Milanmania: un mercato senza logica
Il dato più eloquente della campagna invernale del mercato rossonero è la presenza di qualcosa come 31 giocatori nella rosa di Inzaghi che, per la cronaca, da qui a maggio dovrà competere solo in campionato per un posto in Europa (difficilissimo che sia quella della Champions col Napoli già a +10), visto che l'avventura in Coppa Italia è terminata molto presto. E pensare che Galliani aveva avuto il coraggio di dichiarare che 28 sarebbe stata la cifra da non sforare prima di piazzare i colpi Destro, Bocchetti, Antonelli e Paletta... Come al solito, alle buone intenzioni non sono corrisposti i fatti, ma quella che si troverà a gestire il tecnico milanista fino al termine della stagione è una squadra migliore e più equilibrata di quella che aveva a luglio.
CHI E' ARRIVATO - Con 5 mesi di ritardo, gennaio ha portato in dote quel centravanti d'area tanto desiderato da Berlusconi (Destro) e quell'attaccante esterno che nella testa di Inzaghi avrebbe dovuto rappresentare il fiore all'occhiello del suo 4-3-3 (Cerci). Peccato che il Milan abbia cambiato nel frattempo modulo due volte e contro il Parma, domenica scorsa, sia iniziata l'era del 4-4-2... Luca Antonelli dal Genoa e Gabriel Paletta dal Parma sono state le operazioni che hanno chiuso questa finestra di riparazione, più per ovviare a delle situazioni di emergenza venutesi a creare nel reparto difensivo che per una reale esigenza tattica. L'ennesimo lungo stop dell'involuto De Sciglio e la decisione di mettere fuori rosa Mexes dopo i fatti di Roma hanno lasciato due caselle scoperte, prontalmente colmate da due giocatori di buon rendimento ma certamente non tali da spostare gli equilibri generali. Salvatore Bocchetti, in prestito secco dallo Spartak Mosca, e il centrocampista classe '93 Suso dal Liverpool rappresentano più occasioni da cogliere a livello economico che una reale esigenza.
CHI E' PARTITO - L'obiettivo iniziale di Galliani era di sfoltire una rosa composta da troppi giocatori considerati esuberi, ma alla fine sono maggiori i rimpianti per non essere riusciti a piazzare i vari Armero, Essien (anche se dagli Emirati Arabi e dalla MLS può ancora muoversi qualcosa), Albertazzi e Zaccardo piuttosto che la soddisfazione di aver trovato una sistemazione per giovani di belle speranze ma mai realmente considerati come Saponara e Niang. L'incapacità cronica di vendere giocatori caricati da un ingaggio fuori mercato è diventata ormai una prerogativa in casa rossonera, come quella di portare il monte stipendi a picchi inarrivabili; non certo una nota di merito per Adriano Galliani agli occhi della famiglia Berlusconi, alla luce del recente periodo di austerity. La patata bollente passa così nelle mani di Inzaghi, che avrà il compito tutt'altro che semplice di far sentire tutti importanti in questa seconda metà di stagione. Un capitolo a parte merita la vicenda Fernando Torres: preso sulla chiusura del mercato estivo come il salvatore della patria e scaricato senza troppi complimenti pochi mesi dopo come l'ultimo dei centravanti di provincia, lo spagnolo ha fatto parlare di sè più per i sospetti che il suo scambio con Cerci a dicembre fosse un'operazione pianificata da tempo che per il rendimento avuto in campo. Appena tornato all'Atletico Madrid, il Nino ha ritrovato parte di quel killer instinct che a Milano è sempre stato un miraggio, dove però non si è avuto il tempo e la voglia di aspettarlo.
IL BILANCIO - In definitiva, il mercato invernale si è rivelato un tardivo tentativo di rimediare a quanto non è stato fatto in estate e non tutti gli obiettivi prefissati sono andati a segno. Che dire, per esempio, della necessità di provare quanto meno ad arricchire il parco dei centrocampisti con un giocatore di quantità e qualità da affiancare a Montolivo e de Jong, necessità ovviamente andata disattesa? Difficile muoversi con pochi soldi (ma anche poche idee), così la candidatura del neo-interista Brozovic è venuta meno giusto il tempo di finire di enunciare il nome del talento croato, così come per Witsel e Paulinho. Daniele Baselli, giocatore interessante ma tutt'altro che pronto per una realtà importante come quella del Milan, non avrebbe risolto affatto i problemi atavici della mediana ma avrebbe dato un senso diverso ad una campagna di rafforzamento che sarà ricordata ancora una volta per l'improvvisazione e la scarsa programmazione che l'hanno caraterizzata.
