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    Lazio, Patric: "Obiettivi? Bisogna essere sinceri, perché i cambiamenti sono stati grandi quest'anno"

    Lazio, Patric: "Obiettivi? Bisogna essere sinceri, perché i cambiamenti sono stati grandi quest'anno"

    Lunga intervista di Patric al Corriere dello Sport. Il difensore della Lazio, impegnato con i compagni nel ritiro di Auronzo di Cadore, a toccato diversi temi, a partire dal nuovo tecnico e dagli obiettivi per la prossima stagione: "Questo ritiro lo sto vivendo in modo intenso, forse uno dei più duri. Faticoso sul momento, ma è benzina per le gambe. Le sensazioni con il nuovo allenatore sono molto buone, mi piacciono gli allenamenti e il suo atteggiamento. Ci darà soddisfazioni. Ma è appena arrivato, devo ancora conoscerlo bene. I nuovi acquisti invece mi stanno sorprendendo per atteggiamento e umiltà. Noi più vecchietti ci mettiamo poco a capire se una persona ha dentro la voglia di crescere. Si può accettare l’errore in campo, non l’atteggiamento sbagliato. Loro hanno fame e ascoltano i consigli. Questo fa piacere".

    OBIETTIVI – "Devo essere onesto, i cambiamenti quest'anno sono grandi. È andato via pure Felipe Anderson, che ci dava tanto anche quando non brillava. Pipe, Ciro e Luis, erano tre nomi importanti. Rimaniamo positivi e ambiziosi, abbiamo fame e stiamo lavorando forte, però serve pazienza. Roma non è una piazza facile, è giusto comunque essere esigenti, non possiamo mica fermarci. Siamo noi grandi a doverci prendere le responsabilità. Ai nuovi serve un po’ di respiro".

    SCORSA STAGIONE - Patric è tornato anche sulle tensioni e le delusioni della passata stagione, spiegando meglio anche alcuni passaggi che lo hanno visto protagonista, come il caso delle sue dichiarazioni prima della gara contro la Salernitana di aprile scorso, quando disse che "chi non sente adatto, deve farsi da parte". A tal proposito il difensore al CorSport ha voluto chiarire: "Non mi riferivo certo a Luis Alberto e Immobile, per loro ho solo riconoscenza. Due professionisti, due persone che il mondo Lazio deve ringraziare. Quando ci siamo giocati il pane, sono stati sempre i primi a prendersi le responsabilità. La cosa pesa. Vanno ringraziati e basta, poi tutto ha un inizio e una fine. Meglio lasciarsi prima che dopo. So quanto potessero essere motivati o meno, è arrivato il momento di lasciare e l’hanno fatto. L'anno scorso abbiamo sbagliato 5-6 partite con le piccole e perso punti fondamentali. Sappiamo quanto chiede la piazza, ma se andiamo in profondità l’annata non è stata così disastrosa. Siamo usciti in Coppa Italia per un gol della Juve all’ultimo minuto, abbiamo battuto il Bayern in Champions. In campionato, giustamente, le aspettative erano maggiori. Sono in A le gare di cui dobbiamo rimproverarci".

    LEADERSHIP – "Qui sono cresciuto, sono un figlio dei laziali. Loro lo sentono, io lo sento. Soffriamo e lottiamo insieme, sono passionale e spontaneo. Non riesco a controllarmi, non c’è nulla di preparato. Ma lo ammetto: a volte rivedo le mie reazioni in partita e un po’ mi vergogno. Dietro ogni carriera c’è lo specchio della vita e della personalità fuori dal campo. Io sono orgoglioso del mio percorso. Mi sono allenato sempre più forte. C’è stato un momento in cui dovevo solo stare zitto e pedalare, non ero maturo come persona e si vedeva in partita. La frenesia e la voglia mi portavano a sbagliare. Sono fiero che i tifosi ora credano in me, ho raggiunto un equilibrio nelle prestazioni. Non sono a mio agio a parlare di me. I tifosi hanno capito la persona che sono: non mollo mai, do il 100%, è uno stile di vita. Le bandiere secondo me esistono ancora. Io qui sto alla grande, ho fatto bene gli ultimi anni, ma non penso a nessun record. Provo a dare il massimo ogni stagione. Se un giorno non sarò più utile, me ne andrò subito".

    TECNICI - "Qui a Roma ne ho avuti parecchi. Con Pioli ho imparato la sofferenza. All'inizio mi ha chiuso in palestra, perché dovevo cambiare fisico. Venivo dal Barcellona B, dove contava solo la palla. Inzaghi poi mi ha dato l’opportunità di mettermi in mostra, ha creduto in me quando nessuno lo faceva. Con Sarri mi sono preso una rivincita personale e sono migliorato in tutti i sensi, invece con Tudor ho passato troppo poco tempo per poter avere un giudizio completo. Mi piaceva comunque il suo temperamento e la personalità".

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