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    Klas Ingesson, il taglialegna: vita in punta di piedi e morte di un gigante

    Klas Ingesson, il taglialegna: vita in punta di piedi e morte di un gigante

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    E’ il 28 aprile 2014.
    Alla “Borås Arena di “Borås, piccola cittadina dove disputa i propri incontri l’IF Elfsborg, si gioca un’importante partita di campionato.
    Di fronte ai padroni di casa l’Halmstadt.
    L’Elfsborg viene da una serie di risultati eccellente.
    Una sola sconfitta nelle ultime undici partite, inclusa una splendida vittoria in Europa League in trasferta contro lo Standard di Liegi.
    Sono però gli ospiti a portarsi in vantaggio intorno alla metà della prima frazione.
    La reazione dei “di gule”, dei “gialli” di casa è memorabile.
    Finirà quattro a uno e la marcia verso la vetta della classifica del campionato svedese non accenna a fermarsi.
    Come ad ogni finale di partita vanno in scena le manifestazioni di gioia susseguenti alla conquista di un importante vittoria.
    C’è il classico giro di campo e poi la passeggiata verso il settore dove sono assiepati i tifosi più caldi e fedeli.
    Calciatori e staff festanti a raccogliere gli applausi e a condividere con i propri sostenitori quel bel momento.
    In mezzo a loro c’è, come è normale che sia, l’allenatore della squadra vincente.
    Solo che non può correre e festeggiare come tutti gli altri.
    E’ su una sedia a rotelle, spinta da un assistente ma sorride e saluta festante come tutti gli altri, assaporando quel felice momento.
    Il suo nome è Klas Ingesson e un maledetto mieloma multiplo se lo porterà via esattamente sei mesi dopo.

