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    Pernambuco: Cercasi razzista disperatamente

    Pernambuco: Cercasi razzista disperatamente

    • Fernando Pernambuco
    Ne vorrei davvero trovare uno. Uno che dichiari apertamente: "Sono un razzista. Non mi piacciono i negri e credo nella superiorità della razza ariana su tutte le altre". Gli stringerei la mano, se non altro per il coraggio delle proprie opinioni. Lo guarderei in faccia e, se volesse, proverei a parlarci. Il fatto è che i razzisti non esistono. Non ce ne sono più, nemmeno nel Tennessee. I tifosi del Chelsea che impediscono a un ragazzo di colore di entrare nella metropolitana urlando "siamo razzisti", in realtà non lo sono: ce "l’hanno con un supporter del Psg. E’ solo tifo un po’ spinto". Il leghista che paragona l’ex ministro Kyenge a uno scimmione, ha fatto solo una battuta. I buhh negli stadi, quando un calciatore nero tocca la palla, sono sfottò contro chi gioca nella squadra avversaria. I giocatori "mangia banane" di Tavecchio rappresentano una "sintetica, quanto colorita espressione per significare come il Presidente sia particolarmente sensibile al problema dei troppi stranieri nel nostro calcio". "I troppi giocatori neri, che popolano il nostro calcio giovanile" di Sacchi, non vogliono esprimere alcun fastidio razziale. C’è stato un fraintendimento: "neri, sta per stranieri" (o straneri?). E  così via. Tutti lanciano il sasso e poi nascondono la mano. Ma avessero il coraggio di confermare quello che dicono. Invece no. Dopo un gesto, una dichiarazione, un lancio di banane…dopo cori infami, tutti a stupirsi: "Ma come! Sono stato frainteso!". "E vabbe’ se si scherza sui bianchi, si potrà scherzare sui neri!" "No! Quel buhh della curva non era un coro contro un giocatore di colore; era uno schiarimento di voce collettivo!".

    D’accordo, alcune differenze vanno segnalate. Ma se Sacchi voleva dire "stranieri" invece di "neri" allora non sa l’italiano oppure si esprime male oppure è confuso. Lo stesso si può dire per Tavecchio, il cui stile è ricco di sgrammaticature concettuali e non solo. Resta un’ aggravante: sia Sacchi, sia Tavecchio non sono persone qualsiasi. Uno è un guru del calcio, l’altro il rappresentante maximo delle istituzioni calcistiche del nostro Paese. Prendiamo per buono il lapsus per cui si confonde "neri" con "stranieri", ma se anche fosse così questi signori non sanno che nel mondo e nel calcio esiste un problema razziale? E che il calcio è ormai globalizzato? E che è prevista la libera circolazione degli individui? 

    Certo che lo sanno. La questione probabilmente è più sottile e generale. Oggi per essere o risultare razzisti non c’è bisogno di iscriversi al Ku Klux Klan, dichiararsi emuli di de Gobineau e citare "Mein Kampf". Basta molto meno. Il razzismo è un diffuso sentimento di disprezzo verso chi non è come noi, per cultura e colore della pelle. Nel calcio in particolare, si appunta contro i giocatori di colore, percepiti epidermicamente quali esseri inferiori che "un po’ infestano e un po’ disturbano. E  che sono tanti. Troppi". Alla base di tale razzismo "soft", c’è questo comune sentire assai diffuso che ogni tanto  sgorga spontaneamente come pura acqua di fonte. Ecco cosa nascondono semplici e "ingenue" dichiarazioni sempre 2travisate". Un fondo che nessuno ha il coraggio di riconoscere. Non sono mica tutti coraggiosi come Suarez che per 7 volte disse a Evra: "Con te non ci parlo perché sei negro!" A pensarci bene, però, non fu un gesto di razzismo nemmeno questo: Suarez fu costretto a ripeterglielo 7 volte perché voleva essere sicuro che l’altro avesse capito. Probabilmente lo sostenne l’intera squadra del Liverpool, in cui allora militava l’attaccante uruguagio, dato che in una partita successiva i suoi giocatori indossarono tutti la maglietta con la scritta Suarez. Pare anche che un dirigente del Liverpool avesse fornito la prova definitiva dell’assoluto antirazzismo del giocatore, dichiarando che anche lui, Suarez, tanto chiaro di pelle non era. E’proprio vero: il razzismo, nel calcio, non esiste.

     

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