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    Milan e la 'lezione' di Spalletti: dove sono gli uomini forti in questa confusione?

    Milan e la 'lezione' di Spalletti: dove sono gli uomini forti in questa confusione?

    • Simone Eterno
      Simone Eterno
    La sua uscita, ancora ai tempi dell'Inter, divenne poi un meme: "Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli. Non c'è altra strada". Così Luciano Spalletti, all'epoca, descriveva la sua visione del calcio, delle cose, del mondo. Quegli uomini forti e quel destino se li ritrovò poi qualche anno dopo, quasi inaspettatamente, a Napoli, rilanciando in maniera clamorosa un'ultima parte della sua carriera culminata con uno Scudetto prima e con la Nazionale oggi. Ecco, tornano in mente, oggi, le sue parole, nell'analisi della situazione di casa Milan. Perché da quel day-after del derby che sembrava destinato a rilanciare ambizioni e anime, si è rapidamente tornati alla situazione precedente. Svanito l'entusiasmo, sono riaffiorati i problemi. Problemi strutturali. Problemi gestionali. Problemi di uomini, perché prima di tutto le squadre sono composti da quelli. La caduta di Firenze, per quanto certamente rocambolesca nei suoi sviluppi e dinamiche, ha mostrato l'assenza di quegli 'uomini forti' di spallettiana definizione. In primis, chi comanda. Perché se è vero ciò che dice Fonseca nel post partita del Franchi - "Sono arrabbiato, il rigorista è Pulisic" - beh allora l'assenza di una leadership forte parte evidentemente anche da questa notizia che solo in apparenza è sfumatura, dettaglio. La frase di Fonseca è invece sintomo, casomai, di un uomo che dentro lo spogliatoio continua a essere evidentemente percepito poco. E se la guida, nel calcio di oggi, è fondamentale - si guardi proprio cosa sta accadendo, ad esempio, a Napoli - il Milan un evidente problema, da questo punto di vista, ce l'ha già qui.

    Certo, poi, le responsabilità sono anche e soprattutto di chi va in campo e quelle regole ha la faccia tosta di sovvertirle, evidentemente impunito. Vanno al Theo Hernandez  già ammutinato dell'Olimpico e ieri sul dischetto pronto a prendersi il primo dei calci di rigore nonostante le indicazioni del tecnico;  così come vanno al Tammy Abraham paradossalmente rilanciato proprio da Fonseca ma evidentemente voglioso di 'rubare' la palla al compagno. E attenzione qui, di nuovo, alle sfumature. Occhio a non confondere 'personalità' e 'anarchia', perché il confine effettivamente è labile ma per il Milan attuale sembra decisamente più plausibile la seconda ipotesi rispetto alla prima.

    Giocatori forti e uomini forti vengono soprattutto fuori nei momenti di difficoltà, nel Milan di oggi, in quello di nuovo di Firenze, si ha invece la generale sensazione di aver a che fare con qualche 'primadonna' più che con dei 'leader' pronti a prendersi le proprie responsabilità. 

    Perché in fondo è tutto qui il concetto: il remare, tutti insieme, in una direzione unica. E l'illusorio Milan post derby, così come quello del 'fasullo' 3-0 sul Lecce - chi ha voglia vada a rivedersi il primo tempo fino al momento del gol che manda in tilt i salentini - ci racconta che le idee ancora non sono chiare, che le teste restano troppe. Come potrebbe essere altrimenti, del resto, in un club in cui chi sta sopra - perché poi tutto parte da lì - non solo appare un po' confuso, ma ha forse voglia anche di pizzicarsi a distanza con qualcun altro. In quel post apparso su Instagram (scorrere fino alla sesta foto) in cui Giorgio Furlani, con tempismo diciamo così 'curioso', posa davanti all'organigramma del Milan disegnato su una lavagna e sembra in qualche modo voler rispondere a chi, qualche settimana prima, diceva: "Sono il boss, qui comando io e gli altri lavorano per me". Eh sì, tornano davvero proprio in mente quelle parole di Luciano Spalletti...
     

     

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