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    Pernambuco: il segreto di Buffon

    Pernambuco: il segreto di Buffon

    Da 20 anni sui campi della serie A e della scena internazionale, numeri e vittorie impressionanti. E un’ingiustizia abbagliante: non ha mai vinto il Pallone d’Oro (ma questo è un premio sempre più delegittimato). Buffon, un monumento del calcio mondiale ancora in piena attività, vede oggi giustamente celebrata la sua carriera. Ma le statistiche non sono tutto, i successi nemmeno, le eccelse doti tecniche neanche.

    In quella che possiamo definire un’epoca buffoniana nel ruolo, ci sono stati molti portieri altrettanto bravi, talvolta più brillanti, ma nessuno ha avuto la sua continuità di rendimento, la sua costanza a livelli altissimi. E in fondo è proprio la costanza una delle più alte qualità d’un portiere, capace d’infondere sicurezza e certezza a tutta la difesa. Prendete Dida del Milan. In una scena di un suo film, Moretti sosteneva che Dida era più forte. Dida  però fu una cometa, che si avvitò in una crisi vorticosa. Buffon mai. Buffon si è sempre rialzato, con più forza di prima, dalla disgrazia e dall’ errore.

    Ai portieri capita spesso, per la loro solitudine, che lo sbaglio venga ingigantito e che sia sempre fatale. Il passaggio fallito viene dimenticato in un attimo, il goal a porta vuota anche. Ma la “papera”, il pallone che varca la linea quando non dovrebbe, no. E’ una ferita aperta, un’ offesa, una colpa. E’successo che Buffon sia restato solo davanti a migliaia di spettatori con la sua colpa, ma dopo pochi minuti è avvenuto anche che abbia salvato ripetutamente la sua porta.

    Lui è così. Un uomo di marmo e di parola. Andò in Serie B con la Juve senza fare una piega e se la squadra si “incrina” pericolosamente in televisione ci va lui, con gli occhi da lupo. Forse è questo il tratto che maggiormente lo ha distinto e che assomiglia anche al suo modo di giocare. Al fondo del quale, oltre le capacità atletiche chiare fin dagli inizi, sta qualcosa altro. Qualcosa che si chiama carisma. Guardatelo in campo, non quando esce in presa alta o devia un tiro ravvicinato. Guardatelo quando non ha la palla: dirige la difesa con gli occhi. 

    Ecco, al di là di tutto, il suo marchio: guardare dritti, non piegare la testa nemmeno nella disgrazia, infondere agli altri la sua sicurezza. E forse, chissà, con lo sguardo, ipnotizzare il pallone.

    Fernando Pernambuco

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