Raimundo 'Mumo' Tupper, la morte di un angelo arrivato da chissà dove
Le cose però da qualche tempo stanno cambiando.
Due anni prima “los cruzados” hanno addirittura raggiunto la finale di Copa Libertadores, la massima competizione per club di tutto il Sudamerica perdendo in finale contro il poderoso San Paolo di Rai e Muller.
Nel 1994 è arrivato invece il primo trofeo internazionale della storia del club: la vittoria nella Coppa Interamericana sconfiggendo i costaricani del Deportivo Saprissa, che saranno una delle avversarie in questo tour.
Al rientro dalla “gira” in Centro America li attende la semifinale della Coppa del Chile e la squadra è decisamente focalizzata sull’obiettivo.
Il mister della squadra è Manuel Pellegrini, che sta muovendo i suoi prima passi come allenatore ma che sta già dimostrando le sue indubbie qualità.
La squadra gioca un bel calcio, propositivo e creativo.
In mezzo al campo a dirigere il gioco c’è l’argentino Néstor Gorosito mentre in attacco a fare la differenza c’è un altro argentino, Alberto Federico Acosta.
Ci sono poi eccellenti giocatori cileni in squadra come il centrocampista difensivo Mario Lepe e il portiere Nelson Tapia.
E poi c’è un ragazzo, amatissimo dai tifosi (e anche dalle tifose dei “crociati”) che è un prodotto del vivaio e che dopo aver esordito a soli sedici anni iniziando come attaccante è ora un terzino sinistro moderno, di grande qualità sia in fase difensiva che nel proporsi in attacco.
E’ nella rosa della Nazionale Cilena nella quale ha già disputate sette partite.
A 26 anni il futuro è ancora tutto da scoprire.
Nell’ultima stagione però ha giocato con discontinuità, alternando periodi in prima squadra ad altri fuori dall’undici titolare.
“Problemi gastrici e digestivi” era la versione fatta circolare in quei mesi dalla dirigenza del Club.
In realtà il problema è un altro.
Assai più grave.
“Mumo” da sempre soffre di “depressione endogena”, una forma grave che gli fa alternare periodi di apparente serenità ad altri assolutamente difficili, nei quali sprofonda nella tristezza e nella perdita di interesse per le normali attività.
Raimundo è un ragazzo di buona famiglia, adorava studiare a tal punto da iscriversi ad ingegneria, sostenendo con successo diversi esami. Ama giocare a calcio ma odia visceralmente tutto quello che circonda quel mondo. Interviste, pubblicità, l’adulazione di tifosi e stampa, interessi e il denaro che muove quel mercato.
Negli ultimi mesi ha perso quasi dieci chilogrammi di peso ma manifesta al suo Mister, Manuel Pellegrini, l’intenzione di riprendere gli allenamenti e di partecipare alla piccola tournèe in Costarica.
Pellegrini acconsente a patto che si rimetta a posto fisicamente, riprendendo peso e allenandosi regolarmente.
“Mumo” ce la fa. Torna in squadra e ancora una volta pare essersi lasciato alle spalle l’ennesimo periodo difficile.
La squadra parte per il Costarica.
Manuel Pellegrini parla con Sergio Vasquez, difensore argentino della squadra.
«Sergio, tu sei il più simpatico, brillante e positivo della compagnia. Ti metto in camera con Raimundo. Sei la persona ideale per provare a far sorridere un po’ di più quel ragazzo».
Sergio accetta di buon grado. Ha sempre avuto simpatia per quel compagno di squadra di buona famiglia così introverso e gentile che invece di giocare a carte o ai giochini elettronici con i compagni ha sempre preferito un buon libro o la sua musica.
E’ la notte prima del match d’esordio del breve tour.
Raimundo e Sergio la passano a parlare.
E’ Raimundo che si apre completamente con il compagno, racconta delle sue difficoltà, della fatica che fa ad accettarsi e ad accettare la sua vita per come la sta vivendo.
Sergio ascolta, dirà lui stesso che non se la sentiva di interromperlo.