CHI E' ARRIVATO - Con 5 mesi di ritardo, gennaio ha portato in dote quel centravanti d'area tanto desiderato da Berlusconi (Destro) e quell'attaccante esterno che nella testa di Inzaghi avrebbe dovuto rappresentare il fiore all'occhiello del suo 4-3-3 (Cerci). Peccato che il Milan abbia cambiato nel frattempo modulo due volte e contro il Parma, domenica scorsa, sia iniziata l'era del 4-4-2... Luca Antonelli dal Genoa e Gabriel Paletta dal Parma sono state le operazioni che hanno chiuso questa finestra di riparazione, più per ovviare a delle situazioni di emergenza venutesi a creare nel reparto difensivo che per una reale esigenza tattica. L'ennesimo lungo stop dell'involuto De Sciglio e la decisione di mettere fuori rosa Mexes dopo i fatti di Roma hanno lasciato due caselle scoperte, prontalmente colmate da due giocatori di buon rendimento ma certamente non tali da spostare gli equilibri generali. Salvatore Bocchetti, in prestito secco dallo Spartak Mosca, e il centrocampista classe '93 Suso dal Liverpool rappresentano più occasioni da cogliere a livello economico che una reale esigenza.
CHI E' PARTITO - L'obiettivo iniziale di Galliani era di sfoltire una rosa composta da troppi giocatori considerati esuberi, ma alla fine sono maggiori i rimpianti per non essere riusciti a piazzare i vari Armero, Essien (anche se dagli Emirati Arabi e dalla MLS può ancora muoversi qualcosa), Albertazzi e Zaccardo piuttosto che la soddisfazione di aver trovato una sistemazione per giovani di belle speranze ma mai realmente considerati come Saponara e Niang. L'incapacità cronica di vendere giocatori caricati da un ingaggio fuori mercato è diventata ormai una prerogativa in casa rossonera, come quella di portare il monte stipendi a picchi inarrivabili; non certo una nota di merito per Adriano Galliani agli occhi della famiglia Berlusconi, alla luce del recente periodo di austerity. La patata bollente passa così nelle mani di Inzaghi, che avrà il compito tutt'altro che semplice di far sentire tutti importanti in questa seconda metà di stagione. Un capitolo a parte merita la vicenda Fernando Torres: preso sulla chiusura del mercato estivo come il salvatore della patria e scaricato senza troppi complimenti pochi mesi dopo come l'ultimo dei centravanti di provincia, lo spagnolo ha fatto parlare di sè più per i sospetti che il suo scambio con Cerci a dicembre fosse un'operazione pianificata da tempo che per il rendimento avuto in campo. Appena tornato all'Atletico Madrid, il Nino ha ritrovato parte di quel killer instinct che a Milano è sempre stato un miraggio, dove però non si è avuto il tempo e la voglia di aspettarlo.
IL BILANCIO - In definitiva, il mercato invernale si è rivelato un tardivo tentativo di rimediare a quanto non è stato fatto in estate e non tutti gli obiettivi prefissati sono andati a segno. Che dire, per esempio, della necessità di provare quanto meno ad arricchire il parco dei centrocampisti con un giocatore di quantità e qualità da affiancare a Montolivo e de Jong, necessità ovviamente andata disattesa? Difficile muoversi con pochi soldi (ma anche poche idee), così la candidatura del neo-interista Brozovic è venuta meno giusto il tempo di finire di enunciare il nome del talento croato, così come per Witsel e Paulinho. Daniele Baselli, giocatore interessante ma tutt'altro che pronto per una realtà importante come quella del Milan, non avrebbe risolto affatto i problemi atavici della mediana ma avrebbe dato un senso diverso ad una campagna di rafforzamento che sarà ricordata ancora una volta per l'improvvisazione e la scarsa programmazione che l'hanno caraterizzata.