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  • Nuovo decreto crescita: la Serie A studia le crepe nel sistema per tenere i campioni

    Nuovo decreto crescita: la Serie A studia le crepe nel sistema per tenere i campioni

    Theo Hernandez e Leao, Rabiot e Lukaku, Thuram e Kvaratskhelia, Maignan e Osimhen: in fase di rinnovo o di ritocco dei contratti, secondo Repubblica.it la Serie A difficilmente riuscirà a trattenere quanto meno il centravanti del Napoli e forse il portiere del Milan (tentati da Chelsea, Psg e Bayern), due tra i più forti campioni arrivati dall’estero negli ultimi anni anche grazie agli sgravi fiscali. Ma la controffensiva dei grandi club, soprattutto per ingaggiare nuovi talenti, è appunto tributaria, si legge sempre su Repubblica.it. Il nodo è il famoso decreto crescita del 2019 del governo Conte 1: nato per favorire il rientro dei cervelli, aveva allargato agli sportivi i benefici fiscali (la detassazione Irpef del 50%) per i cosiddetti “impatriati”, permettendo alle società italiane ingaggi concorrenziali con le più ricche squadre d’Europa.

    INCONTRI E VERIFICHE - Limitato nel dicembre scorso dal governo Meloni ai soli cervelli in senso stretto (in possesso di “requisiti di elevata qualificazione o specializzazione”), in questi giorni il decreto crescita nuova versione è oggetto di incontri e verifiche interpretative tra i fiscalisti dei club e i consulenti della stessa Lega di Serie A. Premesso che la normativa riguarda chi abbia trascorso all’estero gli ultimi tre anni, le prime valutazioni sono assai meno catastrofiche di quelle che, quattro mesi fa, indussero molti dirigenti a prefigurare la fine della competitività del calcio italiano sul mercato. Innanzitutto ogni tesserato arrivato in Italia prima del 31 dicembre 2023 conserverebbe il diritto ai 5 anni maturati di imposta agevolata, più successivi 3 anni, in caso di ulteriore permanenza sul territorio italiano: il rinnovo del contratto, in pratica, non verrebbe appesantito da un cambio di tassazione. 

    IL NODO FAMIGLIARE - Quanto ai nuovi arrivi del 2024 dall’estero, i nodi interpretativi sono sostanzialmente tre. Il primo è culturale: se prima del dicembre 2023 la detassazione era applicabile anche a tutti gli impatriati dello sport professionistico, ora occorre un titolo di studio: secondo i tributaristi, almeno una laurea triennale. Un paletto apparentemente insuperabile per gli sportivi di Serie A è la soglia dei 600 mila euro di reddito. Qui entra in scena il secondo nodo, quello familiare: sarebbe previsto “un abbattimento dell’imponibile fiscale fino al 60%, qualora il lavoratore si trasferisca in Italia con un figlio minore o in caso di nascita di un figlio, ovvero di adozione di un minore di età”, specifica che, secondo un’interpretazione, permetterebbe di superare anche il vincolo reddituale. 

    CASA E CLAUSOLE - Il terzo e ultimo nodo è immobiliare, con agevolazioni “per ulteriori 3 periodi d’imposta” a chi abbia acquistato “un immobile in Italia, adibito ad abitazione principale, entro il 31 dicembre 2023 e comunque nei 12 mesi precedenti il trasferimento nel 2024 anche della residenza anagrafica”. Senza fantasticare su figli fantasma o sulla retrodatazione dell’acquisto di un monolocale a Bolzano o a Canicattì da parte di un campione, una cosa rimane certa: i club italiani, vogliono continuare a risparmiare sulle tasse (nel 2023 21 milioni di euro di tasse). Ma non sanno, in realtà, se potranno davvero. Per questo chi scrive i nuovi contratti prevede delle clausole ad hoc: paracadute finanziari da far scattare a reciproca tutela (dei giocatori, che non vogliono vedersi ridurre il netto da tasse inattese, ma anche dei club) se l’interpretazione del legislatore sui confini del decreto crescita dovesse essere sfavorevole.

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