Leao chiede a Fonseca più libertà. Il Milan può concedersi e concedergli questo lusso?
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Rafa Leao e Paulo Fonseca. Un rapporto che, ad oggi, non è decollato. Sono i fatti a dirlo, più che le dichiarazioni. Che dipende sempre come come e quando vengono pronunciate. Chiaramente il numero 10 del Milan non rende del tutto un buon servizio a se stesso se, al termine dell'ultima partita giocata col Portogallo, si lascia andare a lodi sperticate verso il suo ct Roberto Martinez. Spianando inevitabilmente la strada a raffronti con chi oggi lo guida in rossonero, con alterne fortune. Esaurita la sosta, torna il campionato e si ripropone il solito dilemma: che Leao dobbiamo aspettarci?
MILAN, LEAO SI RITROVA IN NAZIONALE E PUNGE FONSECA
Udinese, Bruges, Bologna e Napoli. Nelle prossime quattro, di una serie di partite che arriverà a sette fino al prossimo stop per le nazionali, il Milan e Paulo Fonseca si giocano tanto, tantissimo. In primis, la possibilità di dare un senso (positivo) ad una stagione di grandi cambiamenti partita fra troppe incertezze e all'insegna dell'altalenanza. Di prestazioni della squadra principalmente e di riflesso di sensazioni attorno alla panchina dell'allenatore portoghese. Che non ha subito ulteriori scossoni dopo la sconfitta con la Fiorentina e l'eco della seconda “insubordinazione” di questo principio di stagione, quella dei rigori che Theo Hernandez e Tomori hanno sottratto a Pulisic. La prima - il famigerato cooling break di Roma - aveva avuto tra i suoi attori proprio Rafa Leao, che nel mezzo ha inserito qualche lamentela per le sostituzioni incassate e un rendimento complessivo non da “vero Leao”.
SPRAZZI DI VERO LEAO COL PORTOGALLO: CHE GIOCATE
“L’allenatore (il ct del Belgio Martinez, ndr) mi ha chiesto profondità e uno contro uno e di fare il meglio che posso. Fondamentalmente, fare il mio gioco per creare opportunità”. Dietro queste frasi, è quanto meno complicato non notare un suggerimento indiretto a Fonseca su come il classe '99 ritiene di poter essere valorizzato al meglio. Seguendo la stessa strada percorsa da Stefano Pioli durante la sua gestione al Milan, Leao reclama una libertà di espressione, da schemi e compiti difensivi, che nel 4-4-2 ad alto contenuto di rischio sul quale Fonseca sta insistendo non può concedersi. E qui si arriva allo snodo decisivo, al punto della questione. Il Milan, per come è stato costruito e per i calciatori di cui si compone, può permettersi di esentare anche solo uno dei suoi uomini di movimento dalle mansioni difensive che si richiedono per conservare un equilibrio di squadra?
E soprattutto, in nome pure della maglia numero 10 che il ragazzo e che la società rossonera hanno scelto di affidargli, Leao è oggi un calciatore di livello tale da potersi meritare un privilegio di questo tipo? Non ci riferiamo solamente ai freddi numeri che, come le parole, vanno sempre contestualizzati, ma più ad una crescita concreta in termini di carattere e di volontà di essere leader che oggi non sembra appartenere all'attaccante portoghese. Dopo 5 anni di Milan, la sensazione è di trovarsi sempre al punto di partenza.
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MILAN, LEAO SI RITROVA IN NAZIONALE E PUNGE FONSECA
Udinese, Bruges, Bologna e Napoli. Nelle prossime quattro, di una serie di partite che arriverà a sette fino al prossimo stop per le nazionali, il Milan e Paulo Fonseca si giocano tanto, tantissimo. In primis, la possibilità di dare un senso (positivo) ad una stagione di grandi cambiamenti partita fra troppe incertezze e all'insegna dell'altalenanza. Di prestazioni della squadra principalmente e di riflesso di sensazioni attorno alla panchina dell'allenatore portoghese. Che non ha subito ulteriori scossoni dopo la sconfitta con la Fiorentina e l'eco della seconda “insubordinazione” di questo principio di stagione, quella dei rigori che Theo Hernandez e Tomori hanno sottratto a Pulisic. La prima - il famigerato cooling break di Roma - aveva avuto tra i suoi attori proprio Rafa Leao, che nel mezzo ha inserito qualche lamentela per le sostituzioni incassate e un rendimento complessivo non da “vero Leao”.
SPRAZZI DI VERO LEAO COL PORTOGALLO: CHE GIOCATE
“L’allenatore (il ct del Belgio Martinez, ndr) mi ha chiesto profondità e uno contro uno e di fare il meglio che posso. Fondamentalmente, fare il mio gioco per creare opportunità”. Dietro queste frasi, è quanto meno complicato non notare un suggerimento indiretto a Fonseca su come il classe '99 ritiene di poter essere valorizzato al meglio. Seguendo la stessa strada percorsa da Stefano Pioli durante la sua gestione al Milan, Leao reclama una libertà di espressione, da schemi e compiti difensivi, che nel 4-4-2 ad alto contenuto di rischio sul quale Fonseca sta insistendo non può concedersi. E qui si arriva allo snodo decisivo, al punto della questione. Il Milan, per come è stato costruito e per i calciatori di cui si compone, può permettersi di esentare anche solo uno dei suoi uomini di movimento dalle mansioni difensive che si richiedono per conservare un equilibrio di squadra?
E soprattutto, in nome pure della maglia numero 10 che il ragazzo e che la società rossonera hanno scelto di affidargli, Leao è oggi un calciatore di livello tale da potersi meritare un privilegio di questo tipo? Non ci riferiamo solamente ai freddi numeri che, come le parole, vanno sempre contestualizzati, ma più ad una crescita concreta in termini di carattere e di volontà di essere leader che oggi non sembra appartenere all'attaccante portoghese. Dopo 5 anni di Milan, la sensazione è di trovarsi sempre al punto di partenza.
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