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    Mollo tutto, la solitudine del talent scout

    Mollo tutto, la solitudine del talent scout

    Non sono stato un calciatore di Serie A e neppure un calciatore dilettante. Mi sono solo divertito a tirare calci a un pallone nei cortili di casa e delle scuole, spaccando, come tutti, qualche vetro. Eppure, ancor prima di intraprendere l'attività di procuratore sportivo, ho iniziato come osservatore di calcio. 

    Intorno ai 30 anni ho cominciato a organizzare i miei weekend con un solo, ma preciso obiettivo: diventare un talent scout! Durante la settimana affiancavo mio padre nel suo lavoro (avvocato), anche se non era quello che più desideravo fare. Ma era un lavoro come un altro, forse da ereditare per sempre. Appena i cinque lunghi e pesanti giorni lavorativi volgevano al termine tiravo fuori dal garage la mia macchina ed ecco che partivo - da solo - verso i campi di calcio. Non importava quali condizioni meteo avrei incontrato sulla mia strada, l'unica cosa che per me contava era osservare partite su partite, anche otto in due giorni, quattro al sabato e quattro alla domenica. Mi presentavo ai campetti con un blocchetto in mano e una matita rigorosamente ben appuntita. Quello era il mio kit da apprendista osservatore di calcio, null'altro. Segnavo e segnavo sul mio taccuino nomi di calciatori, classi di età, con quale piede calciavano più sovente (il c.d. piede di calcio, sinistro, destro o ambidestro?), cercavo di indovinare l'altezza, il peso, la forza muscolare, la velocità, la tecnica, il carattere, le qualità tattiche e segnavo, segnavo senza un ordine preciso, quasi alla rinfusa, dati su dati, per l'impagabile piacere di tornare a casa e sistemarli sul mio computer e iniziare così a crearmi un piccolo database personale. Non conoscevo nessun addetto ai lavori, né nessuno sapeva chi fossi io non avendo trascorsi agonistici nel calcio.

    Ero uno sconosciuto che prendeva appunti, solo in cima alla tribuna, o a bordo campo col naso appoggiato alla rete di recinzione. Come un segugio cercavo l'odore del talento. Ma non ero convinto fino in fondo, non ero sicuro di aver intrapreso la strada giusta per diventare un vero talent scout. Non possedevo un metodo di lavoro preciso, a volte mi abbattevo perché pensavo che con la sola passione per il calcio non avrei potuto ricavarne granché. La mia artigianale passione temevo potesse rimanere tale, e non sfociare mai in un lavoro. Il raziocinio mi riportava al lavoro di mio padre. Come insegna Baricco in "Barnum" "la domenica sportiva era l'ultima propaggine di felicità prima della mannaia del lunedì mattina": a inizio settimana era, infatti, sempre difficile alzarsi col sorriso sapendo che il calcio sarebbe stato un miraggio per altri cinque interminabili giorni.

    Io ho iniziato così. In realtà, ad un certo punto, dopo aver visionato tantissime partite mi sono messo anche a studiare le norme del calcio per diventare un procuratore sportivo, ma questa è un'altra storia.
    E tu hai intenzione di mollare tutto per diventare un osservatore di calcio?
    Se la tua risposta sarà positiva insegui il tuo sogno, nonostante circolino voci infauste sul mondo del calcio in generale.
    Qualcuno ti metterà in guardia più o meno come segue:
    "Se non hai contatti non puoi entrare nel calcio! E' un ambiente chiuso, per pochi eletti e se non hai giocato a pallone ad alti livelli non ti filerà nessuno!".
    Ma se pensi di accantonare il tuo sogno solo per le apocalittiche raccomandazioni di amici e parenti, ti priverai, ancor prima di provarci, di un po' di felicità, perché come ha scritto Albert Camus "non c'è un altro posto del mondo dove l'uomo è più felice che in uno stadio di calcio".

    Jean-Christophe Cataliotti - www.footballworkshop.it 
     

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