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  • Buffon: "Calciopoli? Ho le medaglie, so chi era più forte. Quell'estate fu umiliante, la giustizia voleva infangare"

    Buffon: "Calciopoli? Ho le medaglie, so chi era più forte. Quell'estate fu umiliante, la giustizia voleva infangare"

    L'ex portiere della Juventus e bandiera della Nazionale, Gigi Buffon ha concesso una lunga intervista a Juventibus in cui, partendo dalla presentazione del suo libro, ha ripercorso ampie pagine della sua lunghissima carriera passando anche da Serie B, Calciopoli e non solo.

    IL LIBRO - "È sempre bello riavvolgere il nastro e vedere con gli occhi più maturi il percorso di vita e cercare di trovare le motivazioni del perché uno ha fatto determinate scelte ed errori. Il viaggio significa capire chi sono i tuoi compagni. Non facendo uno sport individuale il poter condividere è sempre stato fondamentale, la cosa che ho messo quasi al primo posto. Sapere di poter soffrire e gioire intensamente abbracciando determinati compagni, per me quello era fondamentale, sentirmi parte di una storia, di un viaggio. In mezzo a tutto questo percorso ci sono frazioni di secondo che dovevo trovare per rispondere alle insidie degli avversari, madre natura mi ha dato una mano e qualcosa ce l’ho messo io".

    IL CORPO - "Uno strumento fondamentale per noi atleti, gli unici due anni dove ho avuto problemi più acuti in maniera complicata riuscivo a performare. Star bene fisicamente aiuta a diradare possibili nuvole nella testa, se stavo bene di testa in campo vedevo le cose in maniera chiara e lucida e alcune volte mi sorprendevo".
     
    LA JUVE  - "Essere Juventus significa fare parte e rappresentare la parte più numerosa del popolo italiano, significa avere delle responsabilità superiori alla media. Le prime persone a cui devi rendere conto sono i datori di lavoro, la proprietà, ma immediatamente dopo ci sono i tifosi e la gente. Tantissime scelte che ho fatto sono state viziate fortunatamente dal mio trasporto dal rappresentare non solo una squadra ma un popolo. Essere Juve significa rappresentare una delle famiglie che hanno condizionato non solo nel calcio, l’industria italiana. Comportarsi in un certo modo e tramite il lavoro essere d’esempio. Tante cose molto sofisticate, se qualcuno te le spiega è importante".

    LIPPI - "Questo fece Lippi, mi disse: “Verrai alla Juve, al primo errore sarai massacrato, non ti preoccupare è il percorso”. Diventa fondamentale la credibilità della persona con cui parli, come Lippi ce n’erano pochi".

    RETROCESSIONE - "La Serie B è stata molto speciale e bella, uno dei motivi che mi han fatto fare una scelta che ha condizionato la mia carriera. Avevo 28 anni era il periodo migliore per un portiere professionista, l'ho fatto perchè sena pensarci tanto sentivo fosse la scelta giusta e che guardandomi allo specchio mi sarei rispettato. Avevo capito che la Juve aveva bisogno e per me è stato un piacere. A Secco dissi, se volete rimango e mi potete togliere il 15% dello stipendio. Si doveva sgombrare il campo da equivoci, mi tolgo i soldi a me non frega nulla, lo faccio per la gente, perchè credo sia giusto. Vi dimostro con i fatti che la riconoscenza c'è".

    CALCIOPOLI - "Mi sono sempre concentrato su quello che ha detto il campo, il fatto che quei campionati che sono stati oggetto di discussione li ho vissuti come protagonista e con i miei compagni come squadra da battere. Ho ancora quelle medaglie, io ci sorrido sopra, io so quello che è successo in campo e chi ha meritato ed è stato più bravo".

    ESTATE 2006 - "Per me è stata un'umiliazione, essere chiamato in causa, essere chiamato in discussione. Si può dire di tutto di me, ogni tanto faccio cose non ordinarie, ma su alcune cose non toccatemi perchè toccate quello sbagliato. Quei fatti lì mi fecero male, mi sono sentito umiliato e strumentalizzato da una giustizia che non voleva fare giustizia ma solo infangare gratuitamente".

    CRITICHE A CARDIFF - "Una leggenda metropolitana che fa anche male, dà il senso di un gruppo che perde la testa e quindi anche il rispetto reciproco. La verità è che non è successo nulla, se non quello che accade negli spogliatoi. Il mister che parla, noi che ci carichiamo e basta. Neanche un momento in cui uno abbia alzato la voce, io ero capitano e questo mi fece male doppiamente è uno sciacallaggio inutile. Una cosa che non meritavamo per il gruppo che eravamo, ma in quel momento non hai armi per controbattere"

    JUVE E LEADER - "In questa Juve c'è la necessità di accentrare la leadership verso il gioco e l'allenatore. I giocatori sono di ottimo livello, come la Juve richiede non devono solo diventare dei meri esecutori di qualcosa richiesto ma devono avere anche la personalità in alcuni momenti di fare determinate scelte che prescindono. Vedendo i profili di adesso, senti parlare Perin e mi sembra un buon profilo, così come Danilo, magari Koopmeiners può diventare un leader tecnico. Manca personalità? Normale, è una squadra rinnovata e ha deciso di sposare un credo che può essere giusto che è quello del gioco. L'allenatore è quello che sta dimostrando di avere più leadership".

    TEVEZ - "Mi ha emozionato come pochi, non c'entra essere dei bravi giocatori o dei campioni, c'entra quanto tu incidi nella squadra e tu lo fai con comportamenti, contano cose che non si vedono. Faceva una rincorsa che poteva sembrare stupida ma per i compagni era un segnale, una scossa che galvanizzava tutti.

    GLI ALLENATORI - "Tendi a preferire quelli con cui hai vinto ovviamente. Conte per me è qualcosa di speciale, prima il mio capitano alla Juve e poi allenatore. La persona che ha saputo rinfrescare in me cos significasse rappresentare la Juve una cosa anche avevamo perso e il suo arrivo ha significato questo. Mi ha fatto tornare cattiveria e voglia di primeggiare che si era fermato. Ti spinge fino al limite, limite che non pensavi di avere. Grazie a lui, ha dato senso alla mia scelta di restare alla Juve in Serie B. Nell mia testa c'era di rivivincere almeno uno scudetto. Poi c'è Lippi, oltre la Juve abbiamo condiviso l'esperienza più importante per un giocatore che è la vittoria di un Mondiale".

    SCUDETTO DOPO SASSUOLO - "Sì il 5 maggio ci credevo l'1%. L'anno in cui svoltammo con il Sassuolo avevo la percezione che se avessimo trovato la chiave giusta per rendere al meglio si sarebbe potuti arrivare a giocarcelo, non a vincerlo in carrozza come è successo. Grande merito del mister, era il secondo anno di Allegri, era ancora un pochino inviso dalla tifoseria e quell'inizio poteva mandarlo in confusione, come ha dimostrato sempre quando c'è più pressione riesce a tenere la freddezza necessaria".

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    Fra Fan
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    Grande Gigi!

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