Non aveva mai sentito “Mumo” parlare così tanto ... e soprattutto “aprirsi” in quel modo.
Passano la notte così, a parlare.
Sette ore di fila.
Raimundo Tupper chiude la lunga chiacchierata con una frase che Sergio non può comprendere appieno ... almeno fino a poche ore dopo.
«Ho preso una decisione importante per la mia vita».
Sergio è convinto che si tratti della sua volontà di lasciare il calcio, quel mondo “finto” che “Mumo” non ha mai amato.
I giocatori scendono per la colazione.
Raimundo esce per primo e poco dopo Sergio lo segue.
Quando arriva nel salone adibito alla colazione Raimundo non c’è.
Sergio è sorpreso.
Arriva un suo compagno di squadra. Marcelo Barticciotto.
«Hai visto Mumo?» gli chiede Vazquez.
«Si, mentre io scendevo l’ho visto salire. Mi ha detto che aveva dimenticato i documenti in camera»
C’è qualcosa che non torna.
Sergio sta pensando di tornare su quando nella sala entra Néstor Gorosito, il regista della squadra, argentino come Vazquez.
E’ bianco come un cadavere.
«Mumo è caduto. Mumo è caduto!»
Sergio e i suoi compagni si precipitano fuori dall’albergo.
Sul selciato c’è il corpo del loro compagno di squadra.
Senza vita.
No. Il loro compagno di squadra non è “caduto”.
Raimundo “Mumo” Tupper si è buttato dal nono piano dell’albergo.
Il buco che aveva dentro era diventato troppo grande, insopportabile e soprattutto impossibile da colmare.
... era quella la decisione “importante” che aveva confessato all’amico Sergio ...
Per i tifosi dell’Universidad Catolica del Cile c’è un prima e un dopo quel giorno.
Raimundo era un ragazzo della “cantera”, cresciuto nel Club che amava e del quale era diventato uno dei giocatori più importanti.
Iniziata la carriera come attaccante ha via via arretrato la sua posizione diventando un esterno di centrocampo prima e addirittura un terzino o un “quinto” della difesa come si direbbe nel gergo calcistico di oggi.
Era entrato nelle giovanili del Club a soli undici anni per fare il suo esordio contro il Cobresal a soli sedici.
Il calcio però non è tutto.
Anzi.
Ama i libri, li “divora” come dicono di lui in famiglia.
A vent’anni si iscrive all’Università “Diego Portales”.
Il suo sogno “vero” è diventare un ingegnere.
In quello stesso anno, il 1989, l’Universidad Catolica si qualifica per la Copa Libertadores.
Sta per iniziare un ciclo importante nella storia dei “Cruzados” e il calcio assorbe tutte le energie e il tempo di Raimundo.
Arrivano successo e popolarità e arriva anche la chiamata della sua Nazionale.
Un mondo all’apparenza perfetto nel quale non manca neppure l’attenzione del gentil sesso nei suoi confronti visto che Raimundo è un giovane di bell’aspetto, dai modi gentili ed eleganti.
Tutto questo potrebbe bastare abbondantemente al 99,9% dei ragazzi della sua età.
Non a Raimundo Tupper.
Quel buco che ha dentro non lo colmano i successi calcistici, il denaro o l’attenzione di alcune delle ragazze più belle del suo paese.
Del suo disagio se ne sono accorti ormai tutti, in famiglia e nella ristretta cerchia di amici.
Si cercano le normali soluzioni (terapie, farmaci, psicologi e psichiatri) ma il problema invece di diminuire si accentua.
Fino a quel giorno di luglio del 1995 dove la vita di un ragazzo di soli 26 anni finirà tragicamente a San Josè del Costarica.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
La notizia della sua morte scuote l’intero Paese. All’arrivo dell’aereo che riporta la salma di Mumo in Cile ci sono tantissimi di tifosi e persone comuni ad attenderlo. Per i funerali non esiste in tutta Santiago una chiesa abbastanza grande per ospitarli. Verranno celebrati nello stadio del Club e ad officiarli sarà Padre Rodrigo Tupper, cugino di Raimundo, alla presenza di oltre 12 mila persone. Il viaggio verso il cimitero sarà una commovente processione in mezzo a due ali di folla.
