ufficiale - risulta pesantemente compromessa, poiché il neurone centrale deputato a leggere gli impulsi dei sensori periferici, presenta sofferenze da danneggiamento. L’A.C.E.d.G.I.T.A. dispone conseguentemente: A) Il riesame del referto in oggetto da parte del Comitato Neurologico Digitale di Sferologia per rilevare: B) La ricerca della causa di tale malfunzionamento; C) L’esistenza di eventuale dolo nella manomissione di tale sofisticato Apparecchio Sferico Ludico ad Alta Referenza Tecnologica. In attesa del responso, la stessa Alta Commissione sospende il risultato, riservandosi il definitivo giudizio e le conseguenti decisioni”. Le televisioni interrompono le trasmissioni, i siti impazzano: è la prima volta che la tecnologica può finalmente rendere giustizia al calcio. Mai l’essere umano, quell’andare e venire di giocatori, arbitri, commentatori, giornalisti, cameramen dirigenti è apparso così fragile, così indifeso, così impari di fronte al dispiegarsi della più inarrestabile, neutra e trasparente delle autorità. La valanga di breaking news risveglia anche Abdullah e le sue truppe, che tutt’ora incartate nel Raccordo Anulare capitolino, sono andate accampandosi in un autogrill prossimo all’ uscita Casilina, ancora assai lontano dal Vaticano. Nel bar il frastuono è tale che il comandante del Califfato chiede al suo interprete di informarsi perché non capisce cosa voglia dire quel “Rubare! Sapete solo rubare!” urlato da un uomo in giacca bianca dietro a un bancone verso un altro uomo in giacca bianca, il quale risponde cantando: “Rosica qui! Rosica là!” Gli viene riferito che si tratta di una questione tribale circa un rito religioso autoctono, ma sugli schermi televisivi appare l’immagine di una piattaforma marittima: è qui che si giocherà nuovamente la partita tra le due squadre, in mezzo al mare fra l’Elba e l’Isola del Tino nel Golfo di La Spezia. Lo ha deciso l’A.C.d.G.I.T.A. dopo la risposta del Comitato Neurologico di Sferologia, con cui si evidenzia come l’Apparecchio Ludico (vabbè… il pallone tecnologico) sia stato danneggiato dal “bacillus coli di un piccione, già protagonista dell’ offuscamento d’immagine dronica. Benché - continua il referto - il piccione, tutt’ora in stato di fermo, appartenga a un noto tifoso della squadra B, non si ravvisa alcuna responsabilità diretta di quest’ ultima”. La decisione di ripetere la partita in mezzo al mare nasce da ragioni di sicurezza. Non solo umana, ma anche tecnologica. In quel tratto tirrenico si scongiurano transiti di gabbiani, né i piccioni osano avventurarvisi. Gli albatros sono di altri mari. La produzione delle immagini, come da regolamento, sarà della Società ospitante, ma la gestione (riprese, montaggio…) della Televisione Sbay. In più, le due Società calcistiche potranno disporre di tre cameramen privati ciascuna a bordo campo per supportare moviole e droni. La Orwell Organisation è la Multinazionale che con “badge” (la tecnologia parla inglese) capillari elettronici controllerà tutti i 483 addetti alle tecnologie in campo: dai trainer dei droni ai puntafughisti digitali. Per non tradire alcuna emozione di parte, i commentatori televisivi saranno tradotti da filtri che rendono la voce sintetica, come quelli dei centralini telefonici per i guasti all’utenza. Di fronte alle immagini della piattaforma che gli ricordano il petrolio, Abdullah trasalisce e si domanda cosa c’entri l’oro nero con la religione. Per due giorni resta bloccato nell’Autogrill, fra “Sapete solo rubare!” e “Rosica qui, rosica là!”. Il Grande Raccordo Anulare è sempre bloccato, il cibo scarseggia e sui teleschermi si susseguono la faccia assonnata di un uomo calvo che gli scippa lo slogan (“L’inferno, scatenerò l’inferno”) con quella di un uomo calvo dall’aria assonnata che fa finta di non esserci. Poi arrivano le immagini degli elicotteri da cui escono paramilitari in divise a strisce, uomini in nero, telecamere, computer, laser trigonometrici, sillogi satellitari, smagnetizzatori di parallassi. “Questi mi vogliono fottere!” pensa il generale del Califfato e ordina la ritirata. Sfonda con ingenti perdite il muro del Raccordo; taglia, a tappe forzate, la campagna laziale e punta verso Gaeta. Giunto nell’antico porto borbonico, s’imbarca su una flotta di feluche lesta far rotta verso meno caotici lidi. Alle sue spalle, intanto, il big match fra un ronzio di droni e un vorticar di telecamere a puntatore magnetizzato, è iniziato. Dopo pochi minuti, contro la squadra A viene sancito e confermato con un Ctrl/esc/alt # a 68 immagini estro e retroflesse, un rigore avirtuale non riproducibile: senza digitalizzazione estemporanea, il megadirigente più vincente al mondo lo sa, non c’e’ speranza. Senza replay, senza postproduzioni diametrizzate non c’è verità tecnologicamente stabilizzata a variabile certificata su cui imbastire un casino mediatico onirico digitalizzato. E scatenare l’inferno. Ora, a droni spenti, non c’è più un Dio che garantisca le fiamme di una finzione più vera del vero. Solo una palla senza neuroni a 11 metri dalla porta. Una rincorsa e bum! La semplice realtà!