     
    Klas Inge Ingesson nasce a Ödeshög, un villaggio di poco più di duemila anime nel sud della Svezia ad oltre 250 km da Stoccolma.
    Legname, pesca e agricoltura sembrano le più plausibili alternative nel futuro di “Klabbe”, come tutti chiamano questo ragazzone timido, estremamente educato e con un fisico da granatiere.
    Lui però ha altro in testa.
    Adora giocare a calcio e nelle giovanili della squadra locale inizia ben presto a mettersi in luce.
    Non certo per l’eleganza dei movimenti o per la sensibilità negli arti inferiori.
    Klas lo sa benissimo che non saranno mai quelle le doti con le quali sogna di diventare qualcuno nel calcio professionistico.
    Corre, lotta, sradica palloni dai piedi degli avversari appoggiandoli poi senza troppi fronzoli e con grande umiltà ai compagni di squadra più dotati tecnicamente. Nel gioco aereo è difficilmente superabile e dimostra già un grande talento negli inserimenti nell’area avversaria dove tempismo e stazza lo rendono assai pericoloso sui cross dalla fasce e sui calci piazzati.
    Göteborg dista più o meno quaranta chilometri.
    Impossibile per la squadra in quel momento più forte di Svezia non accorgersi di questo marcantonio che corre per tre e che ha prestazioni fisiche da decatleta.
    A diciassette anni viene inserito nei quadri del club. Ci vorranno un paio di stagioni di gavetta prima di vederlo regolarmente con la prima squadra ma dopo la prima stagione da titolare (1988-89) arriva immediatamente la chiamata della sua Nazionale che in quel momento può vantare un’infornata di talenti come da parecchi anni non capitava.
    Le sue prestazioni iniziano immediatamente ad attirare l’attenzione di diversi club europei.
    Saranno i belgi del Malines (o Mechelen se preferite) ad assicurarsi il suo cartellino.
    Accadrà subito dopo i Mondiali del 1990, quelli svolti in Italia, dove la Svezia, pur deludendo le attese, metterà in mostra diversi calciatori di grande qualità come Tomas Brolin (che nella stessa estate finirà al Parma), Stefan Schwarz (che arriverà qualche anno dopo alla Fiorentina), Anders Limpar, già in Italia nelle file della Cremonese solo per citarne alcuni.
    Al KV Mechelen “Klabbe” giocherà tre stagioni eccellenti , condite da prestazioni di altissimo livello e tantissimi gol (viaggerà alle media di un gol ogni tre partite ... roba da fare invidia a tanti attaccanti).
    Su di lui mette gli occhi una delle più forti squadre del vicino campionato olandese: il PSV Eindhoven. Sembra il salto definitivo di una carriera iniziata con le migliori premesse.
    Non sarà così. Ingesson gioca la miseria di dodici partite di campionato.
    Non tutto il male viene per nuocere però!
    Al termine di quella deludente stagione ci sono i Mondiali negli Stati Uniti dove la Svezia, almeno sulla carta, va con la formazione più agguerrita degli ultimi vent’anni e con l’ambizione di fare meglio di quella ammirata ai Mondiali in Germania Ovest nel 1974.
    Le prestazioni sue e dei suoi compagni saranno addirittura superiori alle attese.
    La Svezia chiuderà con un brillantissimo terzo posto finale ... e con qualche rimpianto per la semifinale con il Brasile persa per una rete a zero ... rete subita dopo l’espulsione di Jonas Thern che lasciò in dieci Brolin e compagni.
    Dall’Olanda occorre cambiare aria ma dopo un Mondiale giocato a quel livello per Ingesson si tratta solo di sfogliare la margherita.
    La scelta cade sullo Sheffield Wednesday, all’epoca squadra che bazzicava le posizioni di vertice della Premier League che si stava avviando a diventare il campionato più ricco e ambito del continente.
    A volerlo è Trevor Francis, manager del club e anche lui vecchia conoscenza del calcio italiano.
    La stagione non è esaltante anche se Klabbe fa in pieno la sua parte. La dirigenza però a fine stagione decide di prescindere da Francis. Al suo posto arriva un esperto allenatore inglese con un passato di tutto rispetto alla guida di squadre come Tottenham, Luton e Leicester.
    Ingesson ci mette molto poco a capire che da David Pleat è visto come fumo negli occhi.
    Ora di rifare la valigie.
    L’offerta più allettante arriverà da una squadra del sud Italia, con un tifo appassionato e che sta lottando per mantenere la categoria.
    E’ il Bari che a metà novembre del 1995 lo accoglie a braccia aperte.
    Sarà la svolta nella carriera del biondo gigante scandinavo.
    E lo sarà nonostante al termine di quella stesse stagione arriverà una rocambolesca retrocessione in Serie B ... nonostante i gol (24) di Igor Protti (capocannoniere assoluto della serie A) e di quelli di Kennet Andersson (12) che permetteranno al Bari di chiudere la stagione come ottavo miglior attacco ... non supportato però da una difesa colabrodo capace di subire la bellezza di 71 reti in 34 partite.
    E sarà in quello stesso momento che “l’uomo” Ingesson inizierà a far capire a tutti il suo spessore.
    Per lui le richieste in Serie A e da altri campionati non mancano.
    «Io da qui non mi muovo».
    Sarà la scelta giusta.
    Il Bari, non senza qualche difficoltà e qualche momento di tensione durante la stagione, raggiungerà l’obiettivo.
    Per Ingesson una stagione da incorniciare.
    Gioca tutte le partite di campionato, dà il suo buon contributo in termini di reti (6 gol) e nel finale di stagione diventerà addirittura lui il rigorista designato del team!
    Nella stagione successiva nella massima serie il Bari chiude con un ottimo 11mo posto.
    “Klabbe” ha dato tutto sé stesso ed è pronto per una nuova avventura.
    Da Bologna arriva la chiamata di Carlo Mazzone.
    In un Bologna impegnato su tre fronti e con una squadra a trazione anteriore (Signori-Kolyvanov-Andersson) i suoi muscoli sono fondamentali in mezzo al campo.
    Sarà una stagione indimenticabile per i felsinei con la vittoria all’Intertoto che darà l’accesso alla Coppa UEFA ... con una finale sfuggita per un soffio grazie ad un gol su rigore di Blanc dell’Olympique Marsiglia a tre minuti dalla fine quando il gol di Michele Paramatti in avvio aveva illuso i rossoblu.
    Nel capoluogo emiliano ritroverà il connazionale Kennet Andersson, suo compagno di nazionale e con lui a Bari fino a due anni prima.
    La stagione successiva non sarà dello stesso livello né per il Bologna e neppure per Ingesson che avrà diversi problemi di “intesa” con Francesco Guidolin, subentrato a Sergio Buso dopo una disastrosa partenza in campionato.
    Klas se ne va da Bologna esattamente come aveva fatto a Bari: in punta di piedi, senza polemiche o proclami ma circondato dall’affetto e dalla riconoscenza per questo “gigante” tanto determinato e coriaceo in campo quanto umile ed educato fuori.
    Dopo la breve esperienza all’Olympique Marsiglia la sua carriera si chiuderà dove meno te lo aspetti: a Lecce, squadra rivale per antonomasia del Bari.
    Qualcuno si è offeso o arrabbiato?
    No. Non è accaduto.
    Semplicemente perché era impossibile non voler bene a Klas Inge Ingesson.

    Klas Ingesson, il taglialegna: vita in punta di piedi e morte di un gigante
     

    ANEDDOTI E CURIOSITA’
     
    “Il taglialegna”. Ecco come amava definirsi Klas Ingesson come calciatore.
    «Io la taglio e poi la consegno a chi sa costruirci un mobile pregiato».
     