C’è un gol in particolare che è rimasto nella memoria di tutti gli sportivi cileni e in particolare, ovviamente, a quelli dell’Universidad Católica.
Gli avversari sono il Colo Colo, il club più titolato di tutto il Cile ma che in quegli anni ha trovato nei “Cruzados” un avversario spesso insormontabile.
C’è un azione che parte dal centro del campo.
E’ Néstor Gorosito che gestisce il pallone sulla trequarti avversaria. Al suo fianco arriva Sergio Vazquez che riceve il pallone dal compagno e si lancia in progressione verso l’area di rigore del Colo Colo. Accentra su di se l’attenzione dei difensori avversari che vanno in raddoppio a chiudere sul giocatore argentino. A quel punto Vazquez “scarica” il pallone sulla sinistra dove sta arrivando di gran carriera Raimundo Tupper. Quando “Mumo” riceve il pallone è un metro dentro l’area di rigore, proprio in corrispondenza del vertice. Si coordina e di interno destro lascia partire una conclusione “a giro” che finisce la sua corsa all’incrocio dei pali della porta del Colo Colo.
E’ un gol meraviglioso, calciato con precisione e potenza e soprattutto con un effetto straordinario.
Sarà il gol che darà la vittoria all’Universidad Catolica ... e sarà anche l’ultimo gol di “Mumo”
con i suoi amati “Cruzados”.
Il più bello di tutti.
Raimundo Tupper fu tra i protagonisti di una delle pagine più importanti della storia calcistica del suo Paese. Nel 1987 vengono infatti assegnati al Cile i Mondiali di calcio “Under-20” e Mumo è tra i convocati.
Il Cile raggiungerà le semifinali della competizione giocando a livelli altissimi.
... Mondiali che saranno vinti dalla meravigliosa nazionale jugoslava di Boban, Šuker , Mijatović e Prosinečki.
Alquanto significativo è l’episodio capitato agli inizi della carriera di Raimundo Tupper.
Nel 1988 viene deciso dal governo del dittatore Augusto Pinochet di proporre un plebiscito al popolo cileno. L’obiettivo era conferire al sanguinario ex-generale altri otto anni alla guida del governo del Paese.
Con il “SI” veniva garantita la continuità e in caso contrario sarebbero state indette elezioni democratiche dopo sedici anni di dittatura.
Alcuni dirigenti dell’Universidad Catolica convocano i propri tesserati.
Il “consiglio” è di votare in maniera compatta il “SI”.
Si alza una voce.
E’ quella di Raimundo, colui che di solito parlava meno di tutti.
«Mi dispiace ma io non sono affatto d’accordo. Io ho idee completamente diverse. E voterò “NO”»
Il compagno di squadra Marco Cornez racconterà in seguito che in quel preciso momento “Mumo” si conquistò il rispetto e l’ammirazione dei compagni di squadra in quanto fu l’unico ad avere il coraggio di esprimersi in maniera così netta e decisa ribadendo le sue convinzioni.
Uno dei tributi più significativi nei confronti di un calciatore che nessuno tra i tifosi “Cruzados” ha mai dimenticato e la cui storia viene tramandata alle nuove generazioni.
Una croce bianca è stata posta sulla collina di fronte allo stadio “San Carlos de Apoquindo” dove l’Universidad Catolica gioca le sue partite casalinghe.
E’ ben visibile e chiunque da quelle parti conosce perfettamente a chi quella croce è dedicata.
Si va ad aggiungere al meraviglioso “murales” nei pressi dello stadio recante la scritta “Mumo, jamás te olvidaremos”.
Infine, il ricordo forse più bello e toccante di “Mumo” viene proprio da Sergio Vazquez, suo compagno di squadra e amico.
«Come può un ragazzo così timido e introverso aver lasciato un segno così grande e indelebile in tante persone? Io penso semplicemente che “Mumo” fosse un angelo, arrivato per caso su questa terra».