    Nel suo girovagare per l’Europa Ingesson farà tappa come detto anche in Inghilterra.
    Del periodo allo Sheffield Wednesday racconterà che soleva rimanere stupito dall’attitudine dei calciatori britannici.
    «Finito l’allenamento andavano a stordirsi di birra nei pub. Tutti i santi giorni. Poi al sabato correvano tutti come degli ossessi!»
     
    Anche per un “taglialegna” prima o poi arriva il momento di gloria.
    E arriva nel momento forse più difficile della sua carriera in Italia.
    Il Bari in serie B stenta a trovare continuità e Ingesson è bersaglio delle critiche di una parte dei tifosi.
    Al San Nicola va in scena il derby con il Lecce.
    E’ il 5 aprile del 1997.
    Le due squadre sono sull’uno a uno. Al gol su calcio di rigore di Ingesson ha risposto Servidei in avvio di ripresa. Manca un quarto d’ora alla fine e il Bari sta cercando disperatamente il gol e i preziosissimi tre punti per la lotta alla promozione.
    C’è un pallone conquistato dai “galletti” nella metà campo avversaria. Tomas Doll, il regista tedesco della squadra, alza la testa.
    Vede Ingesson che “taglia” alle spalle dei difensori leccesi. Doll fa filtrare uno splendido pallone sul quale “Klabbe” si lancia con grande scelta di tempo.
    Il problema è che il pallone, oltre ad essere defilato rispetto alla porta, è sul piede sinistro di Ingesson, non certo il suo piede migliore. Il portiere del Lecce si lancia in uscita sui piedi del numero “8” del Bari per chiudere lo specchio della sua porta.
    E’ a questo punto che “il taglialegna” si inventa la giocata che in un solo colpo spazzerà via polemiche e contestazioni.
    Klas non calcia di potenza ma “accarezza” il pallone, colpendolo “sotto”. E’ il classico “scavetto” che scavalca il portiere del Lecce e rende vana la sua uscita.
    Ingesson si fa mezzo giro di campo sfogando rabbia e gioia insieme.
    Sarà il gol che deciderà la sfida e che vedrà il Bari, imbattuto per tutto il resto del campionato, conquistare la promozione nella massima serie del calcio italiano.
    Le sue parole a fine partita son un fantastico mix di ironia e umiltà.
    «Anche se per pochi secondi è stato bello sentirsi come Zinedine Zidane!»
     
    Con il ritorno del Bari in serie A ad Ingesson arriva una importante consacrazione, del calciatore ma soprattutto dell’uomo.
    Eugenio Fascetti gli consegna la fascia di capitano.
    «Mister, non credo di essere quello più adatto. Non sono ancora bravo a parlare italiano» è la risposta imbarazzata del gigante svedese.
    La risposta di Fascetti è semplicemente meravigliosa.
    «Klas, mica devi farlo con la lingua. Ti basterà farlo con il cuore»
     
    Nel 2009 il “mieloma multiplo” ha già aggredito il corpo di Ingesson.
    Dopo lo sconforto iniziale Ingesson reagisce con grande coraggio.
    Arriva qualche miglioramento e l’Elfsborg gli offre di lavorare con i ragazzi dell’Under-21.
    Anche sulla panchina le sue doti sono evidenti.
    Nel 2013 arriva la proposta del club di prendere in mano la prima squadra.
    «Le mie condizioni di salute erano precarie. Avevo dolori fortissimi alle gambe che mi costrinsero ben presto su una sedia a rotelle. Ma dissi anche a me stesso che un’occasione così non andava sprecata. Accettai, senza neppure immaginare le soddisfazioni che sarebbero arrivate»
     
    E’ il 18 maggio del 2014.
    Alla “Friends Arena” di Solna si gioca la finale di Coppa di Svezia.
    Di fronte l’Helsingborg IF e l’IF Elfsborg di Klas Ingesson.
    Il gol di Lars Nilsson in avvio di ripresa sarà sufficiente alla squadra della città di Borås per conquistare il trofeo.
    Klas Ingesson non sarà lì quel giorno a godere di quel bellissimo quanto inatteso trionfo.
    Poche settimane prima è caduto dalla sua sedia a rotelle fratturandosi un femore.
    Il 29 ottobre di quello stesso anno, a soli quarantasei anni, perderà definitivamente la sua battaglia contro la malattia.
     
    Il cuore di questo gigante che come scrive nella sua bellissima autobiografia “E’ solo un piccolo cancro” (le parole che per settimane disse alla famiglia quando venne a conoscenza della sua terribile malattia) è rimasto ben presente in tutti coloro che hanno incrociato il loro cammino con questo vichingo che ha saputo farsi amare ovunque perché, come lui stesso amava ripetere «un taglialegna non è mai soddisfatto se non ha fatto per intero il suo lavoro».

    Klas Ingesson, il taglialegna: vita in punta di piedi e morte di un gigante

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